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venerdì 27 agosto 2010

Regione Salento? No grazie


I problemi italiani sono tanti, a partire dall'immoralità della classe politica che ci governa fino ad arrivare alla crisi economica che, nonostante i proclami delle TV, non accenna a risolversi. Difatti sono ben due anni che si annuncia la "luce in fondo al tunnel" ma chissà come mai la cassa integrazione e i licenziamenti aumentano costantemente. In un periodo quindi in cui il Governo non riesce a governare perchè impegnato a risolvere i problemi del Premier e quelli interni del Pdl ecco che qualcuno ha l'idea geniale di rilanciare la Regione Salento tanto per sviare l'attenzione pubblica verso altri lidi. La connessione tra Governo e Regione Salento è presto svelata visto che, chi ha lanciato l'idea è notoriamente molto vicino al ministro Fitto.
Davanti all'incapacità di governare la crisi e di risolvere le problematiche del mezzogiorno ecco che settori della politica che fanno riferimento ai soliti noti lanciano l'idea della Regione Salento. Qualcuno ci deve spiegare perchè questi settori molto supportati dall'emittenza locale invece che pensare di risolvere le problematiche serie che attanagliano sia le popolazioni del Sud che l'Italia intera si concentrano su argomenti risibili e senza alcuna prospettiva. Alcune televisioni salentine dovrebbero spiegare invece come mai nessuna voce critica si è mai alzata contro questo Governo di chiaro stampo leghista ed antimeridionalista anche quando sono andati contro i loro interessi (i tagli all'emittenza locale) a differenza dei loro colleghi del barese.

Si sa che il Pdl pugliese è colpevolmente disarmato ed inerme di fronte allo strapotere e all'arroganza leghista e quindi cerca periodicamente di propinare agli elettori falsi problemi da risolvere ovviamente con altrettante false soluzioni giusto per coprire il disinteresse verso i nostri reali interessi. L'incapacità quindi della classe politica pugliese che siede al Governo a far fronte agli interessi della Puglia e del Mezzogiorno si traduce in proclami populisti ed anti storici così come appunto lo spauracchio dei baresi e la prospettiva della Regione Salento.

Ma in un mondo globalizzato dominato da potenze che hanno miliardi di cittadini - lavoratori che senso ha rinchiudersi in una autonoma ed autoreferenziale entità amministrativa? Con quali risorse e mezzi le tre province del tacco d'Italia potrebbero competere nel mercato mondiale sia dei grandi servizi che del turismo se non inserite in un "Sistema - Puglia" che dovrebbe far riferimento ad un altrettanto "Sistema - Italia" ? Pensate davvero che la panacea di tutti i mali sia creare città stato nelle quali grociolarsi delle proprie (poche) risorse? Evidentemente il leghismo che sta impedendo da venti anni di ri-creare il sistema Italia sta espandendosi anche al Sud dove nascono piccoli e grandi leghismi locali che qualcuno sfrutta per logiche di potere.

Regione Salento quindi come risposta all'esigenza di sviluppo o invece come soluzione per appagare l'ego di qualcuno che non riuscendo a governare a Bari da qualche anno cerca di crearsi una nuova Regione da espugnare?

da GrandeSalento.org


«Questa canzone è del 1961. È la prima che ho scritto [il primo singolo, "Nuvole barocche/E fu la notte", non lo considera un "suo" prodotto, NdR] e mi ha salvato la pelle; se non l'avessi scritta, probabilmente, invece di diventare un discreto cantautore, sarei diventato un pessimo penalista.»
Fabrizio De André, 1993

FABRIZIO DE ANDRE' - LA BALLATA DEL MICHE'

Quando hanno aperto la cella
era già tardi perché
con una corda al collo
freddo pendeva Michè

Tutte le volte che un gallo
sento cantar penserò
a quella notte in prigione
quando Michè s'impiccò

Stanotte Michè
s'è impiccato a un chiodo perché
non voleva restare vent'anni in prigione
lontano da te

Nel buio Michè se n'è andato sapendo che a te
non poteva mai dire che aveva ammazzato
soltanto per te

Io so che Michè
ha voluto morire perché
ti restasse il ricordo del bene profondo
che aveva per te

Vent'anni gli avevano dato
la corte decise così
perché un giorno aveva ammazzato
chi voleva rubargli Marì

L'avevan perciò condannato
vent'anni in prigione a marcir
però adesso che lui s'è impiccato
la porta gli devono aprir

Se pure Michè
non ti ha scritto spiegando perché
se n'è andato dal mondo tu sai che l' ha fatto
soltanto per te

Domani alle tre
nella fossa comune sarà
senza il prete e la messa perché d'un suicida
non hanno pietà

Domani Michè
nella terra bagnata sarà
e qualcuno una croce col nome la data
su lui pianterà

E qualcuno una croce col nome e la data
su lui pianterà.

Carcere ancora morte: Sulmona (Aq): detenuto di 31 anni ritrovato morto in cella, forse si è suicidato con il gas

Sulmona (Aq): detenuto di 31 anni ritrovato morto in cella, forse si è suicidato con il gas
Ansa, 26 agosto 2010

Ancora un detenuto morto nel carcere di Sulmona. Si tratta di Raffaele Panariello, 31 anni, di Castellammare di Stabia (Napoli), trovato morto nella sua cella. Dopo un primo esame, sembrava che la causa del suo decesso potesse essere riconducibile a cause naturali o addirittura ad una orvedose, particolare che aveva destato non poche preoccupazioni. Infatti, in un carcere di massima sicurezza come quello abruzzese è preoccupante che possa circolare droga tra i detenuti.
Poi, nel tardo pomeriggio di ieri è arrivata la comunicazione da parte di Angelo Urso, segretario nazionale della Uil-Pa penitenziari, primo a parlare di un suicidio attuato con l’inalazione di gas. Per fare chiarezza, il Procuratore della Repubblica del tribunale di Sulmona, Federico De Siervo, ha disposto l’autopsia per oggi: l’esame autoptico sarà svolto in giornata presso l’ospedale di Sulmona e potrebbe chiarire definitivamente le cause del decesso. Sulla vicenda sta indagando la squadra anticrimine del commissariato che ha già provveduto ad ascoltare i due compagni di cella del 30enne boschese, i quali al momento del fatto erano usciti per l’ora d’aria.
Dall’inizio dell’anno, nelle celle del carcere di Sulmona si sono già suicidati quattro detenuti. E pochi giorni fa un detenuto dello stesso penitenziario - noto come “carcere dei suicidi” - aveva tentato di uccidersi dando fuoco ad un materasso dell’infermeria dove era ricoverato. “Purtroppo - afferma in una nota Angelo Urso - è il 44esimo suicidio che si registra nelle carceri italiane ed è avvenuto in un istituto tristemente noto per casi del genere. La situazione del sovraffollamento, della carenza di risorse umane di tagli nei bilanci, di scarsità di mezzi e strumenti di lavoro non fa più notizia”.
Panariello era un tossicodipendente ed era finito in carcere nel 2006. Mentre era detenuto ai domiciliari presso la sua abitazione del rione popolare “Piano Napoli” di Boscoreale, picchiò e drogò la moglie, F.R. allora appena 22enne, per poi fuggire di casa ed essere raggiunto dai carabinieri solo dopo 24 ore di latitanza. L’uomo, agli arresti domiciliari per reati contro il patrimonio, fu denunciato dalla propria consorte per violenza, minacce e percosse. Dopo le 20 di una serata come tante quando, probabilmente in piena crisi d’astinenza, Panariello iniziò ad inveire contro la donna, perché lei si rifiutava di assolvere ai doveri coniugali. Dopo un po’, dalle parole l’uomo passò ai fatti, schiaffeggiando la moglie e costringendola, a suon di calci e pugni, ad ingerire a forza alcune compresse si sonnifero. Mentre la moglie era intontita dai sonniferi, Panariello afferrò una siringa, sciolse un po’ di cocaina e gliela iniettò nel braccio. Dopo quella folle vendetta, il pregiudicato fece perdere le sue tracce per un giorno, fino al suo arresto.

da Indymedia

giovedì 26 agosto 2010

Periferie sotto attacco: rimpatri come in Francia


Luci e ombre di ordinanze e contratti di quartiere, tra ordine e deserto sociale.

Le recenti notizie di cronaca dipingono un quadro delle periferie milanesi a tinte fosche.
L’ultima polveriera esplosa è quella del Corvetto, con un’aggressione ai danni della Polizia Locale (ex vigili urbani) quartiere già teatro di episodi analoghi durante il 2008 e il 2009. Dopo gli scontri di viale Certosa, i disordini di viale Padova, gli sgomberi di nomadi del 2010 tra Rubattino, P.zza Tirana, Muggiano e Figino, si sono moltiplicate le ordinanze comunali ad hoc per i quartieri posti fuori dalla cerchia dei bastioni. E’ qui che si concentra, infatti, la più alta percentuale di migranti, tra residenti e clandestini: in quelle stesse vie che danno il nome alle ordinanze comunali: Imbonati, Corvetto, Sarpi, Padova.
Provvedimenti tampone limitati a controlli di documenti e licenze commerciali, divieti e coordinamento tra forze di Polizia, Vigili e militari, che trovano il loro naturale compimento nel modello dei cosiddetti ‘Contratti di Quartiere’. Progetti di riqualificazione urbana ideati da architetti e sociologi, sottoscritti e finanziati da tutte le istituzioni competenti (Comune, Stato, Provincia, Regione, Aler) aperti alla partecipazione delle realtà presenti sul territorio.
Il più grande intervento del genere a Milano è iniziato nel 2004 a San Siro, nel quartiere popolare più grande della città. Dopo 6 anni di ristrutturazioni edilizie e sgomberi, di censimento degli immobili e telecamere, di pattugliamenti e laboratori di quartiere, il bilancio presenta alcune ombre. Il modello preso come esempio di azioni di ‘ripristino della legalità’, e ‘riqualificazione urbana’ si è inceppato, lasciando spazio al puro controllo repressivo delle periferie. Anzi di più. Oggi, il vicesindaco De Corato ha proposto di fare come in Francia, dove sono iniziati i rientri coatti di decine di rom.
Dall’inizio dei lavori a San Siro, che hanno visto la lodevole ristrutturazione di molti edifici degradati, sono stati chiusi o drasticamente ridotti molti dei servizi pubblici preesistenti. Ambulatori pediatrici, biblioteche di zona, asili, macellai, parrucchieri, associazioni. Il prossimo 1 settembre chiuderà l’ambulatorio pediatrico di via Paravia, posto in un complesso che comprende l’asilo e la scuola elementare Radice, già balzata agli onori della cronaca per essere la scuola a più alta concentrazione di figli di migranti a Milano. Nonostante l’alto tasso di natalità e la necessità di controlli medici, l’ASL ha deciso di accorpare i presidi di quartiere per l'infanzia in pochi centri multifunzionali, in questo caso a Baggio, in piazza Stovani, luogo difficilmente raggiungibile per mamme con passeggini e figli al seguito. Tra gli altri servizi pubblici ridimensionati spicca il centro di ascolto del Comune in via mar Jonio, con un mediatore a disposizione della cittadinanza, l’asilo nido e i servizi per l’infanzia nella stessa via, il Mercato Comunale di Piazzale Selinunte. Senza parlare di bar, parrucchieri, del circolo ANPI e di altri servizi di prossimità chiusi o spostati fuori dalla zona.
La chiusura del mercato comunale, soprattutto, penalizza i molti anziani che vivono nelle case popolari, già provati dalla difficile convivenza con le giovani famiglie di migranti che vivono negli stabili di via Aretusa, Preneste e Ricciarelli. La lussuosa ristrutturazione del mercato coperto preesistente, con una mastodontica pensilina costata oltre 200mila euro, non ha impedito il suo abbandono, che dura da oltre 3 anni. Oggi gli anziani sono costretti a far la spesa in un altro super della zona, dove i prezzi sono decisamente più alti, impossibilitati a fruire degli sconti e delle iniziative per anziani previste nei mercati di proprietà del Comune. La Giunta ha invece investito molto sulla sicurezza con oltre 20 telecamere poste nei punti strategici della zona, il centro con i monitor delle telecamere di via Mar Jonio costato decine di migliaia di euro, oggi operativo solo parzialmente. Anche in questo caso uno dei progetti, il vigile di quartiere, con la presenza quotidiana della Polizia Locale in via Mar Jonio è stato ridotto drasticamente, tra la delusione dei cittadini e lo sconforto della vigilanza. L’unica biblioteca della zona posta a circa 1 chilometro di distanza, in via Alberga dietro al Meazza, ha ridotto l’orario a mezza giornata e si vocifera di una sua imminente chiusura. L’unico spazio di socialità indipendente presente, il Micene che ospita il comitato di quartiere e un doposcuola popolare, è anch’esso sotto minaccia di sgombero nonostante abbia più volte cercato una mediazione con l’Aler. Nulla inoltre, è stato fatto per incentivare l’affitto degli esercizi posti su strada, di proprietà Aler, molto spesso vuoti. Basti pensare che un piccolo negozio di parrucchiere con una vetrina costa 500 euro di affitto mensile spese di luce, acqua e riscaldamento escluse. Oggi non è più tempo di promesse e investimenti, e delle belle parole del Contratto di quartiere non resta che l’eco. Le elezioni sono vicine, meglio dar prova di fermezza chiudendo anche i pochi esercizi aperti dopocena. Per la legalità condivisa, l’educazione civica e la partecipazione c’è sempre tempo, forse. Ma dopo il voto.

da Indymedia

mercoledì 25 agosto 2010

Solidarietà dei detenuti ai lavoratori della Fiat di Pomigliano

Molti di noi sono in carcere, e siamo quasi tutti del Sud, perché fuori, da giovani, non abbiamo trovato un lavoro.

Mario Pontillo dello Sportello di Segretariato Sociale del Carcere presso il Circolo PRC Fr.lli Cervi di Roma ci ha inviato dei volantini dei lavoratori della Fiat di Pomigliano, ed ecco che è scattata l’idea di firmare un documento di solidarietà ai lavoratori.

La stragrande maggioranza di detenuti in carcere è in ozio istituzionale e quei pochi detenuti che lavorano sono sottopagati, sfruttati e non hanno nessuna copertura sindacale.

Il lavoro in carcere nella sua accezione più ampia, svolge una duplice funzione: una personale, perché serve alla realizzazione umana e al sostentamento materiale del detenuto, e una sociale, perché facilita l’inserimento di un cittadino che ha sbagliato e che sta pagando il debito alla società.

Dal lavoro in carcere devono scaturire vantaggi anche d’ordine psicologico e sociale e il detenuto deve essere avviato al lavoro non tanto per essere sottratto all’ozio avvilente, quanto perché è un essenziale strumento di rieducazione e di reinserimento sociale.

L’ozio forzato non fa parte della pena cui siamo stati condannati, ma è un’afflizione aggiuntiva che nessun tribunale ci ha elargito.

Ma se il lavoro in carcere è importante, nel mondo libero lo è ancora di più, per questo abbiamo deciso di dare solidarietà ai lavoratori della Fiat di Pomigliano.

I detenuti e gli ergastolani del carcere di Spoleto ricordano ai padroni e agli azionisti della Fiat che l’uomo è e vale specialmente per quello che fa, non per quello che ha o per le azioni che possiede.

Carcere di Spoleto, agosto 2010

L'ex Nar Guido Zappavigna nominato neo commissario dell'area protetta reatina

il neo commissario alla Riserva dei Laghi Lungo e Ripasottile, Guido Zappavigna, ha deciso di dire la sua, rispondendo ad una parte delle critiche. «In questi giorni ho letto di tutto e di più sulla mia nomina - afferma Zappavigna - Ho taciuto, aspettando che finissero scintille e fuochi d'artificio per non alimentare ulteriori e ingiustificate polemiche. Adesso però ritengo doveroso puntualizzare ciò che intendo fare per valorizzare il meraviglioso territorio per il quale sono stato chiamato a dare il mio contributo». Secondo il neo commissario non ci sono «ricette particolari, se non quelle dettate dal buonsenso e dalla voglia di fare. Con questo spirito mi metterò al servizio della comunità locale e adotterò un metodo di lavoro che abbia come obiettivo primario quello del coinvolgimento dei sindaci interessati alla Riserva, di Legambiente e delle associazioni del comprensorio. Voglio rassicurare tutti: non ci saranno decisioni calate dall'alto, ma scelte condivise, per il bene del territorio». Zappavigna, candidato alle scorse regionali nelle liste de La Destra di Francesco Storace, promette che, in qualità di amministratore, farà «l'interesse di tutta la comunità, non di una parte di essa. E su questa strada intendo muovermi. Quanto alle accuse personali - ha aggiunto - credo davvero non meritino repliche. I cittadini sono arcistufi di vedere i giornali pieni di scambi di insulti tra politici o amministratori, quando i loro problemi quotidiani vengono ignorati da tutti. Nel mio piccolo, cercherò di dare un contributo per migliorare la qualità della vita dei cittadini di questo splendido comprensorio. E spero che la mia persona verrà giudicata per ciò che saprà o non saprà fare per la Riserva e per gli abitanti della zona - conclude Zappavigna - Non per altro».

da Indymedia

martedì 24 agosto 2010

Il gran rifiuto di don Gallo "Mai più libri con la Mondadori"


di MICHELA BOMPANI
Evasione fiscale e legge "ad aziendam": il prete di strada che ha pubblicato con la casa di Segrate "Angelicamente anarchico" e "Così in terra come in cielo" è il primo autore che se ne va

"Non pubblicherò più libri con Mondadori, dopo questa storia del romanzaccio di Segrate io zitto non ci sto". Don Andrea Gallo è un autore Mondadori e mette la parola fine al suo rapporto con la casa editrice dopo l'inchiesta del vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini pubblicata tre giorni fa e la "tempesta del dubbio" di un autore Mondadori, il teologo Vito Mancuso, che in una lettera aperta al quotidiano ha sollevato la questione se sia eticamente corretto continuare a pubblicare il proprio lavoro con un'azienda che ha pagato 8,6 milioni di euro al fisco, in vent'anni, anziché 350 milioni. E poi tutto sia stato sanato da una legge "ad aziendam".

Tra tutti gli autori Mondadori in ambasce, don Andrea però è il primo che consuma lo strappo. "Ciò che è grave sono le leggi ad personam del governo, allora dovrei dimettermi dall'Italia - riflette sulla polemica la psicoterapeuta e scrittrice, Gianna Schelotto - Mondadori è un'azienda con cui lavoro benissimo, ha altissime professionalità e non ha mai toccato una virgola nei miei libri". "Da Mondadori me ne sono andato un anno fa - spiega Dario Vergassola, comico e autore spezzino - non mi trovavo bene; nessuna pressione, ma nei miei confronti c'era indifferenza".

Don Gallo invece sabato ha pagato 92 euro, la bolletta di un pensionato genovese cui avevano tagliato la luce perché non riusciva a saldarla, e non può stare zitto, dice, davanti a un'evasione di 350 milioni. "Sono un autore piccolissimo, minuscolo, ho compagni enormi, da Zagrebelski a Scalfari, da Saviano a Citati, ma qualcuno deve pur dire no a un certo punto, e questa vicenda: è un romanzaccio che spinge un mini-autore come me a non poter proseguire ancora con Mondadori", dice don Gallo.

Il prete di strada ci tiene a precisare, però: "L'azienda di Segrate è un monumento dell'editoria italiana e, lì dentro, ho incontrato professionalità eccellenti. Però non posso fare finta di niente davanti a una legge "ad aziendam" che ha messo a posto un'evasione fiscale enorme. Vero che ci sono state due sentenze favorevoli, ma al terzo grado non ci si è arrivati: è invece arrivata l'ennesima legge ad personam".

Per Mondadori don Gallo ha pubblicato due titoli, "Angelicamente anarchico" nel 2004 e, a febbraio 2010, "Così in terra come in cielo": "È successa una cosa che mi ha incuriosito, in occasione delle presentazioni pubbliche dell'ultimo libro - svela don Andrea - la Mondadori, sia a Milano, sia a Genova, dove esistono librerie dell'azienda, mi ha organizzato gli incontri da Feltrinelli". Ricorda la telefonata furiosa del suo amico Beppe Grillo, appena pubblicò "Angelicamente anarchico" per Mondadori: "Prete maledetto non dovevi farlo" - ride il fondatore della Comunità di San Benedetto - ma mi avevano cercato loro, io non mi ero posto il problema, avevo incontrato persone molto competenti, e poi mi interessava soltanto che tutto ciò che il libro guadagnava, così come tutti quelli che ho scritto, andasse sul conto della Comunità e finanziasse il suo lavoro. Quando è uscito "Così in terra come in cielo" Grillo mi ha nuovamente telefonato ("Finalmente pubblichi con Feltrinelli" mi ha detto). Io gli ho risposto di no, ma anche lui era caduto nel giochetto, perché il volume veniva presentato al pubblico nella libreria di via Ceccardi".

Don Gallo guarda indietro e punta il dito: "Abbiamo tutti preso un grosso granchio: abbiamo sottovalutato chi sapeva e aveva capito tutto, per tempo, Indro Montanelli". "Perché davanti all'inchiesta di Giannini le istituzioni, le forze politiche non parlano? C'è un silenzio assordante in questa crisi di sistema".

Gianna Schelotto si allinea con la maggior parte di grandi autori che non vogliono rompere un rapporto di altissimo profilo con le eccellenze che lavorano in Mondadori: "Ho cominciato con la casa editrice negli anni Settanta e Berlusconi non c'era ancora - dice la psicoterapeuta genovese - Spero di continuare finché Berlusconi, come proprietario, non ci sarà più".

da GlobalProject

FRANCESCO KOSSIGA

venerdì 20 agosto 2010

CARO SILVIO, TUO KOSSIGA

di Paolo De Gregorio

Come al solito, quando crepa uno che è stato nelle segrete stanze del potere,si dà la stura alla più ovvia e scontata retorica, particolarmente oscena se la si dedica a un personaggio come Kossiga, che si vuole ricordare per la sua “appassionata vita di militante politico cattolico umile servitore dello Stato e del popolo, presidente emerito della nostra Repubblica, picconatore coraggioso del malcostume italico”.
Questo recita il coro, a reti ed edicole unificate, di tutti coloro che non vogliono fare i conti con la verità dei fatti, e tengono i sudditi all’oscuro, e i giovani ignoranti, soprattutto quelli che non hanno vissuto all’epoca in cui “Kossiga Boia” si leggeva sui muri delle città.

Il servitore del popolo Kossiga nasce a Sassari in una di quelle famiglie che “contano”. Lo troviamo subito, borghese di razza, laureato in giurisprudenza, iscritto alla Democrazia Cristiana, a rappresentare gli interessi del “popolo”, barzelletta che non fa ridere, che ha ripetuto fino alla fine della sua vita e
che ha rumorosamente ed ostentatamente confermato nelle sue letterine testamentali alle “più alte cariche dello Stato”.
Perché non ricordare che il partito in cui ha militato era in buona parte una associazione a delinquere, contigua alla mafia, alleata organicamente con il Vaticano che è stato decisivo per mantenerla 40 anni al potere, complice dei disegni anticomunisti suggeriti dagli americani e lui, Kossiga, il buon cattolico, da ministro degli interni ordina alla polizia di sparare e Giorgiana Masi resta uccisa durante una manifestazione che più pacifica non poteva essere.
E’ lui insieme ai capi della DC che, cinicamente, decide la morte di Moro non aprendo trattative con le BR poiché Moro faceva comodo più da martire, mentre da vivo si era messo contro il partito e voleva un governo con dentro i comunisti.
E poi “Gladio”, la massoneria, i servizi segreti, e il suo insopportabile linguaggio oscuro, allusivo, di mentitore e di provocatore, con quel sorriso mellifluo, certo della impunità.

E’ stato ministro degli Interni, segretario della DC, presidente del Consiglio, presidente della Repubblica, senatore a vita. Berlusconi a suo confronto appare uno scolaretto appena un po’ troppo vivace.
Un personaggio patologicamente ossessionato dal potere, con una immensa superbia ed autostima mascherata da una finta, fintissima umiltà, falso cattolico in quanto capace di far uccidere, con il solo scopo di far restare il potere politico nelle mani delle élites dominanti e del Vaticano.
E alla fine, se vogliamo vedere le cose nella loro essenza, egli ha dedicato tutta la vita alla politica che, come risultato, ha avuto lo scioglimento per indegnità del suo partito, e il travaso dei democristiani nel “cassonetto della libertà”, dove i peggio rifiuti della prima Repubblica sono stati accolti a braccia aperte da un altro “servitore del popolo”, Silvio Berlusconi.

Kossiga è stato la massima espressione della doppiezza italica, di un cattolicesimo finto, di servilismo verso gli USA, di una politica fatta di trame sotterranee di cui il “popolo” non doveva sapere nulla, Caposcuola di quella Casta di politicanti di professione, di destra e di sinistra, inamovibili, che bloccano con veti incrociati ogni rinnovamento, senza scrupoli per chi da questa grande crisi economica viene stritolato.
Il “Cassonetto delle libertà” del Caimano, riempito dai rifiuti della DC e del PSI, farà presto la stessa fine della Democrazia Cristiana, gli uomini ed i metodi sono gli stessi e anche il loro destino.

domenica 15 agosto 2010

I canili sono pieni

“Quando l’odio diventa codardo se ne va mascherato in società e si fa chiamare giustizia” (Arthur Schnitzler)

Si sta discutendo l’esame del disegno di legge riguardante l’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a un anno.
Probabilmente i politici a giorni lo approveranno perché non ne possono fare a meno dato che i carceri stanno scoppiando dal sovraffollamento.
Ma non credo che ci fosse bisogno di una legge per applicare altre leggi, perché se la magistratura di sorveglianza applicasse le misure alternative, le galere italiane non sarebbero così stracolme.
E poi perché non dare una possibilità anche a quei detenuti che sono da tanti anni in carcere?
Ci sono uomini da più di vent’anni chiusi fra quattro mura, che fare di questi uomini?
Molti di loro sono ancora recuperabili, forse più di quelli che hanno da fare un anno e che sono dentro da pochi mesi.
Questo governo di centrodestra ha riempito i carceri di spazzatura umana per mantenere l’unica promessa elettorale del suo programma politico.
Cosa che probabilmente farà anche il prossimo governo di destra, o di sinistra se vincerà le prossime elezioni.
Sia il centrosinistra che sia il centrodestra sono d’accordo solo su una cosa: riempire i carceri come delle scatole di sardine e usare l’emergenza mafia per continuare a prendere voti e continuare a essere mafiosi.
Per sconfiggere il sovraffollamento delle galere italiane, non serve costruire nuovi carceri, basterebbe svuotarle.
E per svuotarle basterebbe cambiare le regole sociali.
Il carcere in Italia non è altro che lo specchio di fuori, dell’ingiustizia, della sofferenza, dell’emarginazione, della morte e degli avanzi della società perbene e disumana.
La riflessione di un’amica mi ha fatto amaramente sorridere:
-Mi ha fatto effetto leggere la parola “cancello aperto”, in un carcere si usa lo stesso linguaggio che si usa per gli animali.

Carmelo Musumeci
Agosto 2010

ISTRUZIONI PER RESISTERE IN UN PAESE"SOTTO COMMISSARIAMENTO VATICANO"

di Gaspare Serra
EFFETTI COLLATERALI DI UN PAESE "LAICAMENTE INGESSATO"...
“Reato” e Peccato”: quale la differenza?


Nel 1764, nell’opera “Dei delitti e delle pene”, il giurista e filosofo milanese Cesare Beccaria declarò una distinzionetemeraria per l’epoca: quella tra “peccato” e “reato” (ragion per cui l’opera fu destinata ad essere iscritta nell’indicedei "libri proibiti").Sulla scia del pensiero precursore di Thomas Hobbes (che già un secolo prima dichiarava che “se i reati son peccati…non tutti i peccati son reati”!), l'illuminista Beccaria sostené che:- mentre il “reato” consisterebbe in un danno arrecato all'intera collettività, tale per cui il responsbaile di tale attomeriterebbe di essere giudicato dalla Società nei modi e nelle forme dalla stessa stabiliti (diremmo oggi, dalla Giustiziaordinaria);- il “peccato”, invece, non sarebbe altro che un’offesa arrecata a Dio, ragion per cui il suo autore meriterebbe(almeno per chi è credente) di essere giudicato (punito o perdonato) solo da Dio.Cosa comporta tale distinzione?Inevitabile conseguenza della distinzione logica tra "reato" e "peccato" dovrebbe essere la seguente:- mentre il Diritto (la “legge positiva” o degli uomini) dovrebbe occuparsi solo dei reati (della configurazionegiuridica della fattispecie e della previsione di una apposita sanzione per gli autori di reato);
- la Religione (la “legge divina” o di Dio), invece, dovrebbe occuparsi solo dei peccati (ossia prescrivereesclusivamente alla Comunità dei propri fedeli dei canoni etico-morali di comportamento, prefigurando l'eventualepunizione divina nel caso della loro trasgressione).Perché in tale distinzione trova fondamento la “laicità dello stato” ?Presupposto di ogni ordinamento giuridico “laico” è proprio la capacità del legislatore di saper “tener distinti” lasfera religiosa da quella civile.Un esempio può facilmente dimostrarlo:- mentre i regimi teocratici islamici esprimono al meglio l'incapacità di separare il “peccato” dal “reato”,riconoscendo ancor oggi la “sharia” (ossia la legge divina islamica) come legge principale dello stato;- gli stati moderni occidentali (sorti dalla rivoluzione francese e dall’illuminismo) si sono contraddistinti per una“laicizzazione della politica” e “secolarizzazione della società”, frutto della capacità di distinzione tra la giustizia“divina” e quella “umana” (la prima competente solo a Dio, la seconda esclusivamente allo stato!).Cosa intendere per “laicità”?La laicità è uno dei principi su cui si fonda lo stato moderno (assieme a quello della “separazione dei poteri”).Per “laicità” deve intendersi:- la totale separazione tra lo stato e la Chiesa (o tra il diritto e la religione);- l'assenza d'indebite interferenze religiose nell’ambito dei poteri dello stato (legislativo, esecutivo e giudiziario);- e la piena autonomia delle Istituzioni pubbliche rispetto alle autorità o confessioni religiose ("libera Chiesa in liberostato", per usare il noto motto cavouriano).E’ pienamente "laico", dunque, lo stato capace:I- di mantenere un atteggiamento il più possibile "imparziale" nei confronti delle scelte spirituali individuali (dicredenti e non credenti) e delle posizioni assunte dalle varie confessioni religiose (maggioritarie o meno);II- e di aver ben chiara la differenza tra il “governare” e il “guidare spiritualmente” un Paese (ossia tra il perseguirel'interesse collettivo e il difendere posizioni ideologiche particolari a discapito dei diritti e delle libertà generali!).Cosa distingue il "laicismo" dalla "laicità"?Mentre è pacifico il significato del termine “laicità”, risulta controverso quello del termine “laicismo”.Per far un esempio:- mentre alcuni dizionari della lingua italiana (quale il De Mauro), in accordo con la definizione storica del termine,considerano il laicismo come un "sinonimo di laicità";- altri dizionari (quale lo Zingarelli), invece, considerano tali termini come "concettualmente differenti".In particolare:a- mentre il "laicismo" indicherebbe un atteggiamento più radicale (di "negazione") da parte dello stato neiconfronti delle varie confessioni religiose (e delle correlate impostazioni etiche);b- la "laicità", invece, non implicherebbe di per sé alcuna ostilità da parte dello stato nei riguardi delle religioni:- richiedendo da parte di questo una "perfetta equidistanza" nei confronti di ogni posizione etica o credo religioso- e ammettendo anche la possibilità che ogni istituzione religiosa esprima posizioni morali, politiche o sociali (almenosin quando questa non cerchi al contempo di imporle in forza di legge all'intera collettività, ossia anche a chi non lecondivida!).Perché la "laicità" è una garanzia per i cittadini?La laicità rappresenta la migliore garanzia possibile del "principio di eguaglianza" e della "libertà di culto",intesa:a- sia "in positivo", come libertà di professare qualsiasi religione;b- che "in negativo", come libertà di non professarne alcuna.Uno stato "pienamente laico", difatti:- confida nell’individuo quale "padrone di se stesso" e "libero nelle proprie scelte" (rifiutando d'imporre valori "di parte" o verità "presunte" assolute!);- condanna ogni forma di integralismo ideologico/religioso;- e difende l'autonomia delle proprie Istituzioni da ogni potere o autorità esterni.L’Italia è uno "stato laico"?In base alla Costituzione Italiana (come più volte sottolineato dalla Corte Costituzionale), la laicità:a- è un “principio supremo” dello stato italiano (quale emerge dagli art. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione);b- e non implica affatto indifferenza dello stato nei confronti del fenomeno religioso, bensì la salvaguardia dellalibertà di religione di ogni individuo nell'ambito di un regime di pluralismo confessionale e culturale.Secondo l’art. 7 della nostra Costituzione, in particolare, “lo stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprioordine, indipendenti e sovrani”.Nonostante tutto, l'effettiva portata del principio di laicità trova limitazioni stringenti sinanche nella nostra Cartacostituzionale, la quale riserva un trattamento "riservato" e "privilegiato" alla Chiesa Cattolica.Qualche esempio?I- Mentre l'art. 7 è riservato ai rapporti tra lo stato italiano e la Chiesa cattolica, solo il successivo articolo 8 regola irapporti tra lo stato e le altre confessioni religiose (in nessun articolo, inoltre, si fa minimamente cenno alla libertà direligione “in negativo”: atei ed agnostici, in pratica, non trovano formalmente alcuno spazio in Costituzione!);II- mentre l'art. 7 riconosce alla Chiesa cattolica il rango di “potere indipendente” tutelato dai Patti e dal Concordato, ilsuccessivo art. 8 regola il rapporto tra lo stato e le altre confessioni religiose sulla base di atti arbitrari e discrezionaliquali le più modeste "intese"!In tal modo, l’affermazione di una piena laicità è un traguardo ancora lontano dall’essere raggiunto, apparendopiuttosto come una meta cui faticosamente ambire.Di ciò ne sono riprova:1- sia l'atavica arretratezza della nostra legislazione, la più "illiberale" in Europa sul piano dei "diritti civili";2- sia i numerosi "privilegi economici" di cui la Chiesa beneficia a spese della fiscalità generale (ossia di tutti icontribuenti, siano essi cattolici, diversamente credenti o non credenti").Qualche esempio?Basta ricordare:1- i copiosi finanziamenti pubblici alle scuole private, in gran parte cattoliche (nonostante il dettato dell'art. 33 dellaCostituzione, secondo cui enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione solo se "senza oneri perlo Stato"!);2- lo "status privilegiato" degli insegnanti di religione cattolica nelle scuole pubbliche (nominati dai vescovi ma i cuistipendi e pensioni sono erogate dallo Stato italiano!);3- l’esenzione dall’Ici non solo per le chiese ma anche per gli edifici della Chiesa adibiti a mero "uso commerciale"(provvedimento che, secondo alcune stime dell’Anci, comporta minori entrate per i Comuni nell’ordine dei 700 milionidi euro!);4- e l'8X1000 dell'Irpef, diabolicamente congeniato (a metà degli anni '80, dal fiscalista Giulio Tremonti) al fineesclusivo di favorire indebitamente la Chiesa cattolica (ripartendo il gettito non tenendo conto delle opzioni nonespresse ma solo in base alle scelte espresse, infatti, secondo gli ultimi dati ufficiali del 2003 la Chiesa cattolica habeneficiato di circa il 90% delle entrate dell'8X1000 benché solo il 35% del totale dei contribuenti abbia espressoun'opzione in suo favore!).Quali sono le principali ragioni di "debolezza" della laicità italiana?I motivi per cui il principio di laicità non è mai pienamente "attecchito" nel nostro Paese sono diversi, anche setutti correlati dalla indiscutibile influenza esercitata dalla Chiesa cattolica sulla società italiana e sulle pubblicheIstituzioni.Tra questi, in particolare possiamo citare:1- la posizione dominante assunta dalla Chiesa cattolica, giudicante:- negativamente la "visione laica" dello stato- e positivamente una "visione supina" della politica (sempre pronta a prostrarsi con reverenza dinanzi alle Veritàdella Chiesa e facilmente permeata da ogni tipo di condizionamento!);2- il predominio politico-ideologico esercitato per quasi tutta la seconda metà del XX secolo da un solo partito, la Democrazia Cristiana, esplicitamente ispirato ai principi del Cattolicesimo;3- e il ruolo prepotentemente "lobbistico" efficacemente svolto dal variegato mondo dell’associazionismocattolico (principalmente dalle Acli, dall’Azione Cattolica e dall’Agesci).Proprio l'esercizio da parte della Chiesa di una "funzione istituzionale" e di un "potere di veto" che la nostraCostituzione non le attribuisce affatto, dunque, rende bene l'idea del perché la nostra ancor giovane democrazia sitrovi di fatto “sotto commissariamento” delle gerarchie vaticane, mostrando un "assoluto immobilismo" nelrispondere alle rivendicazioni di quei "nuovi diritti" che nel frattempo si fanno sempre più strada nelle più maturedemocrazie occidentali!Qualche esempio di "indebita ingerenza" vaticana nella vita politica italiana?Essendo venuto meno il grande partito di riferimento del mondo cattolico che fu la Dc, oggi è sempre più lastessa Chiesa a "farsi partito", cercando di coprire materialmente tale vuoto di rappresentanza politica.Prove di questa tendenza, così, possono praticamente riscontrarsi in occasione di ogni scadenza elettorale.Qualche esempio?Se alle elezioni politiche del 2008 numerosi vertici della Chiesa sono “scesi in campo” in appoggio alla battagliaideologica del neonato (e precocemente abortito!) movimento politico di Giuliano Ferrara (estremo oppositore dellalegge 194 sull'aborto), alle elezioni regionali del 2010, invece, i ripetuti appelli politici della Chiesa affinché glielettori moderati tenessero conto della posizione dei partiti sui principali temi etici sono apparsi a molti osservatori unchiaro attacco politico alle candidature della "pro-abortista" Bonino nel Lazio e della "pro-pillola ru486" Bressoin Piemonte (entrambe uscite sconfitte dalle urne per una manciata di voti!).Molto criticabile, inoltre, è apparsa la dura posizione assunta dalla Chiesa riguardo al caso Eluana Englaro.Benchè sia legittimo rivolgere critiche all'azione della politica e finanche alle sentenze della magistratura, infatti, sonoapparsi quantomeno "inopportuni" gli anatemi di mons. Bagnasco (presidente della Cei), spintosi al punto didelegittimare pubblicamente:- sia la Magistratura italiana (rea di aver assecondato le pretese del padre di Eluana);- che la Presidenza della Repubblica (responsabile, invece, di aver preannunciato il rifiuto di firmare ogni eventualedecreto legge “ad personam” -o “salva-Eluana”- paventato dal governo nel tentativo disperato di vanificare gli effettidella sentenza delle S.U. della Corte di Cassazione!).Come non ricordare, infine:- il veto opposto dalla Chiesa al progetto di legge sui "Pacs" (poi divenuti "Dico") presentato dal governo Prodi?- Oppure la battaglia politica "pro-astensione" condotta dall'allora presidente della Cei, il cardinale Ruini, contro ilreferendum del 2005 sulla procreazione medicalmente assistita?- O ancora lo sproloquio sull'immigrazione pronunciato nel 1999 dall’allora arcivescovo di Bologna, GiacomoBiffi (in pieno spregio all'art. 3 della Costituzione, invitante lo stato italiano a riservare ai musulmani d'Italia untrattamento pari a quello mantenuto dai loro paesi di provenienza nei confronti dei cristiani, adottando lo strumentodella "reciprocità" come arma di pressione sull'Islam)?In conclusione...Il nostro Paese ha fin oggi fallito ogni "prova di maturità", mostrandosi incapace di farsi carico dei bisogni dellacollettività libero da ogni condizionamento di sorta che non sia il benessere generale e l'ampliamento degli "spazi dilibertà" dei cittadini.Per questa ragione non sarà mai troppo tardi il giorno in cui la politica italiana, finalmente libera da pregiudizi,saprà:I- mettere un punto fermo sulle conquiste di civiltà faticosamente ottenute negli anni ma ancora messe di sovente indiscussione (come il diritto delle donne all’interruzione volontaria di gravidanza);II- e, al contempo, mettere all'ordine del giorno il riconoscimento dei nuovi diritti e libertà già ampiamente venutia maturazione nel resto d'Europa (dalla regolamentazione della prostituzione a quella delle droghe leggere, dal pienoriconoscimento del diritto alla procreazione medicalmente assistita alla libertà individuale di scelta sul fine vita, dalriconosicmento giuridico delle coppie di fatto all'introduzione del divorzio breve, dal riconoscimento del diritto delledonne di ricorrere alla pillola del giorno dopo a un nuovo impulso nell'educazione alla sessualità dei giovani).Tutto ciò, ovviamente, senza delegare alla Cei (oggi, di fatto, "terza Camera" del Parlamento) il compito di definirel'agenda parlamentare e, se è il caso, di porre "veti incondizionati"!

Semmai dovesse arrivare, sarà proprio questo il giorno in cui l’Italia saprà dimostrare di disporre di una classepoltica all'altezza dei suoi bisogni e di non aver più paura di fare i conti col futuro...

TRATTO DAL BLOG "PANTA REI" (di Gaspare Serra)

venerdì 6 agosto 2010

TARANTO - L'ILVA INEBRIA TARANTO

"Duce, Duce" all'arrivo di Berlusconi in aula (Camera, 04.08.2010)



Delirio completo al termine degli interventi rigurdanti la mozione di sfiducia a Caliendo. Berlusconi entra in aula tra gli applausi, scambia due parole con Alfano e batte un pugno sul tavolo, come a dire "Siamo salvi". In un'ovazione generale, alcuni gridano "Silvio, Silvio", altri addirittura "Duce, Duce". Berlusconi risponde con il saluto romano. I leghisti pensano bene di iniziare ad inneggiare pure Bossi, che risponderà con un pugno alzato.

(Chiapas) A scuola per il popolo non per il capitalismo

È alternativo a quello ufficiale; la finalità è “condividere, imparare tutti insieme”

GLI ZAPATISTI ESPONGONO IL LORO MODELLO DI ISTRUZIONE

Hermann Bellinghausen. San Cristóbal de las Casas, 4 agosto.

Hermann Bellinghausen. San Cristóbal de las Casas, 4 agosto. La commissione di educazione della zona del caracol di La Garrucha, nella selva tzeltal, afferma che "stiamo costruendo l'educazione con le idee delle comunità" e a partire dalle loro richieste. Questo, durante un incontro con i membri della brigata europea di solidarietà con gli zapatisti che sono rimasti in Chiapas dopo il viaggio formale della commissione.

In quello che risulta essere la radiografia dal processo educativo autonomo nei quattro municipi zapatisti della zona, promotori e promotrici hanno spiegato che la finalità "è condividere, imparare tutti insieme".

Bisogna dire che l'esperienza educativa nelle comunità ribelli ha dovuto necessariamente essere sperimentale per tre lustri, costruita controcorrente rispetto all'insegnamento ufficiale, rispetto al quale si pone come alternativa dal versante della resistenza.

Nel 2008, costituendosi a La Garrucha, si è rinnovata la dinamica educativa, "dopo aver lavorato per diversi anni nei quattro municipi", la scuola autonoma zapatista Semillita del Sol sarà organizzata su tre livelli, dei quali fino ad ora ne funzionano due in tutte le scuole delle comunità.

Al primo livello, ha spiegato la commissione zapatista, "i bambini imparano a scrivere e disegnare; al secondo, a capire le richieste zapatiste, e al terzo si elaborano testi, comunicati, denunce, strategie del governo, la situazione del perché lottiamo e la costruzione dell'autonomia".

A tutti i livelli, si studiano quattro aree (non "materie", come le definisce la scuola ufficiale, avvertono i promotori indigeni): la storia, le lingue, vita e media, e matematica.

"Nella nostra storia, gli antenati si prendevano cura della terra, della natura, e si deve insegnare questo affinché queste esperienze non si perdano", spiegano. E come gli indigeni costruiscono la propria autonomia "tenendo il passo con la storia degli antenati, prendendosi cura della terra e amandola". Studiano la storia passata e quella attuale, la preservazione delle sementi, il lavoro collettivo, e "come si rafforzano la comunità e la resistenza”.

Si prende in considerazione la lingua materna, che può essere tzeltal (la più parlata nella zona), tzotzil, chol o tojolabal. I contenuti dell'insegnamento includono l'attenzione e la conservazione della terra e la natura, la distruzione e l'inquinamento, la gestione sostenibile della terra. E la matematica si impara “a partire dalle misure degli attacchi ai popoli indigeni, dallo sfruttamento”. Il tema dell'agroecologia è trattato nelle diverse aree e livelli, “poiché è presente nelle richieste delle comunità”.

Come riferisce la brigata europea, "nella scuola autonoma non si danno pagelle, ma si fanno valutazioni, si spiega come va il bambino o la bambina". Non c'è nemmeno un'età fissa per andare a scuola, "anche agli adulti possono frequentarla".

La commissione autonoma sostiene che i bambini vanno a scuola "per servire il popolo, non per andare poi a lavorare per il capitalismo".

La formazione dei promotori si svolge in due centri, uno nel caracol di La Garrucha ed un altro, nella comunità La Culebra.

I contenuti educativi, come in generale l'esistenza quotidiana delle comunità ribelli, sono articolati nel loro stesso processo di lotta.

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)

da Indymedia

mercoledì 4 agosto 2010

I terroristi NAR Mambro e Fioravanti nel Comitato Bonino

Come consulenti sono stati ingaggiati Mambro e Fioravanti

Bologna, 2 ago. (Apcom) - L'Associazione familiari delle vittime per la strage del 2 Agosto 1980, dove persero la vita 85 persone e ne rimasero ferite altre 200 per lo scoppio di una bomba alla stazione ferroviaria, si scaglia contro Emma Bonino per aver ingaggiato, come consulenti, Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti, i due neofascisti dei NAR condannati all'ergastolo dalla Corte di Cassazione nel 1995 quali esecutori dell'attentato.

"Abbiamo appreso, con sconcerto - dice nel suo intervento alla cerimonia per i trent'anni dalla strage il presidente Paolo Bolognesi - la disinvoltura e la noncuranza dell'etica politica con cui il candidato radicale del centrosinistra, alle recenti elezioni regionali del Lazio Emma Bonino, abbia avuto nel suo comitato elettorale, come consulenti proprio i due terroristi fascisti Mambro e Fioravanti mandanti dell'assassinio del giudice Amato ed esecutori materiali della strage alla stazione".
"Dieci anni fa - continua - da questo stesso palco avevamo detto: in un Paese in cui due stragisti condannati per 97 omicidi sono incredibilmente liberi e sono dirigenti di un partito politico, può davvero succedere di tutto".

Buenos Aires (Argentina) - Morto terrorista nero Giovanni Ventura coinvolto nella strage di piazza Fontana

Morto latitante terrorista nero Giovanni Ventura, coinvolto nella vicenda giudiziaria relativa alla strage di Piazza Fontana.

Giovanni Ventura era stato condannato all'ergastolo in primo grado a Catanzaro il 23 febbraio 1979 a conclusione del primo processo per la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969. Con lui erano stati condannati Franco Freda e Guido Giannettini. L'anarchico Pietro Valpreda e il neofascista Merlino erano stati condannati a quattro anni e mezzo per associazione sovversiva.
Il 12 agosto 1979 Ventura venne arrestato a Buenos Aires mentre Franco Freda in Costa Rica. Il 20 marzo del 1981 la Corte d'assise d'appello di Catanzaro assolverà per insufficienza di prove i neofascisti e la Cassazione il 10 giugno del 1982 annullerà la sentenza con rinvio del processo a Bari. Il primo agosto del 1985 la Corte d'assise d'appello di Bari assolverà tutti gli imputati per insufficienza di prove.

Nell'ultima inchiesta sulla strage di Piazza Fontana il nome di Giovanni Ventura era ritornato, insieme a quello di Franco Freda, alla ribalta. Per entrambi, se non fossero già stati giudicati in via definitiva sarebbe scattato il rinvio a giudizio. Nella sentenza di assoluzione dei neofascisti veneti (Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Carlo Digilio, Giancarlo Rognoni e Stefano Tringali) i giudici hanno scritto che sicuramente Giovanni Ventura e Franco Freda hanno partecipato all'organizzazione della strage ma i due appunto non potevano più essere processati. Ventura era tornato a vivere in Argentina a Buenos Aires dove aveva aperto un ristorante.

da Indymedia

lunedì 2 agosto 2010

A trent'anni dalla strage di Bologna


2 agosto 2010, vogliamo ricordare a 30 anni esatti dall’accaduto la strage di Bologna l’evento che causò la morte di 85 persone ed il ferimento o la mutilazione di oltre 200.

Erano le 10,25, nella sala d'aspetto di 2º classe della Stazione di Bologna Centrale, piena di gente in partenza per le vacanze, quando un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata, esplose, causando il crollo dell'ala ovest dell'edificio.

L'esplosivo era posto nella valigia, sistemata a circa 50 centimetri d'altezza su di un tavolino portabagagli sotto il muro portante dell'ala ovest, allo scopo di aumentarne l'effetto. La bomba era composta da 23 kg di esplosivo, una miscela di 5 kg di tritolo e T4 detta "Compound B", potenziata da 18 kg di gelatinato (nitroglicerina ad uso civile).

Nei giorni immediatamente successivi, l’attentato fu attribuito dal Governo a cause fortuite, ovvero all'esplosione di una caldaia nel sotterraneo della stazione. Ma appena apparvero più chiare le dinamiche e fu palese una matrice terrorista, attribuirono la responsabilità della strage al terrorismo nero.

In molti accorsero per dare i primi soccorsi, contribuendo ad estrarre le persone sepolte dalle macerie. Nei giorni successivi, in tutta Italia, vi furono manifestazioni di sdegno e di protesta da parte della popolazione.

Venti giorni dopo la Procura della Repubblica di Bologna emise ventotto ordini di cattura nei confronti di militanti di estrema destra dei Nuclei Armati Rivoluzionari: Roberto Fiore e Massimo Morsello, Francesca Mambro, Elio Giallombardo, Amedeo De Francisci, Massimiliano Fachini, Roberto Rinani, Giuseppe Valerio Fioravanti, Claudio Mutti, Mario Corsi, Paolo Pizzonia, Ulderico Sica, Francesco Bianco, Alessandro Pucci, Marcello Iannilli, Paolo Signorelli, PierLuigi Scarano, Francesco Furlotti, Aldo Semerari, Guido Zappavigna, GianLuigi Napoli, Fabio De Felice, Maurizio Neri. Vengono subito interrogati a Ferrara, Roma, Padova e Parma. Tutti saranno scarcerati nel 1981.

Come è avvenuto per altri casi della storia d' Italia accaddero diversi episodi di depistaggio, organizzati per far terminare le indagini.

Il più eclatante fu quello organizzato da alcuni vertici dei servizi segreti del SISMI, tra i quali Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, che collocarono, tramite da un sottufficiale dei carabinieri, una valigia piena di esplosivo, dello stesso tipo che fece esplodere la stazione, contenente oggetti personali di due estremisti di destra, un francese e un tedesco.

Lo stesso Musumeci produsse anche un dossier fasullo, denominato "Terrore sui treni", in cui riportava gli intenti stragisti dei due terroristi internazionali in relazione con altri esponenti dell'eversione neofascista.
Attorno a questa strage, come era già avvenuto per la Strage di piazza Fontana nel 1969, l’Italicus ed altre ancora, si creò un filone di affermazioni, controaffermazioni, piste vere e false, tipiche di altri tragici avvenimenti della cosiddetta strategia della tensione.

Solo 15 anni dopo, il 23 novembre 1995, vennero condannati all'ergastolo, quali esecutori dell'attentato, i neofascisti dei NAR Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, che si sono sempre dichiarati innocenti, mentre l'ex capo della P2 Licio Gelli, l'ex agente del SISMI Francesco Pazienza e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte vennero condannati per il depistaggio delle indagini. I possibili mandanti della strage non sono mai stati scoperti.

Intorno ai veri esecutori e ai mandanti dell'attentato si sono sempre sviluppate numerose ipotesi e strumentalizzazioni politiche divergenti dai fatti processuali che hanno portato alle condanne definitive dei presunti esecutori materiali della strage.

Il 2 agosto è considerata la giornata in memoria di tutte le stragi e nella ricostruzione dell'ala della stazione distrutta è stato creato uno squarcio nella muratura. All'interno, nella sala d'aspetto, è stata mantenuta la pavimentazione originale nel punto dello scoppio. È stato mantenuto intatto uno degli orologi nel piazzale antistante la stazione ferroviaria, quello che si fermò alle 10:25. Il cippo commemorativo nella stazione di Bologna contiene l'elenco delle "vittime del terrorismo fascista".

Per la prima volta quest’anno, nel trentennale della strage, nessun rappresentante del governo sarà presente in veste ufficiale alla cerimonia

da Indymedia