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sabato 13 febbraio 2010

Porto Selvaggio: Oasi di legalità?


Scritto da Sabrina e Vivana Matrangola

Certi luoghi, con la loro storia millenaria, costruiti dalla Natura sovrana solo di se stessa e nutriti delle vite di quanti li hanno intensamente amati, solo questi luoghi sanno parlarci, se li sappiamo ascoltare e ci narrano di donne ed uomini migliori di noi che, con l’esemplarità delle loro vite, ci indicano la via. Quella giusta.

Uno di questi mondi magici è Porto Selvaggio, indomito alle intemperie secolari quanto fragile alle aggressioni del genere umano: credevamo di averlo salvato, quando Renata Fonte ha sacrificato la sua vita per preservarne intatta la magnifica, ineffabile bellezza, ma dovremmo ricrederci, se, dopo ventisei anni di quel dolore che si rinnova ogni giorno, ancora arroganza e speculazione lo minacciano?
Si è sollevato un coro unanime contro politici interessi che mirano ad assegnare un incarico di alta responsabilità nel Parco con sconcertante spregiudicatezza, alla faccia di trasparenza e legalità! E proprio per quel luogo che ci racconta la brevissima vita di Renata, la sua abnegazione al dovere, al servizio della comunità, a salvaguardia della sua terra, lei che ha scritto vibranti dichiarazioni d’amore al suo paese, al mare che l’affascinava e la richiamava a sé da qualunque lontananza, lei che ha dipinto dei suoi colori le forme della terra che l’aveva generata, concrezioni di storia e di emozione che riecheggiavano nel suo animo. La stessa Renata che soffriva tante, lunghe battaglie ambientaliste, le lotte per la salvaguardia e l’istituzione del Parco Naturale come oasi incontaminata della dimensione mediterranea, custodita attraverso i secoli dalla nostra terra e minacciata dall’arroganza di cui solo il genere umano dimostra di essere esclusivo depositario.
Se lo sapremo ascoltare, questo mondo saprà spiegarci che il comune passato è il “lievito” del nostro futuro; vivere nel ricordo di chi ha dato tanto per noi è un’eredità acquisita, non l’evolversi del presente, ma un bene saldo, una realtà più vera di qualunque spregevole interesse.


www.nestorepaladinoambiente.it

PERCHÉ? - SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA' NARDO'

L'inutile e dispendioso avviso pubblico per un incarico di consulenza

Perché? E’ il legittimo interrogativo che scommetto molti si sono posti e che ‘sinistra ecologia libertà’ si limita ad esprimere ora pubblicamente.

Ricapitoliamo. Il comune di Nardò promulga un avviso pubblico per un incarico di consulenza per la gestione del parco di Porto Selvaggio e Palude del Capitano. La durata iniziale sarebbe di 12 mesi e il compenso previsto di 24.000 euro.
Il compito che il biologo prescelto (sì, biologo, avete letto bene: l'avviso pubblico infatti non prevede l'equipollenza di altri titoli di studio e si limita a soli laureati in biologia da 'vecchio ordinamento') dovrebbe svolgere prevede consulenza ed elaborazione di progetti e interventi in campo ambientale.

Il PERCHE' a questo punto assume caratteri cubitali, dal momento che:

-l'università del salento, più precisamente il dipartimento di scienze e tecnologie biologiche e ambientali, da anni responsabile di importanti studi sull'area parco e noto per le sue eccellenze nel settore ecologia, ha di recente espresso la sua totale disponibilità a collaborare gratuitamente con il comune di nardò per lo svolgimento proprio dei compiti previsti dall'avviso pubblico.

-il comune fa parte, con una quota del 30%, del consorzio di gestione dell'area marina protetta di porto cesareo e nardò, che, com'è noto, comprende parte del parco di portoselvaggio palude del capitano e con il quale condivide le stesse finalità istitutive.

Incomprensibile pure che a tutt'oggi non sia stato costituito il C.E.A. (centro di educazione ambientale), la cui istituzione pur avviata si è bloccata inspiegabilmente, senza contare che al comune di Nardò manca tuttora l'apporto della consulta per l'ambiente, organo previsto dal vigente regolamento comunale e che dovrebbe esprimersi (con parere consultivo, ma obbligatorio) su progetti e interventi in campo ambientale.

In conclusione questo bando ci sembra sinceramente del tutto inutile e inutilmente dispendioso, a meno che non nasconda mire, neanche tanto celate, alla gestione del parco o non costituisca la ricompensa dovuta per garantire i necessari equilibri per scongiurare altrimenti probabili crisi amministrative.

‘Sinistra Ecologia Libertà’
Circolo di Nardò

GETTITI E PAROLE…

TAGLIARE LE TASSE? A CHI? E PERCHE?

UN PAESE DI “TARTASSATI” ED “EVASORI”:

di GASPARE SERRA
Non esistendo sistemi fiscali “perfetti” (un po’ come le leggi elettorali), un sistema fiscale, generalmente, può essere:
-più “efficace” che giusto
-o più “giusto” che efficace.
Il dramma del nostro sistema fiscale, invece, è che esso non è:
a- né efficace (stante l’enorme “buco nero” dell’evasione fiscale che ha consentito crescere negli anni)
b- né giusto (stante la grave discriminazione dei lavoratori dipendenti e dei pensionati rispetto ai lavoratori autonomi: i primi tartassati con pesanti prelievi alla fonte, i secondi liberi di auto-denunciare a piacimento il proprio reddito!).
Segno evidente del marcato “disequilibrio” del nostro sistema fiscale è che:
a-mentre sulle spalle di lavoratori dipendenti e pensionati grava gran parte del “carico fiscale” pendente sugli Italiani (da soli, queste categorie garantiscono ben l’“82%” dell’intero gettito Irpef!)
b-i lavoratori autonomi sono in grado di difendersi dall’elevata pressione fiscale:
-“evadendo” le tasse (essendo il loro “reddito effettivo” difficilmente accertabile)
-“eludendo” le imposte (ad esempio, scaricando l’Iva anche su beni ad uso personale)
-e “dividendo le fonti di reddito” tra i componenti della famiglia (di modo che, pur a parità di reddito complessivo, il livello di reddito di ogni componente familiare si mantenga più basso di quello effettivo e rientri in scaglioni Irpef inferiori!).


IL “TAX FREEDOM DAY”

Del taglio delle tasse si discute oramai da anni, per lo meno dal 1994 (con lo slogan “meno tasse per tutti” è avvenuta la scesa in campo di Silvio Berlusconi).
Salve qualche intervento settoriale e sporadico (come la cancellazione dell’ICI sulla prima casa), però, di risultati concreti non se n’è visto l’ombra!
L’imposizione fiscale in Italia continua ad essere tra le più alte d’Europa (se non del mondo!).

In Italia quest’anno il “tax freedom day” (ossia il giorno dell’anno a partire dal quale i lavoratori, al netto delle tasse dovute allo Stato, iniziano a guadagnare fino alla fine dell’anno solo per se stessi) si è ulteriormente spostato in avanti: dal 22 al 23 giugno!
Ogni contribuente italiano, in pratica, nel corso del 2010 dovrà devolvere all’erario un’equivalente in media pari a tutto ciò che intascherà col suo lavoro dall’1 gennaio fino al 23 giugno!

Un esempio di quanto il fisco sia vorace?
Nella dichiarazione dei redditi quando si raggiunge la soglia dei 28.000 euro scatta automaticamente l’aliquota del 38%: ciò vuol dire che una famiglia media italiana (con un reddito poco superiore ai 2.000 euro mensili, oggigiorno appena sufficiente per vivere se si è in affitto, si ha un mutuo da pagare o si hanno più figli a carico) deve restituire quasi il 40% del proprio reddito allo Stato!
Per fare qualche utile comparazione:
-in Francia un contribuente dichiarante 55 mila euro di reddito paga solo “3 mila euro” di tasse sul reddito (mentre in Italia lo stesso sarebbe tenuto a pagare ben “16 mila euro”!)
-mentre in Germania i redditi fino a 52 mila euro scontano un’aliquota del solo “15%”, contro un’aliquota del 42% per i redditi superiori (in Italia, invece, entro lo stesso livello di reddito l’aliquota Irpef varia dal 23 fino al “38%”!).


BERLUSCONI (LA PROMESSA): “DUE SOLE ALIQUOTE IRPEF PER GLI ITALIANI!”

“Riforma fiscale? Si parta dalla riduzione a due delle aliquote Irpef!”.
Questo il progetto al quale starebbe lavorando il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ed il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti.
La novità principale altro non è che la riedizione (per la terza volta) della proposta con cui lo stesso Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, si era presentato agli elettori già 15 anni fa: la riduzione delle aliquote Irpef a due sole (del 23% per i redditi inferiori a 100 mila euro e del 33% per i redditi superiori).


IL SISTEMA DELL’IRPEF VIGENTE IN ITALIA:

In Italia l’Irpef (l’imposta sul reddito delle persone fisiche) si articola:
-in “cinque scaglioni” di reddito
-ad ognuno dei quali corrisponde una propria “aliquota imponibile” (progressiva all’aumentare del reddito).
Più in dettaglio:
I-per i redditi compresi tra 0 e 15 mila euro l’aliquota Irpef è pari al 23%
II-per quelli tra 15 e 28 mila euro al 27%
III-per quelli tra 28 a 55 mila euro al 38%
IV-per quelli tra 55 a 75 mila euro al 41%
V-e per quelli oltre i 75 mila euro al 43%.
Sui redditi più bassi, inoltre, grazie ad un complesso sistema di “deduzioni” dal reddito e di “detrazioni” dall’imposta, l’incidenza effettiva media dell’Irpef risulta pari:
-per i redditi fino a 8 mila euro, all’1,6%
-e per quelli compresi tra 8 e 15 mila euro, al 9%.

Che l’Irpef rappresenti l’“imposta perno” del nostro sistema fiscale, infine, lo dimostra il suo enorme gettito, pari:
-a 163,4 miliardi di euro (contro i soli 43 dell’Ires e 38 dell’Irap)
-ad oltre i 2/3 dell’intero gettito delle imposte dirette
-e a ben 1/3 delle intere entrate tributarie dello Stato (pari a 471 miliardi di euro).


COSA CAMBIEREBBE CON LA RIFORMA DELL’IRPEF ANNUNCIATA?

Se la riforma prospettata dal Premier entrasse in vigore, il sistema dell’Irpef si articolerebbe in due soli scaglioni di reddito con aliquote fiscali notevolmente ridotte rispetto alle attuali:
I- per i redditi tra 0 e 100 mila euro l’aliquota risulterebbe del 23%
II- mentre per i redditi oltre i 100 mila euro si ridurrebbe a solo il 33%!


CHI BENEFICEREBBE DELLA RIFORMA?
Un simile disegno riformatore risulterebbe premiante soprattutto per i ceti sociali più alti.
Più in dettaglio:
-per le fasce sociali basse (dichiaranti fino a 15 mila euro) il beneficio fiscale sarebbe “nullo”: in sostanza, i soggetti più deboli (come pensionati e lavoratori percepenti meno di 1.000 euro al mese) non riceverebbero “1 solo euro” di riduzione fiscale!
-per le fasce sociali medio-basse (dichiaranti dai 15 ai 28 mila euro) cambierebbe ben poco, beneficiando di una minima riduzione dell’aliquota (dal 27% al 23%)
-per le fasce sociali medio-alte (dichiaranti dai 28 ai 75 mila euro) lo “sconto fiscale” risulterebbe già “sostanziale” (beneficiando di una riduzione dell’aliquota dal 38% al 23%)
-mentre le fasce sociali alte (ossia dichiaranti oltre i 75 mila euro) risulterebbero paradossalmente essere quelle in assoluto più premiate, beneficiando di una riduzione dell’aliquota dal 43% al 33% (di 10 punti percentuali netti!).

Secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre (“Associazione artigiani e piccole imprese”):
-a fronte di una riduzione del carico fiscale di “520 euro” annui per una coppia con un figlio a carico e con un reddito di 21.500 euro ciascuno
-coloro che intascano più di 40 mila euro vedrebbero ridurre il loro carico fiscale di “2.320 euro”
-mentre coloro dichiarati oltre 100 mila euro disporrebbero di ben “14.170 euro” di sconto fiscale!


ECCO PERCHE’ L’ANNUNCIATA RIFORMA DELL’IRPEF RISULTEREBBE “CLASSISTA”, “INIQUA”, “INSOSTENIBILE” E “POPULISTA”!

I-UNA RIFORMA “CLASSISTA”!
A seguito dell’approvazione di una riforma del genere, a regime:
-mentre chi dichiarerà 100 mila euro di reddito annuo beneficerà di ben “14 mila euro” di sconto fiscale
-la maggioranza dei pensionati e dei lavoratori (dichiaranti non più di 15 mila euro) non beneficerà di “1 solo euro” di taglio dell’Irpef!
A dimostrazione del fatto che in pochi (anzi “pochissimi”) beneficerebbero della riforma in oggetto basti considerare il fatto che:
-mentre il 50,9% dei contribuenti (oltre 21 milioni) dichiara meno di 28 mila euro annui
-e il 93,2% dei contribuenti dichiara meno di 40 mila euro
-solo il 6, 8% dichiarano più di 40 mila euro
-solo l’1% (pari a 400 mila contribuenti) dichiarano più di 100 mila euro (contribuendo solo per il 17% all’intero ammontare del gettito Irpef)
-e solo lo 0,5% (pari a 150 mila contribuenti) dichiarano oltre 150 mila euro!
Questi dati, da soli, evidenziano il carattere “classista” di una riforma che sarebbe soltanto un’“offesa alla dignità” di chi lavora ed un “regalo” inatteso per grossi professionisti, ricchi ereditieri e speculatori economico-finanziari!
Qual è, dunque, l’“interesse generale” che giustifica una riforma “costosissima” ed a beneficio di una minoranza “risicatissima”???

II- UNA RIFORMA “INIQUA”!
Secondo l’art. 53 co.2 della Costituzione “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Progressività dell’imposizione fiscale significa che:
a-chi guadagna di più, per un principio di “equità sociale”, deve pagare più tasse (non in proporzione ma “in progressione” al proprio reddito)
b-mentre chi guadagna di meno è tenuto a contribuire di meno alla finanza pubblica.
La riforma fiscale in discussione, invece, va esattamente nella direzione opposta!
Se si considera che il 99,5% dei contribuenti italiani dichiara redditi inferiori a 100 mila euro (per cui l’aliquota del 33% si applicherebbe soltanto ad una ristrettissima minoranza di contribuenti), tale riforma comporterebbe, di fatto, l’introduzione di un’“unica aliquota” del 23% su tutti i redditi: il pensionato o l’operaio pagherebbero allo Stato (in proporzione al proprio reddito) le stesse tasse dovute da un imprenditore, un medico, un commercialista, un avvocato o un libero professionista!

III- UNA RIFORMA “INSOSTENIBILE”!
Alle considerazioni sull’“impatto sociale” della prospettata riforma vanno aggiunte quelle sul suo “impatto economico”.
Come coniugare, infatti:
-la notevole diminuzione del gettito provocata dalla riduzione degli scaglioni e delle aliquote Irpef (intorno ai 20 miliardi di euro)
-con la tenuta dei conti pubblici dell’Italia (il terzo paese più indebitato al mondo, pur non essendo la terza economia al mondo)?
Quale sarebbe il vero prezzo (in termini di tagli alla spesa sociale e/o di aumenti della fiscalità generale, ossia di “macelleria sociale”) che gli Italiani sarebbero tenuti a pagare???

IV- UNA RIFORMA “POPULISTA”!
Un ultimo interrogativo lo pone la tempistica degli annunci del Governo:
-il 9 novembre 2009 il Premier ha pubblicamente manifestato il suo proposito di riduzione delle aliquote Irpef
-appena quattro giorni dopo, però, ha parzialmente smentito se stesso dichiarando: “l’attuale situazione di crisi non consente alcuna riduzione delle imposte”.
L’impressione, allora, è che si tratti dell’ennesima “boutade berlusconiana”!
Un ulteriore fatto, tra l’altro, ci impone di esser scettici:
-lo scorso ottobre 2009 il Cavaliere si era impegnato (davanti all’assemblea di Confcommercio) per una riduzione dell’Irap nella Finanziaria 2010
-poco dopo, però, il Parlamento, ha piuttosto concesso libertà alle Regioni di aumentare ulteriormente l’Irap in caso di deficit sanitario eccessivo
-e poche settimane dopo, infine, lo stesso Cavaliere, dimenticandosi della promessa fatta, ha trasformare la riforma dell’Irpef nella priorità dell’azione di Governo.
Quale la ratio di questa politica dei “continui proclami”?
Verrebbe voglia, al proposito, di richiamare alla mente una notoria citazione del sen. Giulio Andreotti: “A pensar male si sbaglia… ma a volte ci s’azzecca!”.


UNA PROPOSTA ALTERNATIVA DI RIFORMA DELL’IRPEF E DEL SISTEMA FISCALE:

Una riduzione dell’Irpef, sia pur necessaria (specie in una fase di generale impoverimento delle classi sociali medie, di perdita di potere d’acquisto delle famiglie e di crollo dei consumi), non può che avvenire:
-nel rispetto del principio di “progressività dell’imposta”
-e nel quadro di una lotta senza campo contro l’evasione fiscale.
Stante le limitate risorse finanziarie di cui dispone attualmente lo Stato:
-se è improponibile una “riduzione generalizzata” delle imposte per tutti
-è, di contro, auspicabile una rimodulazione del carico fiscale su lavoratori, pensionati e famiglie in modo da alleviare il carico fiscale specificatamente:
a-sui percettori di “redditi minori”
b-e sulle “famiglie numerose” (l’introduzione del quoziente familiare, benché richieda uno notevole sforzo riformatore, dovrebbe divenire il principale obiettivo di qualsiasi riforma fiscale).
Sarebbe allora opportuna una progressiva RIDUZIONE:
a-e DEGLI SCAGLIONI DI REDDITO (portandoli da 5 a 4)
b-E DELLE ALIQUOTE IRPEF.
Un nuovo possibile schema impositivo dell’Irpef, così, potrebbe essere il seguente:
I-fino a 20 mila euro di reddito, riduzione dell’aliquota Irpef al 15%
II-fino a 40 mila euro, riduzione dell’aliquota al 25%
III-fino a 60 mila euro, riduzione del’aliquota al 35%
IV-oltre gli 80 mila euro, riduzione dell’aliquota al 40%.

Una riduzione così sostanziale del gettito Irpef, ovviamente, sarebbe sostenibile solo riequilibrando il sistema fiscale nel suo complesso.
A tal fine sarebbe auspicabile:

a-l’INTRODUZIONE DI UNA “TASSA PATRIMONIALE” SUI GRANDI PATRIMONI (ossia, di valore stimato superiore a “1 milione di euro”): una sorta di “imposta di solidarietà sociale” che garantirebbe un nuovo gettito fiscale in grado di compensare, almeno in parte, la riduzione del gettito Irpef e di incentivare le fasce sociali più ricche a spendere i propri redditi piuttosto che accumularli parassitariamente.

I-l’AUMENTO DELLA TASSAZIONE SULLE “RENDITE FINANZIARIE”.
In Italia l’aliquota sulle rendite finanziarie è del 12,5%. Ciò significa che:
-mentre chi lavora paga l’Irpef dal 23 al 43%
-mentre chi fa impresa paga fino al 50% di tasse
-mentre chi consuma paga l’Iva dal 4 fino al 20%
-chi dispone semplicemente di rendite finanziarie (dunque guadagna sul capitale investito) paga solo il 12,5% di tasse!
Ragioni di “equità fiscale”, dunque, impongono di portare la tassazione delle rendite ad un livello più adeguato, comparabile con quello europeo: sarebbe auspicabile il raddoppio dell’imposta dal 12,5 al 25%.

II-l’AUMENTO DELL’IVA SUI “BENI DI LUSSO”.
E’ auspicabile spostare progressivamente l’imposizione fiscale sempre più dal reddito ai consumi, sulla base della constatazione che la capacità di consumo (salvo che per i beni primari) cresce all’aumentare del reddito: l’imposta sui consumi di beni “di lusso”, dunque, è l’imposta progressiva per eccellenza!
In Italia l’aliquota Iva varia dal 4% (per beni primari come il pane e la pasta) al 20% (per beni come i profumi): sarebbe opportuno portare al 25% l’aliquota Iva sui beni di lusso (come auto di grossa cilindrata, barche di grosse dimensioni, ville, piscine…).

III-e la REINTRODUZIONE DELL’ICI SULLA PRIMA CASA PER I REDDITI PIU’ ALTI, ossia:
a- per i proprietari di case con redditi personali superiori ai 60 mila euro annui
b-e per i proprietari di abitazioni con un valore stimato superiore ai 500 mila euro.


GASPARE SERRA

Blog “SPAZIO LIBERO!”:
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Gruppo “PER UN FISCO PIU’ EQUO E SOLIDALE… (Tolleranza zero contro l’evasione!)”:
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Il pane della vicina armena

Sarah Zuhra Lukanic è una scrittrice nata in Croazia nel 1960. Vive a Roma dal 1987.

Mia madre aveva un’amica armena, Tanya Balian, che per Pasqua preparava una grande treccia fragrante, il cui profumo si sentiva per tutte le scale del condominio. Si chiama corég ed è simile al sirnice che si fa in Dalmazia. Solo che il pane pasquale della signora Balian era più buono.

Un popolo che ha vissuto la diaspora ha bisogno di frugare nei ricordi di tutti i membri della comunità per ricomporre la sua storia. Quella armena ha una data indelebile: il genocidio del 1915. A volte l’uscita di un libro o di un film aiuta a rispolverare la memoria collettiva. Ma l’esule non ha bisogno di film o di libri per ricordare. L’esule vive del suo passato e con la forza del ricordo ricostruisce tutti gli incastri.

È quello che ha cercato di fare Sonya Orfalian, un’armena nata in Libia e trapiantata a Roma. Sonya è un’artista e per riordinare la diaspora del suo popolo ha scelto di partire dalla cucina. Il libro La cucina d’Armenia (Ponte alle Grazie 2009) raccoglie ricordi, ricette, usanze e consigli: tutto il vissuto di una comunità piccola, complessa e discreta.

La lettera capovolta
L’appuntamento con Sonya è nella sua casa romana alla Magliana. Le pareti sono impreziosite dai suoi quadri, talmente essenziali da sembrare giapponesi. Il pavimento è abbellito da un tappeto che riprende un suo disegno con le lettere dell’alfabeto armeno. Mi racconta che i tessitori l’hanno rimproverata perché per motivi estetici ha capovolto una lettera. Ma Sonya conosce bene l’alfabeto armeno. Ha imparato a leggere la lingua dieci anni fa, prendendo lezioni a casa di un’amica iraniana, anche lei figlia della diaspora armena.

Mi racconta anche del suo bisnonno paterno che lavorava in Sudamerica e di suo nonno che si è trasferito a Gerusalemme ai tempi dell’impero ottomano. Suo padre è nato là, mentre sua madre è nata in una comunità di rifugiati armeni ad Aleppo, in Siria. La saga della famiglia Orfalian è poi continuata in Libia, dove Sonya ha frequentato la scuola italiana.

In una diaspora così lunga e imprevedibile, una società può sopravvivere solo raccontandosi. Nella diaspora armena la chiesa ha svolto il ruolo dello stato ed è stata un rifugio sicuro per la comunità. Come l’isola di San Lazzaro dei padri mechitaristi a Venezia, che oltre a museo e biblioteca, ospitava una stamperia che riproduceva testi in trentasei lingue. Quando vado a Venezia, dormo al collegio armeno di Moorat Raphael, a Dorsoduro, che in passato è stato un asilo per poeti e scrittori armeni.

L’ingrediente segreto
Poi parliamo degli armeni a Roma, ormai poche migliaia di persone. Il loro punto di riferimento è la chiesa di san Nicola da Tolentino, vicino al Pontificio collegio armeno. La comunità pubblica anche la rivista quindicinale Akhtamar, che si concentra sulla cultura di questo popolo. In Italia esistono comunità armene a Venezia, Milano, Padova e Roma, mentre in passato c’è stata una significativa presenza armena anche a Livorno, Taranto e Bari.

Sonya si alza e prende dall’armadio una sua scultura. Ha la forma di una pagnotta ed è fatta di marmo travertino. È come se dentro la scultura fosse impastata tutta la storia del suo popolo. Prima di salutarci le chiedo la ricetta del corég. Mi spiega che bisogna aggiungere all’impasto un cucchiaio di maleppo macinato. È il seme che si trova dentro il nocciolo di un ciliegio selvatico che cresce in oriente. Ecco perché il pane pasquale della signora Balian era così speciale. Sarah Zuhra Lukanic