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lunedì 29 novembre 2010

Enrico Brizzi - La vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio


di Marco Maschietto

Nel 2008 Enrico Brizzi ci aveva accompagnato, con il suo “La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco” (Laterza, 2008), dentro le trasformazioni e le metamorfosi della sua città.
Bologna viene raccontata come mai era stato fatto prima.
Ora, inverno 2010, è tempo di allargare lo sguardo all'Italia per capire com'è cambiata, come siamo cambiati noi e com'è cambiata l'idea che abbiamo della televisione.
Perché raccontare gli ultimi 30 anni di storia italiana significa, voglia o no, seguire le evoluzioni di quel fenomenale elettrodomestico che ha assunto, con il passare degli anni, un'importanza straordinaria diventando IL mezzo di comunicazione per eccellenza.La televisione. Ovvero colei che è riuscita ad orientare e plasmare le preferenze della gente, a rendere celebri e famosi perfetti sconosciuti venuti da chissà dove, a conficcarci nel cervello luoghi comuni, a farci ripetere come macchinette i tormentoni, ad eleggere superficialità e frivolezza come nuove divinità. Rapidità, velocità di consumo, minimo sforzo. Il focolare domestico che chiede solo di essere alimentato e che senza fatica irradia, scalda, illumina e poi accieca.
E poi c'è lui. Silvio, anzi “Il Silvio”. La sua ascesa, il suo trionfo ed una sua presunta fine.
Questo ci narra, con estrema fluidità e leggerezza, Enrico Brizzi con il suo “La vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio” uscito ad ottobre per la collana Contromano di Laterza.
(Piccola parentesi: questi si sono inventati un genere nuovo che funziona da dio. Vagamente definibile come “narrazione contemporanea”. Per i veneti si consiglia la lettura di “Bea Vita!” di Romolo Bugaro. Eccezionale.)
È importante sottolineare fin da subito quello che, a tutti gli effetti, risulta essere il punto di forza di questo lavoro. Innanzi tutto non ci troviamo davanti a un “mattonazzo” sulle malefatte, gli inciuci, le manovre politiche oscure del Silvio. Di questi ne escono a bizzeffe. Sempre più dettagliati, sempre più precisi, sempre più specialistici e quindi sempre più “mattonazzi".
Brizzi ha scritto un libro ironico, con un linguaggio lontano da tecnicismi, semplice e diretto. Ha avuto la capacità di raffigurare in maniera dettagliata cos'ha significato crescere con un modello culturale in profonda trasformazione e diffuso a colpi di format televisivi. È la storia di un bombardamento mediatico senza precedenti. È la storia comune a varie generazione cresciute a pane ed etere.
Ce la racconta da una posizione interna, come osservatore attivo e come parte del meccanismo in cui non esiste più un dentro e un fuori. Ha visto e vissuto quello di cui ci parla. Ha subito sulla propria pelle le trasformazioni culturali e di costume dettate dalla televisione:
ha presentato il suo “Jack Frusciante” in TV al Costanzo Show. Non certo una bella esperienza, ma pur sempre un'esperienza.
A metà anni '90 ha partecipato alla creazione di un programma televisivo, Supergiovane, sotto la supervisione di un Carlo Freccero fresco fresco della carica di direttore di Rai 2. Un programma che doveva essere spumeggiante: “Un nuovo contenitore per i giovani, pieno di scambi d'opinione e musica dal vivo”. Tutto saltò “per colpa” di un prete, ma Brizzi, in questa occasione, imparò che “se qualcosa in televisione non funziona, occorre trovare all'istante un capro espiatorio”.
Ancora: “Nell'autunno del '98 non conoscevo più la paura: andai a sottovoce, da Gigi Marzullo”.
Nel 1999 partecipa a San Remo come giurato di qualità. Roba pesa: con lui, fra gli altri, Morricone e la Pivano. Eccetera eccetera...
Insomma, anche per lui non c'è stata via di scampo. E si presenta proprio così.
Una delle cose più interessanti che si possono trovare all'interno di questo libro è la ricerca dell'interpretazione del dato storico dentro il dato dell'esperienza personale. Non certo una cosa nuova, ma Brizzi ci riesce perfettamente.
Ai vari Pertini, Berlinguer, Craxi, sono alternati, da un lato, trasmissioni come Non è la Rai, Drive In, Supergulp, dall'altro gli incontri con gli amici e la sua attività di scrittore.
C'è, fra i tanti, Iuri Giacobbi la cui parabola, che parte dal sottoproletariato e arriva dritta dritta fra le braccia della Lega, è rappresentativa di una grossa fetta d'Italia. Brizzi se lo ritrova, dopo tanti anni, davanti ad una tabaccheria. Il suo amico è furioso e fresco di pestaggio ai danni di un “talebano” lavavetri colpevole di avergli insozzato il parabrezza. Brizzi considera: “L'Italia del Silvio non era un paese per fessi e Iuri si era ritagliato la sua fettina di benessere: era passato dalla vendita di prodotti per il dimagrimento all'attività di promotore finanziario”.
Verso la fine di questo lungo viaggio, dagli anni '80 fino al “papi” nazionale, arriva una boccata d'aria fresca e di insperata speranza. Arriverà un'altra primavera? Sembra di sì. “Non si fermerà l'amore che nasce sull'erba tenera, non si spegnerà la forza delle madri, né l'amicizia più forte di ogni legge. L'Italia sarà sempre l'Italia, con Silvio o senza, e questa è forse l'unica rivincita che il paese reale saprà prendersi ai danni del leader.” Poi arriva, spietata, una precisazione: “Che faccia avremo dopo il Silvio, e con quale voce parleremo, però, possiamo solo provare a immaginarlo”.
Dentro questo libro ci si possono trovare un sacco di cose.
Molte sono state dimenticate. E se sono state dimenticate è perché siamo cambiati. Probabilmente senza che ce ne accorgessimo.
Fa riflettere!
Fra i denti vien da dire che son davvero anni di merda. Detto questo...gambe in spalla e camminare.

da GlobalProject

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