HOME       BLOG    VIDEO    EVENTI    GLI INVISIBILI    MUSICA    LIBRI    POLITICA LOCALE    POST PIU' COMMENTATI

martedì 12 gennaio 2010

“La pena della morte viva”

La pena dovrebbe essere la medicina dell’anima(Platone)

Maria Luisa Boccia, docente di Filosofia politica all’università di Siena, Senatrice nella XV legislatura, mi ha donato un saggio che in questi giorni è in libreria, dal titolo “Contro l’ergastolo” dalla Casa editrice Ediesse.
La Fata rossa degli ergastolani, così viene chiamata da noi “Uomini Ombra” Maria Luisa, mi ha dedicato queste parole: “A Carmelo con amicizia e gratitudine per quello che mi ha aiutato a capire e a fare sul carcere e sulla giustizia.”
Il libro è stato curato da Stefano Anastasia e Franco Corleone, con uno scritto di Aldo Moro e con testi di Maria Luisa Boccia, Guido Calvi, Francesco Saverio Fortuna, Patrizio Gonnella, Alessandro Margara, Giuseppe Mosconi, Salvatore Senese.
Consiglierò di leggerlo soprattutto agli ergastolani perché sono assolutamente convinto che l’ergastolo continuerà ad esistere fin quando noi ergastolani lo faremo esistere.
Il libro è un vero saggio capolavoro perché, come capita ormai di rado con la carta stampata e la televisione, dà notizie ed informa.
Ma è parzialmente incompleto, a dimostrazione che sulla pena dell’ergastolo si sa ancora ben poco, soprattutto sull’ergastolo ostativo.
Pochi sanno che i tipi di ergastolo sono due: quello normale, che manca di umanità, proporzionalità, legalità, eguaglianza ed educatività, ma ti lascia almeno uno spiraglio; poi c’è quello ostativo, che ti condanna a morte facendoti restare vivo, senza nessuna speranza.
Premetto che, a parte quello collettivo del 2008, ho un ricorso personale che sto curando da solo.( n° 2792/05 Musumeci c. Italia, terza sezione), pendente alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo.
Da autodidatta e con umiltà mi permetto di fare emergere sull’argomento alcuni punti, sia in diritto che nel merito.
Per meglio comprendere la questione bisogna avere presente la legge 356/92 che introduce nel sistema di esecuzione delle pene detentive una sorta di doppio binario, nel senso che, per taluni delitti ritenuti di particolare allarme sociale, il legislatore ha previsto un regime speciale, che si risolve nell’escludere dal trattamento extramurario i condannati, a meno che questi collaborino con la giustizia: per questo motivo molti ergastolani non possono godere di alcun beneficio penitenziario e di fatto sono condannati a morire in carcere.
Sembra inverosimile, ma un ergastolano che ha ammazzato e violentato una o cento donne ha la possibilità di uscire, gli stessi coniugi di Erba un domani possono usufruire dei permessi, della semilibertà e della condizionale, chi invece ha ammazzato per non essere ammazzato a sua volta in una guerra fra bande in un territorio mafioso, non potrà mai uscire.
L’ergastolano del passato, pur sottoposto alla tortura dell’incertezza, ha sempre avuto una speranza di non morire in carcere, ora questa probabilità non esiste neppure più.
Dal 1992 nasce l’ergastolo ostativo, ritorna la pena perpetua, o meglio la pena di morte viva.
Ora, che non c’è più il monarca assoluto o l’eventuale rivoluzione sociale che poteva capitare nei secoli passati, la pena dell’ergastolo è certa.
Ora l’ergastolano con l’ergastolo ostativo, se non accetta il ricatto dello stato, se non fa il delatore, se non usa la giustizia per uscire dal carcere, ha la certezza e la sicurezza di morire in carcere.
Ecco un esempio di un ex ragazzo arrestato a 19 anni, Rapisarda Carmelo Ivano, ora quarantenne: il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto nella sua ordinanza n. 1813/2008 SIUS scrive: “Rilevato come la cartella personale dell’istante non rechi traccia di alcun accertamento di condotta collaborativa con la giustizia, ex art. 58 ter o.p., ovvero della c.d. collaborazione irrilevante o impossibile, dichiara inammissibile l’istanza di permesso premio.”

In pratica, Ivano, come il sottoscritto e tanti altri, è un cadavere che respira, se non fa la spia, se al suo posto non ci mette un altro, invecchierà e starà in carcere per il resto dei suoi giorni.
L’ergastolano ostativo per sperare di uscire deve togliere la libertà ad un altro, deve insomma uccidere un’altra volta, questa volta lo deve fare per lo Stato.
Molti pensano che alcuni non accettano per omertà, perché sono ancora criminali.
No! Non è così, la maggioranza dei collaboratori di giustizia sono i veri mafiosi, invece quelli che decidono e accettano di scontare la propria pena, a mio parere, meritano una vera possibilità.
Nel libro vengono scritte numerose sentenze della Corte Costituzionale, ma non viene citata l’ultima in data cronologica, la più importante, che fa dell’ergastolo ostativo una “actual lifer” letteralmente “I malcapitati”.
Questa sentenza è la numero 135 del 2003, dove la Corte Costituzionale respinge l’eccezione d’incostituzionalità dell’ergastolo ostativo perché anche in questo modo collaborano con la giustizia si può uscire.
Lasciando di fatto, in uno “Stato diritto” la possibilità di uscire al diretto interessato, sic!
Si, è vero, i parenti delle vittime dei reati cercano giustizia, ma questa dovrebbe essere intesa come verità e non come vendetta (una vita per una vita da morto vivente).
La stragrande maggioranza dei 1400 ergastolani sono del sud, condannati per reati di mafia e la cosa incredibile è che molti di questi, come il sottoscritto, non ha la parte civile, perché i familiari delle vittime sanno che i loro parenti rischiavano di ammazzare o di essere ammazzati.
Molti di questi anche se hanno ucciso si sentono innocenti perché sono consapevoli che hanno solo rispettato la cultura e la legge della loro terra.
Molti di noi sono soprattutto colpevoli di essere sopravvissuti.
Il bene e il male sono soggettivi e a secondo i tempi e i luoghi ed in tutti i casi solo il bene e il perdono arrestano il male e il reato.
Senza contare che dopo molti anni di carcere anche il peggiore criminale si sente innocente.
Si può ammazzare in diversi modi, anche tenendo una persona chiusa in una cella per tutta vita o oltre il necessario.
“La pena non ti deve annullare, ma ti deve dare il diritto a capire e per difendere la democrazia bisogna abolire l’ergastolo.” (Fonte: professore di filosofia Giuseppe Ferraro, Università di Napoli Federico II).
L’unica differenza che c’è tra la pena di morte e la pena dell’ergastolo ostativo è che una si sconta da morto e l’altra da vivo.
Una speranza di questi giorni: la Corte europea per i diritti umani ha condannato la Germania per l’applicazione della “ Sicherungsverwahrung”, la detenzione di sicurezza, che consente a un giudice di prolungare a tempo indeterminato la detenzione di un condannato anche dopo l’espiazione della pena. (Application no. 19359/04 del 17 Dicembre 2009)
Per analogia per l’abolizione dell’ergastolo ostativo si potrebbe usare anche questa sentenza.
La pena dell’ergastolo ostativo è inumana, infernale, priva di dignità, perché una persona senza futuro, senza prospettive, senza speranza, senza fine pena, che cosa è?
Un uomo ombra.

Carmelo Musumeci
Carcere Spoleto Gennaio 2009

Il tramonto del laboratorio Puglia la guerra balcanica che scuote il Pd


L'INCHIESTA / Lo scrittore Carofiglio: "Le elezioni saranno evento dadaista"
Boccia: "Con Nichi la sinistra da bere". Vendola: "Io vado avanti"


di CURZIO MALTESE
TUTTE le piste dell'inguacchio pugliese, come lo chiamano qui, per dire di un inciucio andato male, portano a lui, la volpe del Tavoliere, il leader Massimo. Magari capiva più di politica estera che non d'Italia e forse non ci libererà mai da Berlusconi. In compenso, nel far fuori chiunque gli possa fare ombra nel centrosinistra, D'Alema è sempre infallibile. Uno dopo l'altro, Prodi e Cofferati, Veltroni e Rutelli. Liquidata la pratica nazionale, è tornato nelle sue terre e in un mese ha schiantato i due miti locali, Michele Emiliano e Nichi Vendola. In cambio, s'intende, di un grande disegno. Il professor D'Alema aveva deciso che nel laboratorio pugliese dovesse nascere la nuova creatura del centrosinistra. Un mostro invincibile e un po' Frankenstein, con dieci partiti, una gamba di Casini qua, un braccio di Di Pietro là, un piede comunista e uno ex fascista, innestati sul corpaccione inerte del Pd. Ma il colpo di fulmine che doveva animarlo non è arrivato. Così l'inventore è ripartito sul destriero per Roma, lasciando il fido assistente Nicola Latorre a fronteggiare incendi e forconi. E l'incendio avanza, dilaga. "Al posto del nuovo centrosinistra allargato, si rischia di avere la spaccatura nel Pd, a Bari come a Roma", commentano allarmati i militanti. Di ora in ora s'incarognisce la battaglia fra i candidati, che alla fine potrebbero essere quattro. Due nel centrosinistra, Nichi Vendola e Francesco Boccia, e due a destra, Antonio Distaso, candidato ufficiale del Pdl, e la finiana Adriana Poli Bortone. "Di questo passo" è la sintesi dello scrittore Gianrico Carofiglio "le elezioni di marzo si presentano come un evento dadaista".

Chi avrebbe mai potuto immaginare una simile triste fine per la primavera pugliese. I fatti non contano più nulla. Bari la stanno ammazzando il pettegolezzo e le televisioni. Da un anno la città sta sulle prime pagine per storie di malaffare e cocaina, escort e appalti, e parentopoli. Alla fine gli stessi pugliesi vi si specchiano. Eppure, al netto di scandali tutti ancora da dimostrare, di processi da celebrare chissà quando, Bari e la Puglia rimangono agli occhi di chi arriva l'unico pezzo d'Europa a sud di Roma, l'unica area meridionale non riducibile a una Gomorra di rifiuti, mafie, frane, rivolte, collasso sociale. Lo sanno tutti, a destra e a sinistra. Lo dicono le statistiche, gli indicatori di crescita per cui la Puglia è seconda alla sola Lombardia. Lo vedono gli inviati sull'eterno "caso Bari" come i trecento clandestini sbarcati l'altro giorno dall'inferno di Rosarno nel lindo aeroporto di Palese.

Non si capisce allora la ragione di questa guerra balcanica nel centrosinistra. Se non appunto per via della condanna a essere il "laboratorio della politica nazionale". "Un'antica iattura - commenta il sociologo Franco Cassano - Dai tempi di Aldo Moro, giù fino al pentapartito e ora a questa vicenda. È chiaro che la partita era nazionale. Era il segnale di un ritorno al primato dei partiti. Basta Vendola e basta pure Emiliano. Basta con le primarie, che qui in Puglia sono nate, almeno quelle vere. Basta con la cosiddetta società civile. La ricreazione è finita. Un progetto coloniale che qui ha sempre fallito e che considero sbagliato. Ma al quale si potrebbe riconoscere una dignità se almeno fosse stato chiaramente esposto. Invece si è andati avanti a colpi di vertici segreti, trovate tattiche. Il risultato è lo scoppio del laboratorio. Ora se il centrosinistra vuole salvare la faccia deve fare una veloce retromarcia e tornare alle primarie". Primarie, primarie ripetono gli intellettuali pugliesi, ma anche la gente al mercato. E ormai le primarie le vuole anche mezzo Pd romano. "Perché sono nello statuto del partito" ricorda la presidente Rosy Bindi. "Ma prima ancora sono iscritte nel senso comune" aggiunge un pugliese ormai romanizzato come il produttore di cinema Domenico Procacci. La pressione è forte e ieri i delegati dell'area Emiliano, entrati in assemblea per votare a favore di Boccia, sono usciti dicendo "primarie". Nell'imbarazzo dello stesso sindaco Emiliano, che di imbarazzi ne ha avuti e ne ha procurati molti in tutta la vicenda, compresa l'impronunciabile richiesta di una legge ad personam per candidarsi alla Regione.
A opporsi è rimasto quasi soltanto Francesco Boccia, che sui manifesti a favore delle primarie ironizza pesante: "La solita sinistra da bere che Vendola si è conquistato con le consulenze in regione. Fare le primarie oggi significa perdere subito l'Udc, quindi il progetto di nuova alleanza".

Ma intanto le centinaia di giovanissimi volontari che lavorano per Vendola non hanno l'aria da salotto, le migliaia di messaggi sui web non li paga la Regione. Gli strateghi hanno molto sottovalutato il fenomeno Vendola, che è mediatico prima che politico. Il compagno Nichi è un combattente. L'aveva annunciato fin dalla prima riunione con D'Alema: "Se credete di farmi fuori o che io mi faccia da parte, vi sbagliate. Io vado avanti, farò il martire. Che alla fine, paga sempre". E l'ha fatto benissimo, il martire dell'orrida casta politica, soprattutto in televisione da Santoro. Oggi paradossalmente sembra lui, il governatore uscente, il capo della rivolta contro il palazzo. Vendola ha dalla sua argomenti popolari e contro di lui veti incomprensibili. Perché alla fine non lo vogliono più? Perché Casini, che pure gli testimonia grande stima personale, non vuole Vendola? Perché è gay? Perché è comunista? Oppure perché non vuole privatizzare l'acquedotto pugliese, magari al gruppo Caltagirone? Perché i dipietristi non lo vogliono? Perché non ha cambiato la sanità pugliese? Ma in procura negano di avere nulla a carico del governatore. "Tranne un'intercettazione dove cercavo di "raccomandare" come primario un ex docente di Harvard, vedi che colpa" dice l'interessato. Non sarà allora perché non ha mai dato un assessore all'Idv in giunta? Sospetti, dietrologie. "Le solite fesserie dei giustizialisti" liquida Nicola Latorre.

E magari sarà vero. Ma vi sarebbero meno sospetti e dietrologie se il Pd avesse messo in campo un criterio chiaro. Le primarie vanno bene per eleggere il segretario regionale e quello nazionale, ma non per il candidato governatore. L'alleanza con l'Udc è irrinunciabile in Puglia, ma era facoltativa nel Lazio. Non si capisce neppure chi comandi oggi nel Pd, se D'Alema o Bersani, che nella vicenda pugliese, dove il partito si gioca la faccia, non s'è ancora mai visto. Oppure magari comanda Casini, tecnicamente segretario di un altro partito, o forse nessuno. L'unica cosa certa è che il laboratorio è fallito e qualcuno deve prenderne atto. Tira aria di ritirata strategica. Il primo a fiutarla è stato Antonio Di Pietro, che ora è pronto a tornare sul nome di Vendola: "Lui o un altro, ma in fretta. O 'sto candidato lo vogliamo scegliere dopo le elezioni?".

da LaRepubblica

Il Senato approva "il bavaglio a internet". Questa settimana il testo approderà alla Camera


Il 7 gennaio il Senato ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (D.d.L. 733) tra gli altri con un emendamento del senatore Gianpiero D'Alia (UDC) identificato dall'articolo 50-bis: Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet.

Questa settimana il testo approderà alla Camera diventando l'articolo nr. 60. Il senatore Gianpiero D'Alia (UDC) non fa parte della maggioranza al Governo e ciò la dice lunga sulla trasversalità del disegno liberticida della "Casta".

In pratica in base a questo emendamento se un qualunque cittadino dovesse invitare attraverso un blog a disobbedire (o a criticare?) ad una legge che ritiene ingiusta, i providers dovranno bloccare il blog.

Questo provvedimento può far oscurare un sito ovunque si trovi, anche se all'estero; il Ministro dell'Interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può infatti disporre con proprio decreto l'interruzione della attività del blogger, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.

L'attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro il termine di 24 ore; la violazione di tale obbligo comporta per i provider una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000.

Per i blogger è invece previsto il carcere da 1 a 5 anni per l'istigazione a delinquere e per l'apologia di reato oltre ad una pena ulteriore da 6 mesi a 5 anni per l'istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all'odio fra le classi sociali.

Con questa legge verrebbero immediatamente ripuliti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta! In pratica il potere si sta dotando delle armi necessarie per bloccare in Italia Facebook, Youtube e tutti i blog che al momento rappresentano in Italia l'unica informazione non condizionata e/o censurata.

Vi ricordo che il nostro è l'unico Paese al mondo dove una media company ha citato YouTube per danni chiedendo 500 milioni euro di risarcimento. Il nome di questa media company, guarda caso, è Mediaset.

Quindi il Governo interviene per l'ennesima volta, in una materia che, del tutto incidentalmente, vede coinvolta un'impresa del Presidente del Consiglio in un conflitto giudiziario e d'interessi.

Dopo la proposta di legge Cassinelli e l'istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra poco meno di 60 giorni dovrà presentare al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al "pacchetto sicurezza" di fatto rende esplicito il progetto del Governo di normalizzare con leggi di repressione internet e tutto il sistema di relazioni e informazioni sempre più capillari che non si riesce a dominare.

Tra breve non dovremmo stupirci se la delazione verrà premiata con buoni spesa!

Mentre negli USA Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet in Italia il governo si ispira per quanto riguarda la libertà di stampa alla Cina e alla Birmania.

Gli unici media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati il blog Beppe Grillo e la rivista specializzata Punto Informatico.


http://www.liberacittadinanza.it/articoli/il-senato-ha-gia-approvato-il-bavaglio-a-internet

LECCE - Corigliano d'Otranto e Bollenti Spiriti, inaugurato il primo laboratorio urbano AIQF

Vanta il primato di essere il primo laboratorio urbano realizzato nel Salento quello che è stato inaugurato ieri alle ore 11.00 presso lo spazio socio culturale realizzato dalla riconversione dell’ex scuola elementare “Don Bosco” a Corigliano D’Otranto nell’ambito del progetto “Bollenti Spiriti”. Per il sindaco Ada Fiore non a caso rappresenta il traguardo di un lungo cammino che conferma il ruolo di Corigliano “città fucina” di idee creative ed espressive da trasmettere da ora in poi con strumenti tecnologicamente avanzati.


Il Progetto “Laboratorio-Officina Agorà”, promosso in sinergia con AIQF con il coinvolgimento dei Comuni di Maglie, Tuglie, Ruffano, Scorrano, Carlantino, Bari, insieme a Provincia di Lecce e Foggia, Centro di Formazione Studi e Ricerche, Associazione Culturale Con-Tatto, mira a incentivare il protagonismo giovanile e favorire l'incontro e la socializzazione. Il progetto mira a superare la concezione di una dimensione giovanile legata alle politiche del disagio e stimola azioni che vedano “la gioventù” come l’ambito dell’esistenza in cui, in modo privilegiato, possono crescere ed affermarsi terreni quali il protagonismo, l’auto-organizzazione, la produzione culturale e la cittadinanza attiva.

Gli ambiti di azione del progetto riguardano l’incontro, la socializzazione, la crescita evolutiva nel senso dell’autodeterminazione e della responsabilità da parte dei giovani, in un contesto territoriale e sociale in continua trasformazione che prende forma dal rapporto tra il contesto naturale e la comunità che lo abita, tra le dinamiche sociali e i processi economici e culturali, e i cui cambiamenti richiedono grande competenza e coscienza per garantirne la qualità.

Il Laboratorio-Officina si propone come un campo aperto di sperimentazione in cui l'arte, lo spettacolo, il teatro, la musica, i mestieri tradizionali si offrono come strumento di intervento nel territorio in relazione a specifici obiettivi di governance. Lo scopo è di approdare ad esiti innovativi e condivisi, in cui processi virtuosi sappiano tradursi in pratiche e innescare così nel tempo nuove forme di progettualità territoriale.

da GrandeSalento.org

Sesso e Fuoco a Piazza San Pietro


di Doriana Goracci
“Un giorno uno di quei “signori” è venuto a trovarlo, si è denudato una certa parte del corpo e ha detto: “Dai, brutto frocio negro fammi godere.” Luca non ha risposto a quel “signore” così represso e se n’è andato, è fuggito a Roma dove l’ho conosciuto nel 1998 in occasione della commemorazione del gay siciliano Alfredo Ormando, il quale si era dato fuoco con la benzina il 13 gennaio 1997 davanti al sagrato in piazza San Pietro”.Quanto sopra è un brano della lettera che mi aveva scritto Peter Boom in merito alla scomparsa di Luca, somalo, giovane, omosessuale: suicidato. Parole in Bianco e Nero le avevo definite. Peter malgrado l’età e gli acciacchi è infaticabile, rimane un gran bel signore, pare n’attore, direbbero al paese e avrebbero ragione, ha fatto anche quello. E Peter mi riscrive per ricordare Alfredo Ormando, concludendo una delle sue ultime lettere in cui mi sollecitava a scriverne: “Quando c’è di mezzo il Vaticano la gente soffre di uno storico addormentamento. Noi siamo e rimaniamo sulla breccia, un abbraccio, Peter “

I “signori” a cui fa riferimento Peter Boom, non sono quelli che soggiornano al Vaticano, anche se non ce ne sono molte di belle persone in quello Stato. Ma c’è il sovrano dello stesso, Joseph Alois Ratzinger, alias papa Benedetto XVI, che ha pontificato oggi , non solo su questioni di politica internazionale come l’ambiente, il nucleare e il Medioriente ma anche delle norme sull’omofobia in discussione in varie sedi, dall’Onu ai singoli Stati,e tornando all’ “ecologia umana“ dichiara che ci sono “leggi e progetti che, in nome della lotta contro la discriminazione, colpiscono il fondamento biologico della differenza fra i sessi” e che rappresentano degli “attacchi” all’uomo e all’ambiente”: il Corpo a cui si rivolge, stavolta non era di Cristo ma Diplomatico.

Alfredo Ormando nella sua ultima lettera autografa scriveva: “Spero che capiranno il messaggio che voglio dare; è una forma di protesta contro la Chiesa che demonizza l’omosessualità, demonizzando nel contempo la natura, perché l’omosessualità è sua figlia.”

E siccome a Piazza San Pietro il 13 gennaio non ci si può andare, invio in Rete l’invito comunicato presidio ricordo, chiamatelo come vi pare ad esserci a Roma, alle 18,30, il 13 gennaio 2010,Piazza Pio XII, proprio lì accanto piazza San Pietro. Troverete in ordine cronologico quanto intercorso con Peter Boom,un suo articolo del gennaio 2002, la lettera odierna, quella dove ce lo ricorda, Alfredo Ormando, anche il giudice Luigi Tosti, e infine il comunicato dell’ArciGay di Roma.

Non andatevene in pace perchè siamo in guerra, incivile, e portate pazienza. Oggi mentre scrivevo non solo di questo, mi ha accompagnata la pubblicità costante della fedele amica Rai Tre con l’Ostensione Solenne della Sindone a Torino, e il clic da fare su internet per prenotarsi, gratis. In fondo vi chiediamo solo di esserci, come umani, come Persone Libere.

Doriana Goracci

13 GENNAIO COMMEMORAZIONE DI ALFREDO ORMANDO

Giornata Mondiale per il dialogo tra Religioni e Omosessualità



ALFREDO ORMANDO

Alfredo Ormando, orfano di padre e ultimogenito di una famiglia con otto figli di San Cataldo (Sicilia), due anni di seminario e un tormentato periodo universitario, si è immolato con la benzina in piazza San Pietro a Roma il 13 gennaio 1998. Sua madre lo aveva sentito la sera prima. Alfredo le aveva telefonato dicendole che si sarebbe recato a Roma per motivi di studio. Gaetano Mangano, l’uomo che gli aveva affittato una stanza a Palermo, l’aveva visto due giorni prima quando Alfredo gli aveva chiesto in prestito centomila lire.
Una donna che pulisce i gabinetti a piazza San Pietro ha visto Ormando mentre si versava addosso la benzina e poi correva avvolto dalle fiamme verso il centro della piazza. Gli agenti di polizia l’hanno subito soccorso e uno di loro ha anche tentato di spegnere le fiamme usando la propria giacca. Prima di perdere coscienza Alfredo disse: “Non sono neanche stato capace di morire”. Fu trasportato all’ospedale Sant’Eugenio dove morì dopo dieci giorni di atroce agonia. Le lettere che si era portato appresso non furono pubblicate e la sala stampa del Vaticano rilasciò un comunicato stampa, dichiarando che Alfredo Ormando non si era suicidato a causa della sua omosessualità o in protesta contro la chiesa cattolica, ma perchè aveva problemi in famiglia. Ma, subito dopo la sua morte l’ANSA ricevette le sue lettere con la posta e ne pubblicò parte.
Ormando aveva inviato da Palermo una copia all’ANSA, prima di prendere il treno per Roma. Sapeva benissimo che le lettere, una volta nelle mani dei preti, non sarebbero mai state pubblicate. Un mese dopo la sua morte (febbraio 1998) ci siamo recati in nove in piazza San Pietro per porre dei fiori sul luogo dove lui si era bruciato come un bonzo. Arrivò subito la polizia e ci intimò di andar via. Avevano l’ordine del Vaticano di far togliere anche i fiori. Io dissi loro che se Gesù Cristo si fosse trovato sul sagrato della basilica, Lui sarebbe sceso e ci avrebbe abbracciato uno per uno e che quindi il Vaticano aveva dato ancora una volta dimostrazione di essere anticristico. Gli uomini delle Forze dell’Ordine erano visibilmente commossi e dispiaciuti; avevano visto Ormando bruciare e uno di loro mi disse che anche lui era Siciliano; un altro mi raccontò che il poliziotto che aveva tentato di spegnerlo con la propria giacca era ancora sotto shock e di notte non riusciva a dormire. La piu’ bella pianta la regalai per farla dare a quel poliziotto per ringraziarlo per la sua buona azione. Nel 1999, sotto una pioggia battente, eravamo di nuovo a San Pietro per commemorare Ormando. Questa volta erano presenti anche i presidenti Arcigay (Sergio Lo Giudice) e del Mario Mieli (Imma Battaglia). La polizia non poteva permetterci di entrare sulla piazza e cosi’ decidemmo di deporre i fiori sul suolo italiano, al confine con lo Stato del Vaticano, una chiara dimostrazione del comportamento anticristico di quello Stato. Anche gli anni passati andò alla stessa maniera e la Polizia permise la nostra commemorazione.
Peter Boom.

Spero di poter commemorare anch’io, il 22 gennaio prossimo, dinanzi al CSM, Alfredo Ormando, leggendo in pubblica udienza la sua lettera del Natale 1997, a riprova di uno dei tanti crimini della Chiesa cattolica, che bollerò per l’ennesima volta come la più grande associazione per delinquere e la più grande banda di falsari che sia mai esistita sul pianeta Terra. Saluti
Luigi Tosti

Il 13 c.m. ricorre l’undicesimo anniversario dall’immane sacrificio di Alfredo Ormando e ci sarà (almeno lo voglio sperare) la commemorazione presso il confine con lo stato del Vaticano. Lo Stato Italiano (venduto al Vaticano) non sta facendo niente per sollevare dall’oppressione i milioni di gay, bi- e pan-sessuali italiani. L’anticristica religione cattolica non ha firmato per la depenalizzazione dell’omosessualità proposta presso le Nazioni Unite dalla Francia (Liberté, Egalité, Fraternité) mettendosi di fatto sulle stesse posizioni dei paesi islamici. OMO-, BI_ e PANSESSUALI ITALIANI SVEGLIATEVI, altrimenti Vi cammineranno sopra. Protestate e andate in massa alla commemorazione di Alfredo Ormando (il nostro Jan Palach).
Peter Boom

13 gennaio 2010 Giornata Mondiale per il dialogo tra Religioni e Omosessualità ´UN FIORE PER ALFREDO ORMANDO´ Mercoledì 13 gennaio 2010 | ore 18.30 | Piazza Pio XII (nei pressi di piazza San Pietro) Incontriamoci e portiamo un fiore per non dimenticare, mai. Come ogni anno, la comunità lgbt ricorda Alfredo Ormando, che il 13 gennaio 1998 si tolse la vita dandosi fuoco in piazza San Pietro, in segno di protesta contro l’omofobia vaticana. Fu trasportato all’ospedale Sant’Eugenio dove morì dopo dieci giorni di atroce agonia. A dodici anni di distanza da quel tragico episodio che scosse profondamente la comunità lesbica e gay internazionale, è importante continuare a riflettere su quel gesto disperato e doloroso. Arcigay promuove ‘un fiore per Ormando’. Portiamo un fiore per commemorarlo, riflettere e non dimenticare, mai.

Nazisti d' Europa

Chi sono e da dove muovono i ladri profanatori di Auschwitz? Perché hanno colpito? «È una dichiarazione di guerra», dice secco Avner Shalev, direttore del museo dell' Olocausto a Gerusalemme. Per capire le sue parole bisogna guardare la fotografia della "scena" nazionalista, neonazista e antisemita che sta montando in Europa. Un vento che soffia con forza dall' Est: dalla Polonia all' Ungheria fino all' ex Unione sovietica. Una galassia complessa e frammentata. Che si ispira direttamente al Terzo Reich (anche nei simboli: svastiche, croci runiche e diagonali, sigle e anagrammi e caratteri pangermanici). Che cavalca nazionalismo e localismo per approdare a derive antisemite. In nome della battaglia anti-mondialistaDa lì a definire la Shoah e i forni crematori un "bluff" ebraico, il passo è breve. Il network neonazista estende i suoi confini dal cuore della Germania alla Francia, dalla Spagna "falangista" ai paesi scandinavi, dall' Inghilterra ai nuovi laboratori dell' Est, Polonia, Ungheria, Romania, dalla Grecia a Cipro passando dall' Italia e risalendo fino alla Russia. «Si sta diffondendo un nuovo-vecchio odio verso gli ebrei, che è poi di fatto una continuazione - ragiona Cono Tarfusser, già procuratore capo di Bolzano, oggi giudice della Corte criminale internazionale dell' Aia - . È un sentimento viscerale e al tempo stesso vuoto, messo in giro dalle formazioni nazionaliste a forte impronta xenofoba.
La novità non è tanto che l' ostilità non va più solo contro gli immigrati, gli omosessuali, le minoranze etniche e religiose ma anche contro gli ebrei - quelli di oggi e quelli di ieri. La novità - spiega - è che la società, con la sua assenza di cultura, non riesce più a mettere degli argini naturali in grado di isolare questa gente, di sottrargli spazio, terreno di coltura». Tarfusser a Bolzano ha creato un pool di magistrati anti-naziskin, la nuova "Gioventù hitleriana" che si muove in Alto Adige. «Preoccupa, oltre al qualunquismo rabbioso di queste bande, la precoce età dei militanti, che agiscono perché trovano spazi politicamente fertili. Disagio sociale, crisi economica, globalizzazione degli Stati e immigrazione: tutti elementi chei partitie le organizzazioni paranaziste sfruttano per fare proseliti. Oggi, e dalla fine del comunismo, questo fenomeno ha dimensioni importanti soprattutto nell' Est».
Partiti e partitini, e poi skinhead, hammersin, bonhead, ultrà, picchiatori di strada. Si stima siano oltre 250 mila i militanti neonazisti in Europa. Altri 50 mila nella sola Russia. La rete di collegamento è Internet. E guai a chiamarsi nazisti. In Polonia spopola la Lega delle famiglie polacche, l' alleanza dei partiti nazionalisti che ha eletto presidente della Repubblica Lech Kaczynski. Determinante per la vittoria al ballottaggio del 2007 è stato l' aiuto di Radio Maryja, un' emittente clericale, anti-comunista ma soprattutto anti-semita (più volte condannata dallo stesso Vaticano) che si rivolge a due milioni di elettori. La Polonia confina a ovest con la Germania e a sud con Repubblica Ceca e Slovacchia.
L' Npd (partito nazional democratico tedesco, fondato 45 anni fa da ex appartenenti al partito socialista del Reich tedesco) di Ugo Voight continua a piazzare suoi rappresentanti nei lander. Nonostante la maggior parte della popolazione lo definisca un partito filo-nazista, razzista e anti-semita. Ancora Europa centrale. Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia: tre giovani democrazie risorte dopo mezzo secolo di comunismo, oggi nella Ue. A Bratislava l' estremismo antisemita è stato sdoganato al governo dal premier socialdemocratico-populista Robert Fico. «La fine del comunismo ha fatto saltare il tappo che comprimeva l' estrema destra, allora era marginale ma oggi cresce più che da ogni altra parte», spiega Giuseppe Scaliati, autore del saggio La destra radicale in Europa (Bonanno editore).
A Budapest i 7 mila adepti della Guardia Ungherese sfilano in centro in uniforme nera, sventolando i gagliardetti delle "Croci frecciate" alleate di Hitler. Evocano l' Olocausto, sognano una "soluzione finale alla questione zingara", affrontano la polizia in violenti scontri nelle strade di Praga. Zingari e rom sono finiti anche nel mirino dei romeni di Noua Dreapta (Nd), gli estremisti che si rifanno alla Guardia di Ferro dell' anti-semita Corneliu Zelea Codreanu (attiva negli anni ' 30). Giovani, camicie nere o verdi, si considerano la più importante organizzazione neo-legionaria della Romania. «Vogliamo risvegliare le coscienze avvertendo dei pericoli che minacciano il popolo romeno», tuona il leader 30enne, Tudor Ionescu. L' opera di proselitismo si è allargata agli immigrati che vivono in Italia (Padova, Roma).
Come quella dei partiti oltranzisti cresciuti nell' ex Jugoslavia. In Serbia e Croazia il "nostalgismo" per i vecchi leader nazional socialisti fautori della pulizia etnica si mischia all' insofferenza verso le lobby ebraiche. «Sono le zone balcaniche il laboratorio privilegiato dei nuovi nazisti - ragiona Saverio Ferrari, Osservatorio democratico sulle nuove destre - una cinghia di raccordo tra i movimenti dell' Europa occidentale e quelli dell' Est. I neofascisti italiani hanno rapporti intensi con le organizzazioni di questi paesi». La Russia. Sarebbero oltre 50mila, secondo fonti di polizia, i militanti neonazisti attivi nell' ex impero sovietico.
Solamente San Pietroburgo conta 20 mila skinhead. Autori di aggressioni contro cittadini stranieri, al grido di "la Russa ai russi". "Unità nazionale russa", "Gruppo socialismo nazionalista-potere bianco": sono le due sigle più importanti. Accanto ai picchiatori di Combat 18, quelli dei video coi pestaggi e le parate naziste su Youtube. Nel 2007 ne girò uno drammatico: neonazisti che decapitano un prigioniero caucasico ("negro", poiché originario del Caucaso). La firma: i nazionalsocialisti di "Rus" (termine usato dai neonazi per definire la madre patria). Altri partiti di riferimento sono il Partito nazionale del popolo (15mila militanti, la metà sotto i 22 anni) e il Partito liberal democratico di Vladimir Zhirinovsky, già vice presidente della Duma, il parlamento russo, costretto nel 2003 ad ammettere le sue origini ebraiche. Fanno paura i Nazional socialisti di Konstantin Kasimovsky, riferimenti all' ideologia hitleriana, per simbolo una croce nera che richiama il labarum cristico (PX). Si sa che le gesta dei capi vengono sempre ammirate.
In Inghilterra, dopo l' aggressione del leader del British national party Nick Griffin ai danni di un insegnante ebreo, è cresciuta l' intolleranza verso la popolazione di origine israeliana. Come in Francia, dove il Front national di Jean Marie Le Pen dopo la flessione seguita all' exploit elettorale del 2002 (17,79%), sta risalendo la china. In Spagna avanzano i neonazisti della Falange, che fanno breccia tra i giovanissimi. In Grecia Alleanza patriottica ha eletto il proprio leader in parlamento,e gli estremisti di Laose Albadoro vogliono bissare l' edizione 2006 di Eurofest, una Woodstock neonazista. Poi ci sono quelli che non dissimulano. In Svezia sta tornando di moda il Partito del Reich nordico, fondato nel 1956 e ancora guidato dal battagliero Assar Oredsson. Scendendo a Sud, riecco gli oltranzisti austriaci del Bzoe di Jorg Haider, partito che ancora governa in Carinzia. Informative dei servizi tedeschi parlano di gruppi neonazisti attivi sul confine tra Austria e Germania. Meta di riferimento: Branau, la città natale di Hitler. Infine l' Italia. Che non si fa mancare niente. Compreso un disciolto (da poco) Movimento dei lavoratori ispirato al Partito nazional socialista dei lavoratori (nel 2006 riuscì a far eleggere dei consiglieri nelle province di Varese, Como e Novara).
Anche da noi l' arcipelago dell' estrema destra antimondialista è frammentato. Da una parte Forza Nuova (il leader Roberto Fiore è segretario generale del Fronte nazionale europeo, la casa comune dei partiti europei di estrema destra); dall' altra il circuito Casa Pound, che si ispira al poeta antisemita Ezra Pound. A Casa Pound aderisce anche Cuore nero, circolo neofascista milanese. Agosto 2008, copertina di "Doppio Malto", la fanzine ufficiale di Cuore nero: uno skinhead che brinda con un boccale di birra. Sullo sfondo, la "porta dell' inferno" del lager di Auschwitz. La scritta "Il lavoro rende liberi" - che allora era ancora al suo posto - fu sostituita da una più commerciale, e vergognosa, insegna. "Birrificio Cuore nero". A proposito.

da Indymedia

Maria Stella la razzista


Il tetto del 30% tra demagogia e discriminazione

di Augusto Illuminati
Razzista la Gelmini a imporre il limite del 30% di alunni “stranieri” nelle classi scolastiche? Ma come, non è stata proprio lei a sostenere l’abilitazione ad avvocato a Reggio Calabria per rialzare la percentuale dei bresciani in quella sede remota? Certo, gli idonei risultavano colà il triplo di quanti si erano incautamente presentati a Brescia, ma conta l’intenzione di mescolarsi ai laureati del Mezzogiorno. E adesso contano le intenzioni a distribuire, per il loro bene, i figli dei migranti fra le classi “bianche”. Sarà più agevole insegnare loro la lingua e soprattutto non ritarderanno i ritmi di apprendimento degli italiani, che altrimenti se ne vanno nelle scuole private e white, come il Xmas di Coccaglio, provincia di Brescia, guarda caso. Si sposteranno a piedi nei quartieri limitrofi (tanto sono abituati a camminare a piedi nudi) oppure saranno smaltiti con appositi autobus –recita Maria Stella intervistata da una perplessa Lucia Annunziata. Al contrario degli Usa, dove la sentenza della Corte Suprema sul caso Keyes e l’adozione generalizzata della politica di busing, cioè dello spostamento degli studenti neri in scuole bianche a fini desegregazionisti, voleva promuovere l’integrazione razziale (riuscendovi solo in parte), qui si vuole complicare l’integrazione, creando artificialmente una situazione di visibile minorità e sradicamento territoriale. Anche gli improvvidi consensi dei pieddini Penati e Luigi Berlinguer (ti pareva!) prendono il provvedimento come una misura pedagogica, ignorandone il significato emblematico di annuncio. Se si trattasse di pedagogia occorrerebbe provvedere con finanziamenti, insegnanti di sostegno, differenziazione secondo gruppi linguistici e alfabeti (cos’è la lingua “non italiana”?), corsi per adulti, metodologie di apprendimento concordate con le università per stranieri, ecc. Così si vuole soltanto marcare una discriminazione a fini demagogici: non a caso il provvedimento è stato annunciato in contemporanea con la deportazione (in autobus, ovviamente) dei migranti troppo numerosi e riottosi dall’inospitale distretto di Reggio (già, quello in cui la ministra ha conseguito l’abilitazione). Le misure, che poi difficilmente saranno applicate per ragioni logistiche e di dispersione burocratica, riguardano al massimo il 5% degli istituti, ma l’effetto annuncio serve a ingraziarsi la Lega e a denunciare l’eccesso di extracomunitari come causa di tutti i mali, distribuendo l’insofferenza in aree finora indifferenti. La concentrazione scolastica riflette quella abitativa. Perché allora non distribuire i migranti nei quartieri bene, invece di relegarli nelle sezioni dormitorio della città diffusa o nelle aree degradate? Come si concilia il provvedimento con le precedenti iniziative di creare classi speciali o con le misure vessatorie di spostamento continuo dei nomadi, che davvero poco si armonizzano con le stabile frequenza scolastica? E’ terribilmente più semplice smembrare le classi o demolire i tuguri, come all’ex Rognetta, periferia di Rosarno. Poi ci si lamenta che gli Usa si accaparrano studenti dall’estero mentre da noi i cervelli scappano. E la Gelmini resta. Of cause.

da Global Project

NoTav - In Val di Susa non partono i sondaggi!no tav

Autoporto, Susa - 500 persone hanno presidiato lungo tutta la notte il nuovo presidio NoTav sorto sabato scorso nei pressi del sito S68. Intorno alle 5.00 della mattina giungevano le prime voci di movimenti di mezzi blindati nei dintorni del presidio.

Alle 6.15 un drappello di poliziotti in borghese e Digos, accompagnati da capi e vice della Questura torinese si avvicinavano all'area presidiata annunciando la volontà di prendere possesso dei terreni. Di fronte alla ferma indisponibilità del movimento NoTav ad abbandonare i terreni, venivano minacciate azioni legali e rischi di denunce.
Ad "accogliere" le forze dell'ordine, tutto il presidio riversatosi in strada e aperto da una delegazione di donne NoTav (tra loro anche una sindaca) che reggevano lo striscione "NoTav No Sondaggi".

L'atteggiamento della questura si mostra in questi primi momenti molto timido e accondiscendente a causa del folto numero di partecipanti. Non è al momento chiaro se altri siti destinati al sondaggio geo-gnostico sono invece stati aperti (magari a Torino o nell'immediata cintura). Certamente numeri e qualità della risposta valsusina consigliano ai comandi di polizia e carabinieri un approccio "differenziale" tra città e valle.

Per la mattinata è previsto un momento di protesta pubblica nel comune di Susa contro l'atteggiamento collaborazionista dell'amministrazione comunale (unico comune della valle ad aver autorizzato i sondaggi) intorno alle 10. Domani pomeriggio alle h 18 un 'assemblea cittadina a Palazzo Nuovo discuterà delle tattiche per tentare boicottaggi e blocchi anche in città e cintura.

Questa prima vittoria valligiana è stata dedicata a Raul e Alessio recentemente scomparsi ma sempre cari alla memoria del movimento.

P.S. - (dall'Ansa) Scritte contro la linea ferroviaria ad alta velocita' Torino-Lione sono apparse a Venaria Reale, sul cui territorio dovrebbe passare il treno. ''Qui (non) passa il Tav'' e' lo slogan tracciato sui muri con vernice nera. I punti sono in via Alessandria, via Amati e via Traves, dove e' in programma l'effettuazione dei sondaggi preliminari.


•Segui gli aggiornamenti in tempo reale su Radio Blackout
•Informa la radio su spostamenti truppe e aperture sondaggi ai num
011-2495660 3466673263



da infoaut

Il calcio come metafora

In Africa il calcio è onnipresente. Spesso fa da catalizzatore delle frustrazioni locali, esasperando sentimenti nazionalisti (com’è successo negli scontri tra Algeria ed Egitto durante le qualificazioni ai Mondiali). Altre volte semplicemente affolla il panorama delle città.

Dai campi profughi in Sudan alle macerie di Mogadiscio e alla moderna Abidjan, i calciatori sono ovunque, scrive Der Spiegel. Forse per la sua semplicità: basta mettere su due porte e arrangiare un pallone, anche fatto di stracci.

Per questo la Coppa d’Africa è così seguita in tutto il continente. L’attacco alla nazionale del Togo, gli Sparvieri, ha fatto riemergere vecchie paure, che non hanno niente a che fare con lo sport. Il quotidiano Le Togolais mette insieme alcuni elementi del passato per ricostruire una rete di vecchi rancori panafricani.

Il 3 giugno 2007 l’elicottero che trasportava i funzionari della Federazione togolese di calcio era esploso misteriosamente mentre tornava dalla Sierra Leone dopo un’eliminatoria (per questo era stata scelta la via di terra, per raggiungere l’Angola?). E l’attacco del 10 gennaio scorso in Cabinda è stato concentrato, secondo alcuni testimoni, proprio contro il bus che trasportava i funzionari della federazione. Forse c’entra il fatto che l’ex dittatore di Lomé, Gnassingbé Eyadéma, fosse uno dei principali sostenitori dei guerriglieri angolani e sierraleonesi?

E potrebbe non essere finita qua, continua Le Togolais, visto che il terzo amico di Eyadéma era Mobutu, che aveva affidato al dittatore togolese tutte le sue fortune prima di abbandonare la Repubblica Democratica del Congo.

da Internazionale