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giovedì 18 febbraio 2010

LA FABBRICA DI CIOCCOLATO DI ROALD DAHL

Staccate i vostri bimbi dalle tv e riscopriamo il piacere della lettura.

Perchè un bambino sia ben educato
una cosa importante abbiamo imparato:
non permettete mai e poi MAI,
onde evitare un sacco di guai,
che il miserello se ne stia fermo
davanti a qualche teleschermo.
Anzi, il consiglio più pertinente
sarebbe non installare per niente
questi apparecchi che rendon cretini
sia i più grandi che i piccini.
In tutte le case che abbiam visitato
c'era un bambino seduto impalato,
lo sguardo lustro, la bava alla bocca,
davanti ad una buffa scatola sciocca.
Taluni possono stare per ore
muti guardando il televisore.
Lo sguardo fisso, l'aria di allocchi,
fuor dalle orbite gli escono gli occhi
(una volta abbiam fatto un censimento:
ce n'eran venti e più sul pavimento).
Seduti immoti, ipnotizzati,
come ubriachi paralizzati
con il cervello telelavato
in un massiccio telebucato.
E' vero, signora, che tiene buoni
anche i bimbi più birbaccioni,
che così noie più non le danno
e fuor dai piedi un pò se ne stanno
mentre lei scola e condisce la pasta
o con le amiche gioca a canasta -
ma non si è mai fermata a pensare
a tutti i danni che può causare
una massiccia esposizione
ai raggi della televisione?
Non si è mai chiesta esattamente
che effetto esercita sulla mente
ingenua della sua creatura
quell'invenzione contronatura?
FA A TUTTI I SENSI L'ANESTESIA
UCCIDE TUTTA LA FANTASIA !
RIEMPIE LA MENTE DI PACCOTTIGLIA,
E FA VENIRE GLI OCCHI DI TRIGLIA !
RENDE PASSIVI E CREDULONI,
ALLENTA IN BLOCCO ROTELLE E BULLONI
CHE IL CERVELLO FA FUNZIONARE,
NON LASCIA PIU’ NULLA DA IMMAGINARE,
IL GUSTO PER LE FIABE ROVINA,
TUTTA LA TESTA RIDUCE IN PAPPINA !
A questo punto qualcuno dirà:
"Va bene, va bene, ma come si fa ?
Se questo mostro di cui parlate
va eliminato con due pedate,
come fanno i nostri figlioli
a divertirsi, specie se soli ?
Come passare un bella serata
senza la tele illuminata ?"
Scordato avete la vostra storia?
Vi rinfreschiamo un pò la memoria?
C'era una volta una grande avventura:
la consuetudine alla lettura!
Pieni di libri i comodini
scaffali, tavoli e anche lettini!
Tutti leggevano e il tempo volava,
e con il tempo la mente viaggiava:
storie di draghi, regine e pirati,
di navi e tesori ben sotterrati;
deserti, giungle e fitte foreste,
cannibali e indios a caccia di teste.
Paesi strani e luoghi mai visti,
malvagi, eroi, tipi buffi o tristi:
di spazio pei sogni ce n'era a iosa,
leggere era un'attività meravigliosa !
Raccolte, favole, romanzi e fumetti,
volumi, tomi, libelli e libretti,
ce n'era grande scelta e varietà,
e tutti leggevano a volontà !
Se erano piccoli i bambini
qualcuno per loro leggeva i destini
di Biancaneve e la mela stregata,
e della Bella Addormentata.
Quanti bei libri, quanti piaceri
potevano scegliere i ragazzi di ieri !
Perciò vi preghiamo, fate il favore,
BUTTATE IN CORTILE IL TELEVISORE !
Con uno scaffale riempite lo spazio
e pur se i ragazzi saranno uno strazio
per qualche giorno guardandovi male,
colmate di libri quello scaffale;
vedrete che poi, passata la crisi,
pian piano smettete di essere invisi:
per far qualcosa, per curiosità,
saranno colpiti dalla novità.
Sfogliano un libro quasi per caso
più non potranno staccarne il naso:
riscopriranno che grande diletto
è leggere un libro o un giornaletto !
Ci prenderanno tanta passione
che scorderanno la televisione;
i tempi in cui erano vittime inermi
del fascino truce dei teleschermi
un brutto sogno vi sembrerà
e ogni ragazzo grato sarà
a quelli che, con mossa sapiente,
l'han trasformato in teledipendente!
P.S. Non è che di Mike ci siamo scordati:
ma siamo in attesa dei risultati
per constatar se funziona la cura
e se recupererà la sua statura.
Ma se non funziona, in verità,
possiam solo dire che ben li sta !

Questa canzoncina o filastrocca è tratta dal libro di Roald Dahl "La Fabbrica di Cioccolato".
Il Mike riportato alla fine della filastrocca è uno dei cinque bambini protagonisti del racconto fantastico. Impersonifica il classico ragazzino ipnotizzato dalla tv, infatti il suo nome completo è Mike Tivù; "nove anni, era seduto di fronte a un grande apparecchio televisivo, gli occhi incollati allo schermo, e stava guardando un film in cui una banda di gangster era impegnata ad abbattere a colpi di mitragliatore una banda avversaria. Il ragazzo stesso aveva appesi addosso fodere e fondine contente non meno di diciotto armi giocattolo di vari modelli e misure. Di tanto in tanto, Mike saltava in piedi e sparava una mezze dozzina di colpi con una delle sue pistole.
Zitti! gridava ai giornalisti (accorsi in casa Tivù perchè il piccolo Mike era uno dei cinque vincitori del Biglietto D'Oro messo a disposizione dal sig. Willy Wonka il proprietario della Fabbrica di Cioccolato). Quante volte ve lo devo dire di non disturbarmi? Questo telefilm è una vera bomba! E' fantastico! Non me ne perdo una puntata! Non me ne perdo una neanche di quelli che fanno schifo, dove non si spara per niente. Ma questi telefilm si gangster sono i migliori. I gangster sono la fine del mondo. Specialmente quando cominciano a imbottirsi di piombo gli uni con gli altri, o tirano fuori i coltelli a serramanico, o si pestano per benino coi tirapugni! Perdinci, cosa non darei per fare così anch'io! Quella sì che è vita ragazzi! E' Fantastico!"

FACCIAMOLA IMPARARE NELLE SCUOLE

Docenti contro il razzismo - Una petizione per il primo marzo

per adesioni: HYPERLINK http://www.petitiononline.com/march1st/petition.html

Lettera dei/delle docenti universitari/e contro il razzismo a sostegno del primo marzo, “una giornata senza di noi”

Noi docenti precari/e e docenti non precari/e delle università italiane abbiamo deciso di aderire alla giornata del primo marzo, “una giornata senza di noi”, presentando ai nostri studenti e alle nostre studentesse, dove possibile anche durante le ore di attività didattica nei giorni che precedono il primo marzo, dapprima la lettera dei lavoratori africani di Rosarno, riunitisi in assemblea a Roma alla fine di gennaio, e poi il testo che leggeremo alla fine della loro lettera e invitandoli/e a partecipare alle iniziative della giornata:
“I mandarini e le olive non cadono dal cielo
In data 31 gennaio 2010 ci siamo riuniti per costituire l’Assemblea dei lavoratori Africani di Rosarno a Roma. Siamo i lavoratori che sono stati obbligati a lasciare Rosarno dopo aver rivendicato i nostri diritti. Lavoravamo in condizioni disumane. Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità. Il nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo i luoghi dove dormivamo ogni mattina alle 6.00 per rientrarci solo la sera alle 20.00 per 25 euro che non finivano nemmeno tutti nelle nostre tasche. A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a farci pagare. Ritornavamo con le mani vuote e il corpo piegato dalla fatica. Eravamo, da molti anni, oggetto di discriminazione, sfruttamento e minacce di tutti i generi. Eravamo sfruttati di giorno e cacciati, di notte, dai figli dei nostri sfruttatori. Eravamo bastonati, minacciati, braccati come le bestie...prelevati, qualcuno è sparito per sempre.

Ci hanno sparato addosso, per gioco o per l’interesse di qualcuno. Abbiamo continuato a lavorare. Con il tempo eravamo divenuti facili bersagli. Non ne potevamo più. Coloro che non erano feriti da proiettili, erano feriti nella loro dignità umana, nel loro orgoglio di esseri umani. Non potevamo più attendere un aiuto che non sarebbe mai arrivato perché siamo invisibili, non esistiamo per le autorità di questo paese. Ci siamo fatti vedere, siamo scesi per strada per gridare la nostra esistenza. La gente non voleva vederci. Come può manifestare qualcuno che non esiste? Le autorità e le forze dell’ordine sono arrivate e ci hanno deportati dalla città perché non eravamo più al sicuro. Gli abitanti di Rosarno si sono messi a darci la caccia, a linciarci, questa volta organizzati in vere e proprie squadre di caccia all’uomo.

Siamo stati rinchiusi nei centri di detenzione per immigrati. Molti di noi ci sono ancora, altri sono tornati in Africa, altri sono sparpagliati nelle città del Sud. Noi siamo a Roma. Oggi ci ritroviamo senza lavoro, senza un posto dove dormire, senza i nostri bagagli e con i salari ancora non pagati nelle mani dei nostri sfruttatori. Noi diciamo di essere degli attori della vita economica di questo paese, le cui autorità non vogliono né vederci né ascoltarci. I mandarini, le olive, le arance non cadono dal cielo. Sono delle mani che li raccolgono. Eravamo riusciti a trovare un lavoro che abbiamo perduto semplicemente perché abbiamo domandato di essere trattati come esseri umani. Non siamo venuti in Italia per fare i turisti. Il nostro lavoro e il nostro sudore serve all’Italia come serve alle nostre famiglie che hanno riposto in noi molte speranze. Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare le nostre richieste:

domandiamo che il permesso di soggiorno concesso per motive umanitari agli 11 africani feriti a Rosarno, sia accordato anche a tutti noi, vittime dello sfruttamento e della nostra condizione irregolare che ci ha lasciato senza lavoro, abbandonati e dimenticati per strada. Vogliamo che il governo di questo paese si assuma le sue responsabilità e ci garantisca la possibilità di lavorare con dignità. L’Assemblea dei Lavoratori Africani di Rosarno a Roma”

Dapprima in Francia, poi in Italia, in Spagna, in Grecia e in altri paesi europei, la giornata del primo marzo è stata proclamata “una giornata senza di noi” con l’intento da parte dei/delle migranti che vivono in questi paesi di far percepire, per un giorno, l’importanza della loro presenza economica e sociale sia attraverso lo sciopero sia attraverso altre forme di protesta come l’astensione dai consumi. Ispirata alla giornata del primo maggio del 2006, quando in varie città degli Stati Uniti i/le migranti privi/e di documenti di soggiorno erano riusciti/e a bloccare la vita economica e sociale di quelle città attraverso una massiccia astensione dal lavoro e fluviali manifestazioni in cui ricordavano a tutti che “We are America”, questa giornata ci sembra di particolare importanza anche per iniziare una necessaria riflessione sulle forme della nostra esistenza comune di cittadini/e e non cittadini/e, migranti e non.
Per questo, abbiamo deciso di assumere come parte del nostro testo quello sottoscritto da alcuni lavoratori africani di Rosarno.
Riteniamo, infatti, che quanto accaduto a Rosarno nei primi giorni di gennaio – le intimidazioni e le violenze sui migranti, la rivolta dei lavoratori africani, la “caccia al nero” dei giorni successivi, il coinvolgimento di alcune parti della mafia nella “gestione dell’ordine pubblico”, il trasferimento d’urgenza di tutti i lavoratori africani, la loro detenzione nei centri di identificazione ed espulsione e la minaccia di espulsione per quelli privi di permesso di soggiorno – sia il precipitato, soltanto più visibile, delle scelte politiche con cui negli ultimi anni i governi che si sono succeduti hanno affrontato e voluto gestire il fenomeno globale delle migrazioni.
Il risultato, innanzitutto, di una volontà di generale clandestinizzazione della presenza dei/lle migranti e dei lavoratori e delle lavoratrici migranti che ha permesso, non solo a Rosarno, ma nel Sud come nel Nord del paese, tra i campi di agrumi e le serre così come nelle fabbriche e le piccole imprese, o nelle famiglie, forme di assoluto sfruttamento della forza lavoro possibili grazie a un’illegalità diffusa del mercato del lavoro generata proprio dalle leggi che normano l’immigrazione.
Ricordiamo di seguito alcuni dei provvedimenti e dei fatti che stanno alla base di quanto accaduto a Rosarno così come di quanto accade quotidianamente nel resto d’Italia: l’istituzione dei centri di detenzione nel lontano 1998, con cui si apriva il capitolo del doppio binario giuridico, uno per i cittadini, un altro per i non cittadini, passibili di pene detentive in assenza di reato; il nesso inscindibile tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno, con la legge del 2001, che spianava la strada a ogni forma di ricattabilità da parte dei datori di lavoro sulla forza lavoro migrante, compresa la ricattabilità sessuale delle lavoratrici migranti impiegate nel lavoro domestico; gli innumerevoli provvedimenti delle recenti norme previste dai pacchetti sicurezza ispirati tutti a un orizzonte di discriminazione e razzismo (l’aggravante di clandestinità, il reato di clandestinità, il prolungamento a sei mesi della detenzione amministrativa, l’interdipendenza tra permesso di soggiorno e atti dello stato civile, tra cui il riconoscimento dei figli e il matrimonio, l’istituzione di corpi speciali privati per il mantenimento dell’ordine pubblico); i respingimenti verso la Libia iniziati nel maggio del 2009 volti a risolvere il problema degli arrivi sulle coste italiane con la deportazione verso i campi di concentramento della Libia finanziati dallo stato italiano di donne, uomini e bambini, spesso potenziali rifugiati provenienti dai luoghi di guerra delle ex-colonie italiane. La criminalizzazione dei migranti privi di permesso di soggiorno produce effetti a cascata su tutti/e i/le migranti che vivono in Italia, rendendo precaria la condizione degli/delle stessi/e migranti “regolari”, esponendoli/e a continue discriminazioni e alla possibilità sempre presente di ricadere nell’“irregolarità”. “Come può manifestare qualcuno che non esiste?” si chiedono i lavoratori africani nella lettera che vi abbiamo letto, descrivendo prima di questa domanda l’esistenza quotidiana “di chi non esiste”, dalla giornata lavorativa alle notti prive di acqua e elettricità e costellate di episodi di violenza e intimidazioni. “Come può esistere chi non esiste” è, infatti, secondo noi, la domanda di fondo diventata sempre più impellente in Italia e generata da una forma pervasiva di razzismo istituzionale che permette e legittima forme di razzismo, intolleranza, xenofobia sociali che stanno ormai erodendo la vivibilità comune delle nostre città. O, meglio, come possono esistere tutti e tutte coloro che, pur essendo “attori della vita economica di questo paese”, con differenti dispositivi sono continuamente sospinti verso una presenza marginale e una vita non vivibile costellata di mille ostacoli (dai tempi biblici del rinnovo del permesso di soggiorno all’assenza di ogni possibilità di regolarizzazione, dagli innumerevoli modi in cui si elude il riconoscimento dello stato di rifugiato alle norme che entrano in modo discriminatorio nelle scelte di vita affettiva concedendo ai migranti “affetti di serie b”, sino ai mesi di detenzione previsti per chi non ha o ha perso il permesso di soggiorno e all’ultima proposta del “permesso di soggiorno a punti”)?
Aderiamo a questa giornata perché riteniamo che questa domanda coinvolga la vita di tutti e di tutte, migranti e non, studenti, studentesse, lavoratori e lavoratrici, disoccupati e disoccupate, in Italia così come nel resto d’Europa e in altri paesi del mondo.
In quanto docenti, sappiamo che nelle università, anziché come studenti e studentesse nelle nostre aule è più facile incontrare i/le migranti come lavoratori e lavoratrici delle cooperative di servizi, assunti/e con bassi salari e senza garanzie.
La scandalosa difficoltà nell’accesso a un permesso di soggiorno per studi universitari, attraverso una politica delle “quote” anche nel campo del sapere che rende quest’ultimo esclusivo privilegio dei cittadini, è parte integrante della chiusura nei confronti dei/delle migranti che caratterizza il nostro paese. Per questo ci impegniamo a lottare anche per garantire la piena accessibilità dell’Università ai/alle migranti. Siamo più in generale convinti che soltanto cancellando il razzismo istituzionale e sociale come pratica quotidiana di sfruttamento sarà possibile costruire spazi di convivenza futuri.

Docenti precari/e e docenti non precari/e delle Università italiane

Primi firmatari:

Fabio Amaya (Università di Bergamo)

Anna Curcio (Università di Messina)

Umberto Galimberti (Università di Venezia)

Maria Grazia Meriggi (Università di Bergamo)

Sandro Mezzadra (Università di Bologna)

Renata Pepicelli (Università di Bologna)

Luca Queirolo Palmas (Università di Genova)

Antonello Petrillo (Università Suor Orsola Benincasa, Napoli)

Federico Rahola (Università di Genova)

Fabio Raimondi (Università di Salerno)

Maurizio Ricciardi (Università di Bologna)

Anna Maria Rivera (Università di Bari)

Gigi Roggero (Università di Bologna)

Pier Aldo Rovatti (Università di Trieste)

Devi Sacchetto (Università di Padova)

Anna Simone (Università Suor Orsola Benincasa, Napoli)

Federica Sossi (Università di Bergamo)

Alessandro Triulzi (Università di Napoli L’Orientale)

Tiziana Terranova (Università di Napoli L’Orientale)

Fulvio Vassallo Paleologo (Università di Palermo)

da Indymedia

FABRIZIO DE ANDRE' - VERDI PASCOLI





FABRIZIO DE ANDRE' - VERDI PASCOLI

Gli aranci sono grossi
i limoni sono rossi
lassù, lassù nei verdi pascoli
ogni angelo è un bambino
sporco e birichino
lassù, lassù nei verdi pascoli.

E ora non piangere perché
presto la notte finirà
con le sue perle stelle e strisce
in fondo al cielo
e ora sorridimi perché
presto la notte se ne andrà
con le sue stelle arrugginite
in fondo al mare.

La radio suona sempre canzoni da ballare
lassù, lassù nei verdi pascoli
niente da scommettere
tutto da giocare
lassù, lassù nei verdi pascoli.

E ora non piangere perché
presto la notte se ne andrà
con le sue perle stelle e strisce
in fondo al cielo
e ora sorridimi perché
presto la notte finirà
con le sue stelle arrugginite
in fondo al mare.

Non c'è d'andare a scuola
ti basta una parola
lassù, lassù nei verdi pascoli
c'è carne da mangiare
erba da sognare
lassù, lassù nei verdi pascoli.

E ora non piangere perché
presto la notte finirà
con le sue perle stelle e strisce
in fondo al cielo
e ora sorridimi perché
presto la notte finirà
con le sue stelle arrugginite
in fondo al mare.

Gli aranci sono grossi
i limoni sono rossi
lassù, lassù nei verdi pascoli
papà non c'ha da fare
papà ti fa giocare
lassù, lassù nei verdi pascoli.

E ora non piangere perché
presto il concerto finirà
con le sue perle stelle e strisce
in fondo al cielo
e ora sorridimi perché
presto il concerto se ne andrà
con le sue stelle arrugginite
in fondo al mare.