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domenica 21 febbraio 2010

La banda del fare quello che ci pare


Così Berlusconi, Letta e Bertolaso hanno affidato le opere più importanti a un gruppo di costruttori senza scrupoli. Con una cascata di leggi su misura per eliminare ogni ostacolo e ogni controllo

di Fabrizio Gatti
Un casinò da aprire sul dolore dell?Abruzzo. Una sala da gioco autorizzata da una postilla, infilata dentro uno dei decreti per la ricostruzione. Questo stavano progettando gli amici di Guido Bertolaso, 60 anni, capo della Protezione civile e uomo immagine del governo. È l'ultima trovata della banda della maglietta: una volta c'era la banda della Magliana, adesso nella capitale dominano gli uomini con la t-shirt delle emergenze.

Diego Anemone, 39 anni, il costruttore tuttofare arrestato il 10 febbraio, voleva trasformare il Salaria sport village di Roma in una piccola Las Vegas. Poker e slot machine di ultima generazione. Quelle in cui infili i numeri della carta di credito o del bancomat e vai avanti a giocare fino a quando il conto è prosciugato. Erano sistemi vietati. Poi Silvio Berlusconi ha firmato il decreto, convertito il 24 giugno 2009 nella legge 77. E via, con la scusa di finanziare la rinascita a L'Aquila grazie a una tassa una tantum di 15 mila euro a macchinetta, ecco inventata una nuova fonte di guadagno. C'è sempre un provvedimento d'urgenza, un'ordinanza pronta quando qualcuno della banda si fa prendere la mano dalle deroghe o dagli abusi.

È davvero straordinario il sottosegretario Bertolaso, come i suoi poteri che la Procura di Firenze ha ora messo sotto inchiesta. Sembra che in Italia non ci siano più alternative al suo modo spaccone di gestire gli appalti, i cittadini, il codice civile e quello penale. Se ne sta lì in mezzo al sistema solare della Tangentopoli 2. Praticamente intoccabile. Protetto dall'affetto di Gianni Letta e Francesco Rutelli. Amato nel Pdl, nel Pd e in Vaticano. Cercato, riverito da questa drammatica corte di imprenditori, massoni, paramafiosi, progettisti e puttanieri che stanno spolpando le casse dello Stato. Come hanno fatto in Sardegna, a forza di prezzi gonfiati e ritocchi in corso d'opera: quanto sarebbero utili i soldi sprecati alla Maddalena, oggi che da Porto Torres a Cagliari aumentano i disoccupati e nessuno sa come riaccendere l'economia.


Dalla scuola dei sottufficiali dei carabinieri a Firenze ai laboratori con i virus letali dell'Istituto Spallanzani a Roma, finiti in una interrogazione in Senato: «Sono state rispettate le norme antisismiche?», chiede pochi mesi fa Domenico Gramazio (Pdl). Perché se crolla, scappano i virus. E lui, il Guido nazionale, può beatamente dire che va tutto bene, che non si è accorto di nulla. Può perfino permettersi, senza perdere il posto, di negare la partecipazione della Protezione civile a una esercitazione internazionale, finanziata dall'Unione Europea: l'unica organizzata in Calabria negli ultimi anni, in una delle regioni sismiche più pericolose al mondo. Quando la Commissione europea viene a sapere che i soccorritori di Bertolaso non ci saranno, annulla l'esercitazione. Una figura pazzesca per l'Italia. A tutt'oggi nessuno ha mai più valutato se le prefetture, i Comuni, gli ospedali calabresi siano in grado di gestire l'emergenza dopo una catastrofe. Niente male per l'uomo che pochi giorni fa è volato ad Haiti e dalla capitale rasa al suolo dal terremoto ha accusato di incapacità il governo degli Stati Uniti.

Il viaggio nel mondo infallibile di Guido Bertolaso, fresco di riconferma, può cominciare proprio da qui: via Miraglia 10, prefettura di Reggio Calabria. Nel 2008 si celebra l'anniversario del terremoto del 28 dicembre 1908: 80mila vittime a Messina e provincia, 15mila a Reggio. Da duecento anni la terra sullo Stretto trema dopo un secolo di silenzio sismico. Il dipartimento di Bertolaso dovrebbe per legge verificare la preparazione di Comuni, Regioni e prefetture, coordinare le esercitazioni, aiutare gli enti locali a predisporre i piani, correggere le lacune. Il 27 luglio 2007 il professor Mauro Dolce, direttore per la Protezione civile dell'Ufficio prevenzione e mitigazione del rischio sismico, spedisce in Calabria lo 'scenario di danno', nel caso si ripetesse oggi una catastrofe come quella del 1908. I dati vengono ricavati dal Sistema informativo per la gestione dell'emergenza, un archivio che tiene conto della qualità degli edifici. Il bilancio è terrificante: 325.247 persone coinvolte dai crolli, 335.699 senzatetto. Un altro calcolo, tenuto nei cassetti degli uffici di Bertolaso, prevede 112.312 morti.

L'anno successivo è il momento delle commemorazioni storiche. Ed è anche l'occasione per verificare il sistema dei soccorsi: viene messa in agenda l'esercitazione Ermes 2008. La Commissione europea sceglie il progetto di Reggio per collaudare su vasta scala l'integrazione internazionale tra i diversi corpi di protezione civile. Si fanno riunioni a Bruxelles, si firmano accordi. Il prefetto, Antonio Musolino, però deve insistere con Bertolaso. E lui il 6 agosto 2008 gli risponde con una lettera di ghiaccio: «Nel comunicarti che questo Dipartimento non prenderà parte alle successive attività organizzative ed operative, non mi resta che augurarti un proficuo avanzamento dei lavori... previsti dal progetto, che mi auguro possa avere la giusta rilevanza in ambito locale», scrive Bertolaso. Ambito locale? E la Commissione europea? Il capo dipartimento se la prende con il prefetto Musolino «per il quadro economico progettato dalla tua struttura, che non risulta modificabile». Questione di soldi. Il capo della Protezione civile nazionale vuole essere al centro dell'organizzazione.

Il 3 settembre Hervé Martin, capo unità della Commissione europea, prende atto che senza gli uomini di Bertolaso l'esercitazione non sarebbe più realistica: «La Commissione comprende la perdita di tempo risultata dalle negoziazioni senza successo con il dipartimento di Protezione civile...», scrive Martin. Bruxelles cancella la partecipazione dei Paesi della Ue. E pure i finanziamenti. La prova viene rinviata dall'estate a dicembre. Ma resta limitata alla catena di comando locale. Niente mobilitazione sul campo dei soccorritori italiani e stranieri. Niente coinvolgimento dei cittadini, delle scuole, degli ospedali. Nessun piano di emergenza condiviso.

Nel 2008 Bertolaso lascia scadere anche il protocollo di prevenzione tra il suo dipartimento e la Regione Abruzzo. E, mentre nei mesi successivi la terra trema, nessuno ricorda che uno studio ha inserito la prefettura a L'Aquila tra gli edifici a rischio sismico. Infatti il 6 aprile 2009 la prefettura crolla, paralizzando per ore la catena dei soccorsi. Sempre nel 2008 il commissario delegato per il G8, una delle tante cariche che Romano Prodi e Silvio Berlusconi affidano a Bertolaso, deve soprattutto predisporre i cantieri sull'isola della Maddalena. È la grande abbuffata di soldi pubblici che il 10 febbraio porta in cella con l'accusa di corruzione quattro uomini della 'banda della maglietta'.

Oltre all'amico Diego Anemone, gli altri sono: Angelo Balducci, 62 anni, nel 2008 coordinatore delle strutture di missione e poi presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, Fabio De Santis, 47 anni, prima soggetto attuatore per il G8 e poi provveditore ai Lavori pubblici a Firenze, e Mauro Della Giovampaola, 44 anni, ingegnere cresciuto tra le imprese di Diego Anemone, diventato poi controllore degli appalti di Diego Anemone alla Maddalena e, forse proprio per l'efficacia dei suoi controlli, nel 2009 confermato alla presidenza del Consiglio e nominato responsabile delle opere per i 150 anni dell'Unità d'Italia. Balducci e De Santis vengono nominati negli appalti della Protezione civile su proposta di Bertolaso. Quella di Mauro Della Giovampaola è invece una carriera tutta di corsa. Quando sull'isola della Maddalena 'L'espresso' gli chiede al telefono come possa conciliare il suo passato di sociodella famiglia Anemone con il presente di controllore dei lavori e delle spese degli Anemone, l'ingegner Della Giovampaola si appella all'etica professionale. Poi chiama Angelo Balducci e lo aggiorna della telefonata. I carabinieri del Ros li registrano.

Nel dicembre 2008 'L'espresso' con uno stratagemma entra nei cantieri del G8 coperti dal segreto di Stato. È la prima inchiesta giornalistica sulla rete Bertolaso- Balducci-Anemone. A Roma piove da giorni. Il Tevere è in piena. La sera di venerdì 12 il capo della Protezione civile si fa intervistare dalle tv. Sullo sfondo le luci della capitale si riflettono nel gonfiore del fiume. Alcuni ponti sono chiusi da ore dopo che i barconi-ristorante si sono incastrati sotto le arcate. «La grande criticità», dice Bertolaso, «non è rappresentata dalla piena del Tevere, che passerà nel corso della notte in maniera controllata, ma da alcuni imbecilli che non hanno ancorato bene i barconi sul fiume». Il capo della Protezione civile sa bene che il Tevere, come tutti i fiumi, ha bisogno di zone di espansione. Servono a rallentare le piene, a evitare che l'acqua allaghi le città. Una di queste aree di protezione è all'ingresso di Roma, quartiere Settebagni. Anzi era. Perché quello è il terreno vincolato a uso agricolo su cui Diego Anemone ha costruito i nuovi impianti del Salaria sport village, sfruttando le ordinanze proposte a Berlusconi dall'amico Bertolaso per i mondiali di nuoto 2009. La palazzina, la piscina olimpionica coperta e la sala del futuro casinò sono ora sotto sequestro. Ma nel dicembre 2008 i muratori lavorano ancora giorno e notte. Tranne nei giorni della piena: il cantiere finisce sott'acqua. Bertolaso è socio del Salaria sport village. È lì quasi ogni settimana a farsi massaggiare la schiena. È perfino un pubblico ufficiale con obbligo di denuncia. Il suo amico Diego Anemone sta violando tutte le norme urbanistiche e paesaggistiche. Italia nostra e il circolo locale del Pd denunciano da mesi gli abusi.

Il vicepresidente del quarto municipio di Roma, Riccardo Corbucci, 31 anni, tra i più impegnati e informati nella battaglia di quartiere, qualche mese dopo verrà addirittura pedinato e filmato da due persone in scooter. Un modo per provare a spaventarlo e fermare i ricorsi al Tar, che invece vanno avanti. Eppure l'attento Guido nazionale non vede nulla di irregolare tra gli affari dei suoi amici. Anzi il 30 giugno 2009, sei giorni dopo la conversione in legge del decreto per l'Abruzzo e per le nuove slot machine, Bertolaso propone e Berlusconi firma l'ordinanza 3787 della presidenza del Consiglio. Gli amici sono salvi: gli impianti privati vanno equiparati a quelli pubblici e gli abusi, se approvati dal Comune di Roma, diventano legali. Molte strutture, compresa quella di Anemone, restano sotto sequestro dopo le prime perquisizioni chieste mesi fa dalla Procura di Roma. Ma almeno le piscine possono essere usate per gli allenamenti durante i mondiali. Ci sono gli affitti e i compensi della federazione da incassare.

Passata la piena del Tevere di fine 2008, il 23 dicembre Bertolaso sale a Parma per una scossa di terremoto. Il 24 torna a Roma e incontra Balducci per decidere come rispondere all'inchiesta giornalistica de 'L'espresso' uscita il giorno prima. «Il dottor Guido Bertolaso», fa scrivere qualche ora dopo il capo all'ufficio stampa della Protezione civile, «ha ricevuto dall'ingegner Balducci una relazione che ribadisce la regolarità delle procedure seguite ed esclude qualsiasi legame familiare con imprese impegnate nella realizzazione delle opere». Bertolaso ovviamente non dice di avere concordato con Balducci una menzogna. È quello che scoprono poco dopo i carabinieri del Ros quando sentono Balducci spiegare la soluzione a Diego Anemone e a Fabio De Santis: «Nel corso dell'incontro tra il Balducci e il Bertolaso è stato concordato di far predisporre al commercialista Gazzani» una falsa dichiarazione: dovrebbe scrivere una nota da cui risulti inattiva la Erreti film, la società che lega negli affari le mogli di Balducci e di Anemone. Stefano Gazzani, 48 anni, è il commercialista delle due famiglie. Forse proprio in cambio di questo favore Gazzani viene inserito nella commissione di collaudo delle opere alla Maddalena. Un commercialista messo a verificare lavori di ingegneria?

La notizia circola da tempo nei cantieri. Quando per verificarla 'L'espresso' chiede alla Protezione civile l'elenco dei collaudatori, c'è una sorpresa: il commercialista di Balducci non compare. La presenza di Gazzani nella commissione di collaudo emerge soltanto adesso dalle intercettazioni di Mauro Della Giovampaola. Anche i compensi per i collaudi sono un affare. E in quell'elenco, tra i tanti nomi, c'è un'altra storia da raccontare. Quella di Roberto Grappelli. È segretario generale dell'Autorità di bacino del Tevere quando il 31 marzo 2008 firma il parere positivo al progetto di Diego Anemone per l'ampliamento dello Sport Village sul terreno di espansione del fiume. Così, mentre Claudio Rinaldi, altro amico di Balducci e commissario delegato per i mondiali di nuoto, dà il via libera ai lavori nel Salaria sport village, Grappelli cambia vita: collaudatore per il G8 e presidente della metropolitana di Roma.

Il casinò è l'ultima frontiera della banda della maglietta. Sport, massaggi, ristorante, gioco. E tanti ospiti famosi. Come l'amico Guido Bertolaso. Qualche settimana fa la pratica finisce sul tavolo di un concessionario di Lottomatica. L'idea è di installare le Vlt, le macchine mangiasoldi collegate online. «È come connettersi a Internet, si può vincere fino a mezzo milione », spiega uno dei rappresentanti contattati da 'L'espresso': «Abbiamo fatto un sopralluogo con il dottor Travasi, un concessionario di Lottomatica. Il problema è che in uno spazio sotto sequestro non si può aprire un casinò. Nemmeno un minicasinò. La legge non lo consente ». Questo no, almeno per ora.

da L'Espresso

La valle non ha paura. 5000 alla fiaccolata


Appena arrivati al concentramento si percepisce subito la potenza del movimento no-tav: migliaia di persone arrivano dalla valle per una mobilitazione concepita soltanto ieri in solidarietà ai feriti della notte del 17. La gente non smette di confluire per tutto il percorso della fiaccolata fino a raggiungere più di 5000 persone. Determinati, lucidi, consapevoli della gravità di quanto accaduto ma soprattutto degni nella loro rabbia contro la violenza bestiale dei militari e quella fredda e calcolata della macchina mediatica. Passando a fianco alla ferrovia, il treno in transito suona incessantemente la sirena, a testimoniare la vicinanza dei lavoratori del settore alla gente e la giustezza di questa lotta. Sfiliamo davanti agli uffici di una delle ditte che eseguono i lavori, Perino dal camion invita alla calma ma forse non ce n'è neanche bisogno. Sono distanti anni luce da come la stampa li dipinge, forti della bontà del loro modo di agire la resistenza, pacifici ma non per questo passivi, come hanno dimostrato l'altra sera. Non ci sono “anarco-insurrezionalisti, anarco-squatter, ex-terroristi”, sempre in bocca ai cronisti de La Stampa, solo un mare di giovani, anziani, uomini, donne e tanti piccoli meravigliati dal fiume di fiaccole (come dar loro torto), non ci sono bandiere se non quelle biancorosse. La testa del corteo, che si dirige alla sala dove si terrà in serata il dibattito su mafia e strategia della tensione, presenta una novità: la foto del volto di Marinella in ospedale, irriconoscibile, gli occhi gonfi e lividi, il naso e la testa spaccati. La sua voce dal sound system in collegamento telefonico ci rincuora, pensiamo a Simone e siamo sollevati per lo scioglimento della prognosi, ben 20 giorni che rappresentano comunque un sollievo rispetto alle paure delle prime ore.

Lasciata alle spalle la brutalità delle ultime settimane, si pensa ai prossimi carotaggi da bloccare dopo la pausa delle ditte che eseguono i lavori. Per ora hanno fatto mandare a casa i loro fedeli macellai, le elezioni incombono e il sangue stona con i rassicuranti proclami che vengono da Roma. Quando torneranno, li troveranno ad accoglierli, più forti di prima, con Simone e Marinella in prima fila, in forma smagliante.

A sarà dura!

da Infoaut

UN CIMITERO CHIAMATO MEDITERRANEO

Morire di frontiera. Accade da vent'anni lungo i confini dell'Europa. Sono soprattutto naufragi, ma non mancano incidenti stradali, morti di stenti nel deserto come tra le nevi dei valichi montuosi, piuttosto che uccisi da un'esplosione negli ultimi campi minati in Grecia, dagli spari dell'esercito turco o dalle violenze della polizia in Libia. Fortress Europe è una rassegna stampa che dal 1988 ad oggi fa memoria delle vittime della frontiera: 14.937 morti documentate, tra cui si contano 6.475 dispersi.
Nel Mar Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico verso le Canarie sono annegate 10.939 persone. Metà delle salme (6.475) non sono mai state recuperate. Nel Canale di Sicilia tra la Libia, l'Egitto, la Tunisia, Malta e l'Italia le vittime sono 4.183, tra cui 3.059 dispersi. Altre 138 persone sono morte navigando dall'Algeria verso la Sardegna. Lungo le rotte che vanno dal Marocco, dall'Algeria, dal Sahara occidentale, dalla Mauritania e dal Senegal alla Spagna, puntando verso le isole Canarie o attraversando lo stretto di Gibilterra, sono morte almeno 4.507 persone di cui 2.302 risultano disperse. Nell'Egeo invece, tra la Turchia e la Grecia, ma anche dall'Egitto alla Grecia, hanno perso la vita 1.369 migranti, tra i quali si contano 824 dispersi. Infine, nel Mare Adriatico, tra l'Albania, il Montenegro e l'Italia, negli anni passati sono morte 603 persone, delle quali 220 sono disperse. Inoltre, almeno 624 migranti sono annegati sulle rotte per l'isola francese di Mayotte, nell'oceano Indiano. Il mare non si attraversa soltanto su imbarcazioni di fortuna, ma anche su traghetti e mercantili, dove spesso viaggiano molti migranti, nascosti nella stiva o in qualche container, ad esempio tra la Grecia e l'Italia. Ma anche qui le condizioni di sicurezza restano bassissime: 153 le morti accertate per soffocamento o annegamento.

Per chi viaggia da sud il Sahara è un pericoloso passaggio obbligato per arrivare al mare. Il grande deserto separa l'Africa occidentale e il Corno d'Africa dal Mediterraneo. Si attraversa sui camion e sui fuoristrada che battono le piste tra Sudan, Chad, Niger e Mali da un lato e Libia e Algeria dall'altro. Qui dal 1996 sono morte almeno 1.691 persone. Ma stando alle testimonianze dei sopravvissuti, quasi ogni viaggio conta i suoi morti. Pertanto le vittime censite sulla stampa potrebbero essere solo una sottostima. Tra i morti si contano anche le vittime delle deportazioni collettive praticate dai governi di Tripoli, Algeri e Rabat, abituati da anni ad abbandonare a se stessi gruppi di centinaia di persone in zone frontaliere in pieno deserto

In Libia si registrano gravi episodi di violenze contro i migranti. Non esistono dati sulla cronaca nera. Nel 2006 Human rights watch e Afvic hanno accusato Tripoli di arresti arbitrari e torture nei centri di detenzione per stranieri, tre dei quali sarebbero stati finanziati dall'Italia. Nel settembre 2000 a Zawiyah, nel nord-ovest del Paese, vennero uccisi almeno 560 migranti nel corso di sommosse razziste.

Viaggiando nascosti nei tir hanno perso la vita in seguito ad incidenti stradali, per soffocamento o schiacciati dal peso delle merci 359 persone. E almeno 208 migranti sono annegati attraversando i fiumi frontalieri: la maggior parte nell'Oder-Neisse tra Polonia e Germania, nell'Evros tra Turchia e Grecia, nel Sava tra Bosnia e Croazia e nel Morava, tra Slovacchia e Repubblica Ceka. Altre 112 persone sono invece morte di freddo percorrendo a piedi i valichi della frontiera, soprattutto in Turchia e Grecia. In Grecia, al confine nord-orientale con la Turchia, nella provincia di Evros, esistono ancora i campi minati. Qui, tentando di attraversare a piedi il confine, sono rimaste uccise 92 persone.

Sotto gli spari della polizia di frontiera, sono morti ammazzati 237 migranti, di cui 37 soltanto a Ceuta e Melilla, le due enclaves spagnole in Marocco, 50 in Gambia, 77 in Egitto - di cui 47 alla frontiera con Israele - e altri 32 lungo il confine turco con l'Iran e l'Iraq. Ma ad uccidere sono anche le procedure di espulsione in Francia, Belgio, Germania, Spagna, Svizzera e l'esternalizzazione dei controlli delle frontiere in Marocco e Libia. Infine 41 persone sono morte assiderate, viaggiando nascoste nel vano carrello di aerei diretti negli scali europei. E altre 31 hanno perso la vita tentando di raggiungere l'Inghilterra da Calais, nascosti nei camion o sotto i treni che attraversano il tunnel della Manica, oltre a 12 morti investiti dai treni in altre frontiere e 3 annegati nel Canale della Manica.

da FortressEurope

Ferrara - Marocchino morto per strada "Era straniero, nessuno l'ha soccorso"

Marocchino morto per strada Il necrologio scuote Ferrara

Sahid Belamel
ROMA -"Ci ha lasciato nell'indifferenza generale dei passanti la mattina di domenica 14 febbraio, festa di San Valentino. Abbandonato in agonia in via Colombo, è morto di freddo". Il necrologio di Sahid Belamel, il venticinquenne di cittadinanza marocchina, immigrato clandestino, morto a Ferrara, è stato pubblicato stamane nella prima pagina della Nuova Ferrara con l'intento di "svegliare le coscienze", spiega il direttore del quotidiano, Paolo Boldrini.
E sembra averlo fatto sul serio, a giudicare dalle lettere e dalle telefonate giunte in redazione. La città è scossa, e sono probabilmente in tanti a chiedersi, come fa il sindaco Tiziano Tagliani, "Se questo è un uomo", e su quale china stia scivolando Ferrara, certo non diversa né peggiore da tante altre città italiane.

Ad aver ucciso Sahid, trovato morto sul ciglio di una strada dopo una notte in discoteca, trascorsa insieme a un gruppo di persone che lo hanno abbandonato nonostante stesse male, non è stato probabilmente il razzismo, e forse neanche il fatto che fosse clandestino. Questa condizione, certo, potrebbe aver influito sulla decisione dei suoi 'amici' di abbandonarlo al suo destino, dopo una frettolosa chiamata a un taxi che non è mai arrivato, o che, se è arrivato, non lo ha preso a bordo.

"Se qualcuno dei presenti sapeva la sua condizione avrà preferito andarsene, perché se hai a che fare con un clandestino e pure tu lo sei o semplicemente sei un immigrato questo ti creerà dei danni: quando arriva la polizia ti chiederanno i documenti... avrai dei guai. E? una delle cause più tragiche della legislazione attuale che criminalizza i clandestini. Non si possono accogliere, non si possono aiutare, si rischia troppo", scrive don Domenico Bedin, sacerdote di "frontiera" che si occupa dei problemi di immigrazione e gestisce un'associazione per la prima accoglienza di chi si trova in difficoltà.

Sahid è però soprattutto una vittima dell'indifferenza: "Quello che sappiamo per certo, che le telecamere hanno ripreso - spiega Boldrini - è che il ragazzo si trascinava, barcollava. Le macchine sfrecciavano, una però si è fermata, ma poi ha accelerato. Non credo che il conducente lo abbia fatto per razzismo, c'era buio, neanche lo avrà visto bene. Il ragazzo si era tolto i vestiti, perché era caduto nel canale, si era bagnato e si era dovuto spogliare". Era nudo, barcollava: i più avranno preferito evitare problemi, o semplicemente scocciature: "Difficile immaginare l?a ssideramento o l?estrema necessità di soccorso alle prime ore del giorno della domenica di uno sventurato che cade nel canale sbronzo e che per salvarsi si spoglia... se vieni da un letto caldo o smonti da una notte di lavoro. Per capire tutto questo è necessario fermarsi, ascoltare, perdere tempo, compromettersi, sporcare la macchina, arrivare in ritardo al lavoro o a messa...", scrive ancora don Bedin.

Ecco perché, scrive mons.Paolo Rabitti, arcivescovo di Ferrara e Comacchio, "anche Ferrara, dopo altre città, entra nel novero delle comunità umane ad alto tasso di disumanità". "Abbiamo pubblicato il necrologio in prima pagina perché è una tradizione della nostra città, come di molte città di provincia - spiega Boldrini - per Sahid non l'aveva chiesto nessuno, e allora l'abbiamo fatto noi, come denuncia, ma anche come omaggio e ricordo".
(rosaria amato)

da Indymedia