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lunedì 15 febbraio 2010

Inchiesta del New Yor Times sul ruolo giocato da Goldman e JP Morgan. Ombre anche sull'Italia


"Wall Street ha aiutato Atene a truccare i conti pubblici"

di FEDERICO RAMPINI
NEW YORK - La Grecia ha truccato i conti pubblici e ha ingannato per anni l'Europa con l'aiuto dei "soliti noti": Goldman Sachs e altri colossi di Wall Street. Lo rivela il New York Times in un'ampia inchiesta che getta nuove ombre sulla credibilità della Grecia, proprio mentre l'Eurozona è alle prese con i piani per il suo salvataggio. L'inchiesta dimostra che gli stessi metodi usati da Wall Street per creare la bolla speculativa dei mutui subprime sono stati replicati con le finanze pubbliche della Grecia e di altri paesi europei, Italia inclusa.
Grecia e Italia vengono citate fra quei Paesi i cui governi hanno fatto ricorso alla consulenza delle grandi banche americane (Goldman Sachs e JP Morgan Chase) per delle operazioni di "chirurgia estetica" che hanno dissimulato la vera entità dei deficit pubblici. Un ruolo perverso spetta ai titoli derivati: quanto hanno nascosto, e quanto nascondono tuttora, dell'indebitamento di alcuni Stati sovrani? Il caso greco domina le rivelazioni, creando un serio imbarazzo al governo di Georgios Papandreou ma anche ai suoi interlocutori di Bruxelles, Berlino e Parigi alle prese col rischio di crac sovrano di uno Stato membro dell'Eurozona. Decine di interviste documentano un inganno andato avanti a lungo, "dieci anni di menzogne della Grecia" che hanno gettato fumo negli occhi della Commissione europea e hanno consentito ad Atene di aggirare il Patto di stabilità. Uno dei "montaggi finanziari" escogitati da Goldman Sachs "ha nascosto alle autorità di Bruxelles miliardi di debiti". Fino all'ultimo, poco prima che le convulsioni della crisi greca esplodessero alla luce del sole, sull'asse Atene-Wall Street si è tentato di barare.

A novembre una delegazione di altro livello della banca americana è arrivata ad Atene per discutere una nuova possibilità di guadagnare tempo. La missione era guidata da Gary Cohn, presidente di Goldman Sachs. I maghi della finanza avevano in mente un nuovo dispositivo per far scivolare i costi attuali della sanità pubblica greca "sui bilanci di anni molto lontani". Un po' come, in America, le banche rifilavano dei nuovi mutui ai proprietari di case sommersi dai debiti. Il trucco aveva funzionato in precedenza. Nel 2001, subito dopo l'ammissione della Grecia nell'Unione monetaria, la stessa Goldman Sachs aveva assistito il governo di Atene nel reperire miliardi sui mercati. Quel finanziamento del debito pubblico fu nascosto nei bilanci, grazie a un montaggio che la trasformava in un'operazione sui cambi anziché un prestito. Nel novembre 2009 il tentativo fallì: troppo tardi, forse. L'attenzione dei mercati e della Commissione europea deve aver sconsigliato l'ennesimo trucco. Il New York Times specifica che i derivati hanno svolto un ruolo chiave in questa vicenda. Scrive che "gli strumenti finanziari elaborati da Goldman Sachs, JP Morgan Chase e altre banche, hanno consentito ai leader politici di mascherare l'indebitamento aggiuntivo in Grecia". E con "l'aiuto della JP Morgan l'Italia ha fatto di più. Nonostante persistenti alti deficit, un derivato del 1996 ha aiutato l'Italia a portare il bilancio in linea".

In decine di montaggi finanziari, rivela l'inchiesta, "le banche fornivano liquidità immediata ai governi in cambio di rimborsi futuri, e questi debiti venivano omessi dai bilanci pubblici". Un esempio: la Grecia rinunciò ai proventi della lotteria nazionale e delle tasse aeroportuali per anni a venire, in cambio di una liquidità immediata. Questo genere di operazioni non sono state contabilizzate come dei prestiti. Ingannando così sia le autorità di Bruxelles, sia gli investitori in titoli del debito pubblico greco, che ignoravano la vera dimensione dell'indebitamento e quindi il rischio d'insolvenza. Come un tocco di ironia alcuni dei montaggi finanziari furono battezzati coi nomi di dèi dell'Olimpo, come Eolo. Secondo l'economista Gikas Hardouvelic "i politici vogliono passare la patata bollente a qualcuno, se un banchiere gli dimostra come farlo, lo fanno". Sulla stessa lunghezza d'onda Garry Schinasi, esperto della task force di vigilanza sui mercati all'Fmi: "Se un governo vuole imbrogliare, ci riuscirà". Le banche hanno fornito il know how, e si sono fatte compensare: per il montaggio del 2001 Goldman Sachs ricevette una commissione di 200 milioni di dollari dalla Grecia. Quell'operazione fu un "swap sui tassi d'interesse": uno strumento che può servire a coprirsi da un rischio di variazione dei tassi, ma può anche essere usata a fini speculativi.

Essa consente a un investitore o a uno Stato di convertire un debito a tasso variabile in uno a tasso fisso, o viceversa. Analogo è lo "swap di valute" che serve a proteggersi contro una variazione nei tassi di cambio, oppure a speculare su futuri scossoni tra le monete. Infine la "chirurgia estetica" sui conti greci ha ipotecato aeroporti e autostrade, mettendo i loro proventi nelle mani dei creditori per molti anni futuri. Il problema che emerge dalle rivelazioni del New York Times riguarda i danni alla trasparenza dei bilanci pubblici. "Il peccato originale dell'Unione monetaria - conclude l'inchiesta - è che Italia e Grecia vi entrarono con deficit superiori ai livelli consentiti dal Trattato di Maastricht. Anziché ridurre la spesa, però, i governi tagliarono artificialmente i deficit con l'uso di derivati. E i derivati, in quanto non appaiono ufficialmente nei bilanci, creano un'ulteriore incertezza". I campanelli d'allarme non sono mancati. Già nel 2008 Eurostat, l'istituto statistico di Bruxelles, aveva attirato l'attenzione sulle operazioni di "cartolarizzazione" dei debiti pubblici "montate ad arte per ottenere un certo risultato sui conti pubblici". Ancora prima, nel 2005, l'allora ministro delle Finanze greco Georgios Alogoskoufis, avvertì che l'operazione fatta con l'assistenza di Goldman Sachs avrebbe "appesantito i conti pubblici con pagamenti fino al 2019". In un giro perverso di transazioni, alcuni di quei titoli sono stati perfino usati dalla Grecia come "garanzie" in deposito alla Bce. Per il contribuente tedesco, che adesso dovrebbe finanziare il salvataggio, la diffidenza è più giustificata che mai.

da Indymedia

Rivolta di Milano: non solo e oltre uno scontro tra gang


Che miseria quello scorso questa mattina sui giornali nel racconto dell'incandescente sabato sera milanese. Non che si abbia il feticcio dell'aspettativa verso il mainstream, affatto, ma è anche ciò indice e rappresentazione della realtà che ci circonda, dell'inadeguatezza tutta politica nel cogliere ed inquadrare fette consistenti di società del nostro oggi e al contempo del rimuovere soggettività e conflitti che covano nel nostro paese, che non potranno essere ancora a lungo derubricate a questione di ordine pubblico e sicurezza. Perchè il rinchiudere quel che successo ieri sera a Milano dentro una dinamica meccanicamente da gang devianti, nella denuncia della "colonizzazione migrante" dei quartieri popolari e dell'imperversare dell'illegalità, è, per molti versi, con quel metodo, fuorviante.

Gang e metropoli. Via Padova esplode alle 18, la scintilla è l'accoltellamento omicida di un ragazzo egiziano da parte di un gruppetto di giovani sudamericani, sembra strascico di una diatriba nata sul pullman di linea come tante altre. Hamed Mamoud El Fayed Adou aveva 19 anni, è morto su un marciapiede di Milano, con in tasca un posto di lavoro trovato dopo mesi di obbligata "clandestinità" ed un permesso di soggiorno ottenuto da pochi giorni. La stampa si ferma nel definirlo come una vittima di una guerra etnica tra gang, ma ciò è veritiero - se vero - fino ad un certo punto, lo scontro così come l'aggregato da banda non è esclusivo appannaggio su base razziale, tutt'altro, ma un segno, tra gli altri, del nostro tempo: dentro un clima di criminalizzazione di ogni espressione altra, di deserto sociale creato nella valorizzazione capitalistica di tempi e spazi (di vita), di marginalizzazione e individualismo, quella che comunemente viene definita gang è spesso l'antitodo giovanile, piaccia o meno, soprattutto nelle grandi areee metropolitane e nelle sue periferie (da Los Angeles a Roma, da Berlino a Atene), che controbatte all'imperversare della frammentazione sociale, al senso di frustrazione e rabbia che alberga nelle prospettive di vita, spesso migranti perchè soggetti maggiormente deboli ed esposti. Verrebbe da intendere, guardando a quel che spesso accade nelle nostrane metropoli occidentali: l'identità forte del gruppo contro chi e quel che lo circonda.

Italien banlieues. Ma è evidente che, per quanto ciò possa essere reale, è solo una faccia di quel da cui siamo partiti, l'omicidio e la rivolta di Milano. Non può bastarci la declinazione sociologica per cercare di capire quel che è avvenuto, dobbiamo domandarci e indagare anche su dove è nato, da parte di chi. Interrogativi che, seppur nelle differenti accezioni e peculiarità, si dirigono verso la stessa direzione: quel che si muove ai margini - non solamente spaziali - delle metropoli, dentro le rinomate e temute italien banlieues dove fluttua la disperazione e la rabbia, la voglia di riscatto e l'esasperazione verso condizioni di vita aspre e precarie, in bilico spesso sull'ipocrita confine del legale o non, in realtà di ghetto indotto e obbligato, nelle quali provvedere a campare, sotto lo sguardo torvo del bianco, nei caroselli notturni della polizia, facendo da sfondo a qualche politico accorso ad incontrare elettoralisticamente il comitato per la sicurezza del quartiere di turno o a qualche boutade di denuncia giornalistica. Nell'Italia dove ci si comincia ad accorgere, forse, solo ora delle soggettività migranti oltre le sue rappresentazioni classiche della domanda di docile forza-lavoro, della strutturale questione securitaria e delle "orde bramanti" ai nostri confini... Non è una connessione ripetitiva pensare alla rivolta di Castelvolturno e al post-omicidio di Abba, alla sommossa di Rosarno e alle agitazioni nei Centri di identificazione ed espulsione, oggi la rabbia di nuovo a Milano, con tra le righe (soprattutto nella metropoli lombarda) l'emergere forte del protagonismo (anche ma non solo) di quei giovani di seconda generazione che sono italiani ma che debbono essere confinati ad un grado di cittadinanza inferiore nella gerarchia sociale.

Riot di via Padova. Ragionamento generale dal quale interfacciarsi più specificatamente a quel che avvenuto a Milano ieri sera, nel tentativo di cogliere la natura di un'onda d'urto di una rivolta sospinta dalla furia contro l'omicidio, nell'impellenza di esprimere un sentimento di giustizia contro chi ha ucciso un ragazzo. Dinamiche che si danno in un piano complesso e contraddittorio, nemmeno così facili da leggere e capire. Nel giro di mezz'ora sono centinaia e centinaia i migranti di origine africana che scendono in strada, "i sudamericani hanno ucciso un nostro fratello", quindi è contro di loro ed i loro luoghi di ritrovo che si riversa la prima spontanea violenza. La rabbia prende poi la forma di una guerriglia urbana mossa da molteplici campanelli che ribaltano le auto, sfondano le vetrine, rompono le fioriere, strappano la segnaletica stradale. Nelle vie laterali di via Padova si muovono in piccoli gruppetti, colpiscono e cambiano direzione, non dando nessun punto di riferimento alla polizia accorsa, che non è in grado di gestire il caos e che quindi si schiera in via Padova per impedire il raggiungimento del centro cittadino, diventando più esplicitamente, ancor più in quella situazione, una controparte. Quel "italiani di merda" che vola diventa il leit motiv di un altro capitolo della rivolta, la marcia fin sotto il consolato egiziano, tirando fuori negli slogan la loro frustrazione per la condizione neocoloniale nel nostro paese, imprecando contro la sede egiziana percepita come altro corresponsabile delle loro esistenze in balia di lotte quotidiane.

da Infoaut

RINO GAETANO - FABBRICANDO CASE



RINO GAETANO - FABBRICANDO CASE

Fabbricando case ospedali casermoni e monasteri
fabbricando case ci si sente più veloci e più leggeri
fabbricando scuole dai un tuo contributo personale all'istruzione
fabbricando scuole sub-appalti e corruzione bustarelle da un milione
fabbricando case popolari biservizi secondo il piano regolatore
fabbricando case ci si sente vuoti dentro il cuore
ci si sente vuoti dentro il cuore
ma dopo vai dal confessore e ti fai esorcizzare
spendi per opere assistenziali
per sciagure nazionali
e ti guadagni l'aldilà
e puoi morire in odore di santità

fabbricando case
fabbricando case ospedali casermoni e monasteri
fabbricando case ci si sente più veloci e più leggeri
fabbricando case assicuri un avvenire ai tuoi figli con amore
fabbricando case col sorriso e col buonumore
col sorriso e col buonumore
ma dopo vai dal confessore e ti fai esorcizzare
spendi per opere assistenziali
per sciagure nazionali e ti guadagni l'aldilà
e puoi morire in odore di santità
fabbricando case

L'Aquila - "Noi non ridiamo"


Protesta nel cuore della zona off limits

Ieri all'Aquila i cittadini hanno voluto farsi sentire.
Con cartelli e scritte "Io non ridevo" e "Riprendiamoci la nostra città".
Un appuntamento nato dalle notizie sulle intercettazioni pubblicate nei giorni scorsi.
Arrivati all'altezza dei Quattro Cantoni manifestanti hanno forzato un posto di blocco per entrare nel cuore dell'area definita offlimits.
Hanno raggiunto Piazza Palazzo e sulle macerie hanno denunciato la situazione attuale e ribadito la volontà di riprendersi la loro città. E ogni persona, simbolicamente, ha preso con sé una pietra.
Durante l'iniziativa sono state ribadite le critiche al capo della Protezione Civile e al suo operato come nel caso denunciato pochi giorni fa riferito agli scarichi degli insediamenti del PROGETTO CASE realizzati a L’Aquila dal Dipartimento di Protezione civile subito dopo il sisma del 6 aprile 2009, e che attualmente scaricano i liquami nei corsi d’acqua senza alcuna depurazione.

In generale è stato ricordato tutto quello che la protezione Civile ha fatto per "controllare" la popolazione locale.

Nella giornata è stato anche riaffermata la partecipazione alla giornata del 18 febbraio a Roma.

Dal Sito 3 e 32:
LA DURA REALTA'


E’ il 6 aprile e un’intercettazione telefonica fra Francesco Maria De Vito Piscicelli (Opere pubbliche e ambiente SpA di Roma) e il cognato Gagliardi, fa registrare queste affermazioni:

“Alla Ferratella occupati di sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito, non è che c’è un terremoto al giorno”. “Lo so”(ride) “Per carità, poveracci”. “Va buò”. “Io stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al letto”.

Attendono le mosse di Balducci, in sostanza, le mosse della Protezione Civile.

Ora tutti sorpresi! Le intercettazioni d’altronde lo rendono esplicito. Noi il 15 Aprile, 9 giorni dopo, stavamo gridando “ forti e gentili si, FESSI NO! 9 giorni dopo perché è tanto quello che ci abbiamo messo ad aprire bene gli occhi e a riconnettere le prime due sinapsi dopo lo shock. E qui un giorno vale tanto perché come spiega bene Franceso Maria de Vito “ bisogna partire subito in quarta, non è che c’è un terremoto al giorno”.

Per partire così bene la mattina del 6 Aprile era già diffuso per le strade un falso allarme di sciacallaggio. Così mentre tutti impazzivano in cerca di sciacalli inesistenti, quelli veri si spartivano già il vero bottino nei piani alti. Allo stesso tempo per le strade si dava l’avvio alla disgregazione sociale e al controllo militarizzato. Evacuare la città, blindare il centro, contenere gli ostinati Aquilani che non se ne andavano in campi tenda gestiti come campi profughi in zone di guerra. Porre fine alla democrazia. Il modello che Bertolaso appena qualche giorno fa invocava per Haity.

IL “SISTEMA BERTOLASO” È UN PERICOLO PER LA DEMOCRAZIA
APPUNTAMENTO IL 18 FEBBRAIO ORE 10 SOTTO MONTECITORIO PER LA MOBILITAZIONE DI SINDACATI, PARTITI, VOLONTARI E MOVIMENTI CONTRO LA PROTEZIONE CIVILE S.P.A


Perché, come scrive Alberto Puliafito autore del documentario Comando e Controllo “è questa, la shock economy all’italiana, che si muove, che fa il suo corso. E che all’Aquila agirà con il “Comando e Controllo”. Lo scandalo, sui grandi media, parte dal G8 fantasma della Maddalena (poi spostato nel terremotato capoluogo abruzzese). Dove gli appalti per costruire fioccano presto.
Dove la gestione dell’emergenza si fa businnes. Dove chi gestisce viene definito “Santo” quando santo, evidentemente, non è”.

da GlobalProject