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venerdì 19 febbraio 2010

Salvemini nella lista di Nichi Vendola


Provarci sempre, senza paura di sbagliare. Carlo Salvemini sceglie il suo slogan e affianca Vendola nella sua lista

di Mario Maffei
Carlo Salvemini rompe gli indugi e accetta la proposta di Nichi Vendola che lo aveva fortemente voluto nella lista del Presidente.
Ex segretario cittadino dei DS a Lecce, esponente di spicco del Partito Democratico, Salvemini si era dimesso da tutte le cariche in polemica con la scelta del PD di costringere Vendola alle primarie (poi vinte a danno di Francesco Boccia).

La lista di Nichi Vendola, che vede in pole position anche l'assessore uscente Dario Stefano, si annuncia così già competitiva per vincere la sfida dello sbarramento al 4%.
Salvemini annuncia che "dopo aver raccolto i preziosi suggerimenti, consigli, pareri di tanti; dopo avere ascoltato le giuste e fondate perplessità di alcuni" ha infine annunciato direttamente a Vendola la sua disponibilità.
Ha poi continuato: "Voglio ringraziare tutti voi che avete voluto condivere con me questa decisione impegnativa, e naturalmente confido di avervi al mio fianco in questa campagna elettorale che ora può cominciare ufficialmente.
Pochissime considerazioni prima di entrare nel vivo dell'organizzazione.
1. Mi candido perchè considero un onore impegnarsi per la rielezione di Nichi Vendola.
2. Mi candido perchè non me la sento di deludere le attese e le speranze che si sono accese in queste settimane circa una mia possibile candidatura: non importa sapere se sono tante o poche, sufficienti o meno per affrontare una impegno difficile. So che sono manifestazioni sincere di stima, rispetto, considerazione che valgono più di ogni altro argomento.
3. Mi candido perchè penso, nonostante le affettuose perplessità di diversi amici, che non ho nulla da perdere, nulla avendo guadagnato o da guadagnare dall'impegno politico: è il privilegio di chi considera la politica una vocazione e non un mestiere, una stagione della propria vita e non un impegno a tempo indeterminato.
4. Mi candido perchè si può essere utili anche sapendo che l'elezione è difficilissima, quasi impossibile quando si è outsider in una lista civica, senza organizzazione territoriale, con collegio unico e preferenza unica e soglia di sbarramento: ma se facessimo prevalere sempre calcolo e opportunismo finiremmo per dare inconsapevolmente ragione a chi considera la politica nulla di più che un elezione, un seggio, un'indennità.
5. Mi candido perchè se, come molti mi hanno voluto testimoniare, posso essere una possibile "risorsa" del centrosinistra questa è l'occasione giusta per verificare se stima, considerazione, rispetto possono essere premiati col voto o solo manifestati a parole".

da IlTaccoD'Italia

Don Ciotti: ''Tv sterilizza, usa stesse logiche della mafia''

Bologna. ''La televisione ci sta sterilizzando tutti. Tu stasera, accendendola, incontrerai la mafia in persona.

E' in casa nostra tutti i giorni''. Lo ha detto don Luigi Ciotti, rivolto ad una persona che gli ha fatto una domanda, durante un suo intervento a Bologna, nell'ambito del Green Social Festival. ''Cio' che conta in Tv - si e' spiegato il presidente di Libera - e' l'apparenza, il potere, la forza, la violenza. Sono gli stessi contenuti e le dinamiche che utilizza la mafia''.
Don Ciotti ha poi parlato dei rapporti tra la politica e le organizzazioni mafiose dicendo che ''il discorso e' trasversale''. Ha fatto l'esempio della costituzione dell'agenzia nazionale per i beni confiscati. ''A non volerla fu un ministro del passato governo, nonostante il professor Prodi in persona si fosse battuto''.
Alle logiche mafiose, per il sacerdote, ''bisogna opporre un noi, piuttosto che l'individualismo che invece in questo momento va per la maggiore nel nostro paese ed e' direttamente proporzionale all'estendersi dell'illegalita'. Bisogna costituire una rete, come ci insegna la nostra esperienza. Nel Sud, dietro ad alcuni progetti, si sono messe insieme realta' e associazioni, che vanno dall'Azione Cattolica Italiana all'Arci.
Non sarei mai venuto qui oggi se non credessi in questo noi, che va costruito nella quotidianita' e non solo con delle grandi manifestazioni''.

da Indymedia

L’uomo ombra

Un’amica mi scrive:
Mi è venuto da riflettere sul verbo “scontare”, infatti si dice “scontare la pena”.
Quindi è già insito nella parola stessa che “scontando una pena” questa diminuisca, infatti più sconti la pena e più la parte restante diminuisce.
Quindi è già insito nella ratio del concetto giuridico di “scontare la pena” che la pena prima o poi si esaurisca proprio in virtù del fatto che con il passare degli anni la pena si sconta.
Allora è assurdo e contraddittorio dire “sconta l’ergastolo ostativo” oppure “sta scontando l’ergastolo ostativo” perché nonostante il passare degli anni, la pena residua non diminuisce.

È vero!
L’ergastolo ostativo va persino contro la matematica e l’italiano.
La pena perpetua non ti toglie solo la libertà, ti strappa pure il futuro.
Ti potrebbero togliere tutto ma non la tua intera vita.
Lo Stato si può prendere una parte di futuro, ma non tutto, se vuole essere migliore di un criminale.
L’ergastolo ostativo è disumano perché l’uomo per vivere e morire ha bisogno della speranza che la sua vita un giorno forse sarà diversa o migliore.
La pena perpetua è un sacrilegio perché anticipa l’inferno sulla terra e la pena eterna senza possibilità di essere modificata è competenza solo di Dio (per chi crede).
L’uomo è l’unico animale che può cambiare, per questo non potrebbe e non dovrebbe essere considerato cattivo e colpevole per sempre.
La giustizia potrebbe, anche se non sono d’accordo, ammazzare un criminale quando è ancora cattivo, ma non dovrebbe più tenerlo in carcere quando è diventato buono.
O farlo uscire solo quando baratta la sua libertà con quella di qualcun altro collaborando e usando la giustizia.
Se la pena è solo vendetta, sofferenza e odio, come può fare bene o guarire?
Voglio ricordare che per chi ha commesso un crimine, il perdono fa più male della vendetta, il perdono lo costringe a non trovare dentro di sé nessuna giustificazione per quello che ha fatto.
Ecco perché converrebbe combattere il male con il bene, col perdono, con una pena equa e rieducativa.
La pena dell’ergastolo ostativo ci lascia la vita, ma ci divora la mente, il cuore e l’anima.

Carmelo Musumeci
Carcere Spoleto febbraio 2010

Trivelle false. Botte vere!


In Val di Susa dall’inizio dell’anno si dorme poco, spesso si mangia in piedi e ancor più spesso si vive all’aria aperta, anche la notte quando nevica. Il motivo di uno stile di vita tanto bizzarro, al quale ormai stanno facendo l’abitudine molti cittadini valsusini è costituito dai sondaggi truffa fortemente voluti da Mario Virano e lautamente pagati da tutti i contribuenti italiani.

Dall’inizio dell’anno quasi ogni notte, con il favore delle tenebre, una trivella si mette in moto, con il suo corollario di centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa che militarizzano il territorio.La trivella viene sistematicamente posizionata in un sito adiacente all’autostrada A32, quasi sempre accanto al pilone di un viadotto, laddove la natura del terreno non presenta alcun segreto, dal momento che è stata già studiata in profondità quando negli anni 90 autostrada e viadotti furono costruiti. Il sondaggio farsa prosegue per alcune ore e generalmente prima che scenda nuovamente la notte il cantiere viene smantellato in gran fretta insieme all’occupazione militare, destinata a riproporsi molto presto, magari già la notte successiva, accanto ad un altro pilone della stessa autostrada.

I cittadini della Valle contrari all'alta velocità quasi ogni notte si tirano giù dal letto (sempre che abbiano fatto in tempo a coricarsi) e accorrono in massa sul luogo del sondaggio truffa, dove trascorrono la notte contestando il TAV, la militarizzazione e la truffa ordita da Mario Virano che attingendo al denaro dei contribuenti italiani procede a far trivellare i terreni adiacenti ai viadotti dell’autostrada. Contestazione sempre molto pacata, basata sostanzialmente sulla presenza fisica. Qualche coro, un po’ di fracasso, qualche lancio di palle di neve quando il cielo dispensa i bianchi fiocchi, molta ironia ma anche molta rabbia da parte di chi da ormai troppo tempo è costretto a sopportare sulle proprie spalle il peso dell’occupazione militare, condita dalla disinformazione mediatica e dai veleni della cattiva politica, prona agli interessi della mafia del cemento e del tondino. Contestazione che continua a dare molto (forse troppo) fastidio a Mario Virano ed ai giornalisti prezzolati che hanno a lungo tentato di dipingere l’immagine di una Val di Susa pacificata e condiscendente nei confronti dell’alta velocità, fallendo miseramente nei loro propositi, smentiti dall’evidenza dei fatti e dalle 40.000 persone che hanno sfilato a Susa il 23 Gennaio, ribadendo il fermo e condiviso NO del territorio nei confronti del TAV.

Sconfitti sotto ogni punto di vista e con le spalle al muro, Virano e la congrega mafiosa di cui la politica cura gli interessi, sembrano ora strizzare l’occhio alla violenza, unico elemento utile per sparigliare le carte, stante l’assoluta mancanza di quel dialogo e di quella condivisione da loro impropriamente venduti in Italia e in Europa.
Violenza praticata, sempre con il favore delle tenebre, nelle scorse settimane attraverso gli incendi dolosi che hanno distrutto i presidi NO TAV di Borgone e Bruzolo e divenuta “istituzionale” nella giornata di ieri, quando le forze dell’ordine (al comando di un individuo che in un paese civile albergherebbe nelle patrie galere in virtù dei massacri già compiuti a Genova durante il G8 del 2001) hanno pensato bene di bastonare a sangue i manifestanti scomodi, infierendo in modo particolare sulle donne e su chi era caduto a terra. Con il risultato di mandare all’ospedale parecchie persone, di ridurre quasi in fin di vita un ragazzo di 25 anni, ricoverato in terapia intensiva per emorragia cerebrale e devastare il volto di una donna di 45 anni che ha subito la frattura del setto nasale e tumefazioni di ogni tipo. Perseguitando poi vigliaccamente anche i feriti all’interno delle strutture ospedaliere, nel tentativo di sottrarli alle cure per sottoporli ad improbabili interrogatori.

Scene già viste, a Genova durante il G8 del 2001 ed a Venaus nel dicembre 2005, oltre che in molte altre occasioni, in questo paese disgraziato nel quale sistematicamente chi vuole esprimere il proprio dissenso nei confronti delle scelte della politica è costretto a rischiare la propria incolumità fisica, quando non addirittura la vita. Scene da “macelleria messicana” portate avanti da una classe politica asservita alla mafia e giustificate dal circo di un’informazione in grado di esperire solo una vergognosa mistificazione dei fatti.
Proprio i grandi giornali e le TV in questa occasione sono infatti riusciti a dare il peggio di sé. Tante e tali sono le menzogne che oggi allignano all’interno dei mezzi di disinformazione mediatica. Giornalisti prezzolati e pennivendoli di ogni risma, nessuno dei quali presente allo svolgersi degli eventi, dal momento che è Febbraio e fa freddo, hanno tentato con ogni mezzo di costruire una storia di fantasia, basata sulle veline imposte dalla questura e finalizzata a stravolgere completamente la dinamica dei fatti ad uso e consumo della congrega di farabutti che foraggia i loro lauti stipendi.

I Valsusini che dormono poco e sono costretti a vivere all’aria aperta si sono trasformati in “pericolosi antagonisti” le palle di neve in “pietre”, la contestazione civile in “aggressione”, i pestaggi selvaggi sulle persone a terra in “cariche di alleggerimento” i poliziotti autori dei pestaggi (protetti da caschi, scudi e abbigliamento modello carro armato) in tanti poveri feriti, mentre avrebbero potuto esserlo solo nell’orgoglio per avere massacrato delle donne inermi.
Tutto ciò nonostante esista abbondante quantità di filmati che mostra l’evidenza di manifestanti tanto decisi quanto pacifici, palle di neve, cori di scherno e nulla più. Manifestanti che pennivendoli e teleimbonitori non hanno neppure visto, dal momento che si trovavano comodamente seduti nel caldo delle loro redazioni.

Nonostante la violenza dispensata a piene mani dalla polizia ed il tentativo di trasferirne le responsabilità sui tanti cittadini che da sempre si battono civilmente contro il TAV, Mario Virano e la mafia legata all’alta velocità continuano a manifestare la propria sconfitta ogni giorno di più.
La maggioranza dei valsusini non vuole l’opera, non ha paura, a prescindere dal fatto che la violenza arrivi da parte di chi porta una divisa o da chi si nasconde nella notte e continueranno a dormire poco, mangiare in piedi e presidiare il territorio, in attesa della prossima trivella e del prossimo sondaggio truffa, accanto ad un altro pilone dell’autostrada.

da Indymedia

Le voci di via Padova

Mihai Mircea Butcovan è uno scrittore romeno che vive in Italia dal 1991.

Milano è una città che fa parlare di sé per il calcio e la moda, le fiere e lo smog, la sicurezza e le aggressioni. Ora anche per le rivolte di immigrati. Dopo gli incidenti del 13 febbraio, seguiti all’uccisione di un ragazzo egiziano di 19 anni, la tensione a via Padova è ancora alta.

A quanto pare tutto è cominciato con una rissa per quelli che il codice penale considera “futili motivi”. Ma i motivi dei disordini che sono venuti dopo non sono per niente futili. Via Padova, definita anche “il giro del mondo in tre chilometri”, comincia in piazza Loreto, finisce in periferia ed è raggiungibile in cinque minuti a piedi da corso Buenos Aires. “La sera dell’aggressione quattro poliziotti in borghese hanno bussato alla mia porta. Ho avuto paura anche se ho i documenti in regola”, mi racconta Youssef che abita in via Arquà, nello stesso stabile dove viveva Abdel, il ragazzo ucciso.

L’importanza del rispetto
Si chiama Abdel anche l’uomo a cui chiedo di raccontarmi cos’è successo quella notte. Ha un negozio in via Padova e condivide molte delle paure degli italiani. “Qui i problemi ci sono”, spiega Abdel. “Io cerco di andare d’accordo con tutti, ho clienti italiani, mi rispettano perché li rispetto. Gli immigrati che fanno casino mi fanno arrabbiare. Ma molti sono disperati perché nessuno li aiuta. La rabbia cresce, cominciano a bere, poi perdono la testa”.

Secondo lui è sbagliato dire, come fanno in molti, che tutti i sudamericani sono assassini o bevitori. “Molti musulmani che conosco hanno cominciato a bere. Non va bene. Ma che posso fare io più che farglielo notare? Hanno sbagliato a fare casino. Ma succede spesso che chiami la polizia e non viene. Poi mandano l’esercito quando è troppo tardi. L’altra notte anche gli italiani lanciavano cose e insultavano gli immigrati”.

“Molti hanno avuto paura”, continua Abdel. “C’è stato il passaparola dopo che quel leghista, come si chiama? Salmini… Salvini, ha detto che bisogna dare la caccia allo straniero di casa in casa. Dieci anni fa anch’io ero un clandestino, ma oggi ho un negozio in regola. Ci vuole rispetto!”, dice mentre ricomincia a mettere in ordine gli scaffali. Poi alza la voce. “Per tutti!”.

I vespri non servono
Maria Grazia Guida conosce bene la situazione di via Padova: è la direttrice della Casa della carità che si trova proprio in fondo alla strada. “Ci vuole rispetto delle diversità e definizione di regole comuni”, dice. “Ma per farlo bisogna individuare le situazioni di disagio”. La sera degli incidenti i ragazzi di 81 diverse nazionalità che sono ospiti qui erano molto agitati. “Via Padova evoca degrado e paura, le persone che ci vivono si sentono abbandonate dalle istituzioni”, spiega Guida. “Eppure le persone hanno legami stretti. È un aspetto positivo su cui vale la pena di puntare”.

Paolo, un imprenditore milanese che ha l’ufficio nella zona degli scontri, conferma: “Ci sentiamo abbandonati, è evidente che le autorità non hanno un piano per affrontare realtà complesse come quella di questo quartiere. Abbiamo formato un comitato per coordinare le associazioni che fanno proposte concrete per migliorare la convivenza. Feste, cucina, diversità che s’incontrano… Speriamo solo che non ci sia una militarizzazione del quartiere. A che servirebbero i ‘vespri padovani’ a Milano?”.

In questi giorni si moltiplicano le dichiarazioni dei politici su via Padova. “Residenti prigionieri degli immigrati!”, dicono alcuni. Ma siamo tutti prigionieri della città. A volte Milano è un carcere per tutti. E, si sa, in carcere non si sta bene e, in assenza di regole, la convivenza diventa incivile. Mihai Mircea Butcovan

da Internazionale