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giovedì 11 marzo 2010

Puglia, con la sfida Vendola-Palese qui è finita la seconda Repubblica

Il governatore uscente fa campagna con slogan in rima baciata: è l'unico comunista osannato ad ogni manifestazione. Lo sfidante martella gli elettori con cifre e commi

di CURZIO MALTESE

Nel laboratorio Puglia si vede oggi quello che forse domani sarà la politica italiana. Qui la seconda repubblica è finita il 24 gennaio scorso. Era la notte delle primarie. Con la vittoria di Vendola e la nomina di Rocco Palese a sfidante, in poche ore è crollata a sinistra l'egemonia di D'Alema e a destra è cominciato il dopo Berlusconi. Fuori gioco il Padrone e lo Stratega, senza i quali in Puglia, ancor più che nel resto d'Italia, non si muoveva foglia da quindici anni, che cosa è rimasto sul campo? Una nuova sinistra di guerriglieri mediatici, una vecchia destra di notabili poco telegenici, un centro né nuovo né vecchio a fare da ago della bilancia

Sullo sfondo, un intreccio di affari, scandali e regolamenti di conti fra potentati economici. E il paradosso di una regione da sempre di destra che rischia di finire per la seconda volta nelle mani del più rosso dei governatori.

"In Puglia almeno abbiamo presentato le liste, peccato non il candidato" dicono che ripeta Berlusconi. Questo Rocco Palese, ombroso braccio destro del ministro Raffaele Fitto, questo candidato in grisaglia, noiosamente onesto e antitelevisivo, al premier non è mai andato giù. "Rocco chi?!" aveva urlato in faccia a Fitto, durante un consiglio dei ministri. "Palese, come l'aeroporto" aveva sussurrato l'altro. "Ah, così la gente se lo ricorda" s'era calmato il Cavaliere. Ma pochi giorni dopo, con i manifesti "Palese presidente" già stampati, il premier era tornato alla carica, aveva convocato Fitto e i maggiorenti del partito per dire che "con questo Rocco, come si chiama?, non andiamo da nessuna parte. Per vincere dobbiamo allearci con Casini e appoggiare la Poli Bortone". Ma Fitto si oppose al punto di minacciare una scissione e Berlusconi, per la prima volta, fece lui un passo indietro.

E' partita così la strana sfida fra il Ragioniere e il Poeta, secondo la reciproca definizione. Dove il Ragioniere sta per Palese e il Poeta allude naturalmente a Vendola, il "poeta di Terlizzi", e ad altro. Come si evince dalla greve traduzione del terzo incomodo, Adriana Poli Bortone: "Vuoi vedere che fra un ragioniere e un diverso, stavolta ai pugliesi può piacere una donna?". Tanto per dire del livello.

Il duello fra Vendola e Palese è lo spettacolare rovesciamento degli stilemi che hanno dominato la seconda repubblica. E' la sinistra che detta l'agenda e si diverte, sfrutta l'abilità mediatica, ricorre al populismo, inventa una trovata dopo l'altra, ribalta le accuse in punti di forza. La destra irride al Poeta di Terlizzi? E Vendola risponde con una campagna fatta di slogan, una ventina, tutti in rima baciata. "Si tratta di far mancare il terreno sotto i piedi alla propaganda avversaria" spiega Giovanni Sasso, capo dei trentenni creativi dell'agenzia ProForma, che cura la campagna di Vendola. Lo stesso che ha inventato gli slogan poetici, le videolettere e l'esilarante "mago pidiello" che spopola da settimane su Youtube. La destra è costretta a inseguire, a dire "anche noi siamo contrari al nucleare", "anche noi non vogliamo la privatizzazione dell'Acquedotto pugliese". "Ma l'avete detto a Berlusconi, a Fitto e al governo?" è la facile replica di Vendola.

Quando si va sul territorio, come si dice, sembra di assistere al confronto non fra candidati, ma fra epoche storiche. Incrocio la campagna di Vendola e Palese per la prima volta a Taranto, la più cinica e indolente piazza politica d'Italia. L'arrivo del ciclone Nichi è una scarica d'adrenalina, si bloccano le strade del centro nuovo e perfino della città antica, che è un deserto di palazzi disabitati, percorsi ormai soltanto da bande di spacciatori. Il governatore stringe centinaia di mani, più che un comunista sembra un senatore dell'Illinois. Nelle stesse ore la convention di Palese si svolge nel lussuosissimo Hotel Histò a Mare Piccolo, in un salone dove si raccoglie la vecchia nomenclatura cittadina, ampie nuche democristiane, età media sulla sessantina. Al tavolo di presidenza spicca la pittoresca figura di Giancarlo Cito, ex sindaco e senatore, condannato per mafia, il proto Berlusconi di Taranto che già negli Ottanta faceva politica con le tv e le squadre di proprietà. E a Palese fa pure la lezione: "Ricordati che la battaglia politica si vince sui media".

Scene simili a Foggia, a Barletta, a Brindisi. Nel Salento, dove la macchina del Pd è ancora nelle salde mani di Baffino, i dalemiani sfottono: "Stasera parla Vendola in piazza, portatevi i fazzoletti". Ma poi le piazze sono piene e la gente piange davvero. Ironizzano pure i berlusconiani sul loro candidato: "Stasera c'è Palese, portate le calcolatrici". E alla sera, al centro congressi, la gente sbadiglia di fronte all'alluvione di cifre da ordinanza regionale, "di cui al comma...".

Il maggior vanto e merito di Palese sta proprio nell'opposizione testarda, meticolosa, da ragioniere secchione ma galantuomo, che ha guidato per cinque anni in consiglio regionale. Non senza ragione, viste le inchieste della magistratura. Il guaio è che la vena moralizzatrice della destra si è fermata al nome del candidato presidente e all'epurazione delle escort, tornate a popolare le notti di corso Vittorio. Per il resto le liste pulite qui non sono pervenute. A destra spicca il nome di Tato Greco, genero dei Matarrese, socio e amicissimo di Giampaolo Tarantini, già sponsor di Patrizia D'Addario. Per proseguire con Francesco Pistilli, ex sindaco di Acquaviva, condannato l'anno scorso per corruzione. Anche la Poli Bortone vanta in lista nientemeno che il ripescaggio di Cosimo Mele, l'ex deputato Udc sorpreso il 27 luglio 2007, in un albergo di via Veneto, nel mezzo di un'orgia a base di cocaina con un paio di prostitute. Oggi è in giro per le parrocchie del brindisino a spiegare il valore della famiglia.

Nel centrosinistra ha fatto discutere, per opposti motivi, la candidatura a capolista dell'Idv di Lorenzo Nicastro, magistrato titolare per nove anni delle inchieste su Fitto e Angelucci. Attaccato dalla destra come "evidente caso di barbara commistione fra politica e giustizia". Difeso a spada tratta da Di Pietro, meno dal Pd e da Vendola, quasi per niente dall'Associazione nazionale dei magistrati. La civile idea che non si debbano candidare in lista delinquenti, corrotti e inquisiti, ma neppure i magistrati che li hanno indagati fino al giorno prima, pare minoritaria anche nei laboratori della Terza Repubblica. "Come sembrano minoritari i problemi concreti" obietta Alessandro Laterza, presidente degli industriali baresi. "In fondo si parla molto della personalità dei candidati, di chi c'è e di chi manca nelle liste. Ma che cosa vogliono fare nella sanità, che rappresenta l'80 per cento del bilancio regionale e il 90 per cento degli scandali, nessuno l'ha ancora ben chiarito. E alla prossima puntata Vendola non potrà più dire che alla sanità ha dovuto accettare l'assessore voluto da D'Alema. Stesso discorso per i miliardi dei fondi europei, gli ultimi, l'ultima occasione per rilanciare l'economia della regione".

Sono tutti d'accordo nel dire che la battaglia fra il rock Vendola e il lento Palese si deciderà nel Salento, dove Poli Bortone rischia di togliere molti voti al centrodestra, e soprattutto a Bari. Qui Vendola e il sindaco Michele Emiliano hanno siglato sabato scorso una spettacolare pace, dopo mesi di conflitti. Si vocifera di un accordo già trovato fra i due per fare in modo che sia Emiliano il successore di Vendola, in caso di vittoria. Fra cinque anni o forse molto prima. Dipende da quando finirà la seconda repubblica anche nel resto d'Italia.

http://www.repubblica.it

Il popolo viola contro Berlusconi

Un movimento su internet lancia un appello per difendere la democrazia in Italia, racconta Miguel Mora su El País.

È noto a tutti che l’Italia è quel posto molto bello in cui convivono senza problemi il peggio e il meglio, il sublime e il marcio. In mancanza di un’opposizione degna di tale nome, la rivolta democratica contro le abitudini autoritarie e la valanga di leggi su misura di Silvio Berlusconi non poteva che essere virtuale e nascere in rete.

Qui è nato il popolo viola, che in questi mesi ha conquistato 236mila fan su Facebook. Se andate a controllare adesso la pagina probabilmente le adesioni saranno molte di più. Il fenomeno cresce secondo dopo secondo, con circa trenta nuovi iscritti ogni cinque minuti.

Una nuova marcia su Roma
Tutto ha avuto inizio a dicembre, con il No B Day (il giorno del no a Berlusconi), una nuova e diversa marcia su Roma a cui hanno partecipato circa due milioni di persone. Tre mesi dopo il movimento, caotico ma rinfrescante per un’opinione pubblica anestetizzata, è tornato in piazza ormai da quattro giorni per protestare contro il tentativo di frode del governo, che il 5 marzo ha approvato un decreto salvaliste per le regionali per riammettere le liste del Popolo della libertà (Pdl) escluse per vizi di forma.

L’8 marzo il tribunale amministrativo del Lazio si è detto contrario alla riammissione delle liste del Pdl, che ha presentato nuove liste approfittando del decreto. I giovani del popolo viola hanno definito questa giornata come “il giorno in cui è morta la democrazia italiana” e continuano a chiedere spiegazioni a Berlusconi e al presidente della Repubblica per la loro firma del decreto.

L’obiettivo del movimento, come affermato su Facebook, continua a essere la difesa della democrazia e della costituzione e le dimissioni di Berlusconi. Ma l’attualità comanda e la capacità di informare e unire gli scontenti vola alla velocità di internet.

Pagine come San Precario Revolution, La Costituzione non è una puttana o Resistere al regime (8.400 iscritti) dimostrano che i viola vogliono demolire la cultura che paralizza il paese: la partitocrazia, la mafia (per il 13 è stata convocato il No Mafia Day in Calabria), la gerontocrazia, i sindacati, il Vaticano, la corruzione, il precariato. Un po’ come Berlusconi, ma al contrario, hanno finito per dividere il mondo in due: onesti e amorali.

Un’alternativa ai mali italiani?
In questa fase di entusiasmo e di brainstorming collettivo il popolo viola offre soprattutto occasioni di sfogo e informazione. Pubblica vignette e link a video critici e satirici; lancia appelli al boicottaggio delle aziende che fanno pubblicità sulle televisioni di Berlusconi; cerca rifugio nei classici (“Il pastore cerca sempre di convincere il gregge che l’interesse delle pecore ed il proprio siano gli stessi”, Stendhal) e guarda al futuro con ambizione: “Gli ingredienti ci sono già tutti, disordinatamente sparsi e talvolta invisibili, la magia che fa la differenza consiste nel farli connettere, aggregare e creare la nuova dimensione di civiltà”, è l’arringa di Gianni Webstep.

Sarà il cosmopolita, dinamico, antipolitico e amorfo popolo viola un’alternativa reale ai mali italiani? Finirà per essere fagocitato da un’opposizione conformista e incapace di superare il suo panico? Come reagirà Berlusconi? Difficile saperlo. Come diceva Indro Montanelli: “Gli italiani sono sempre pronti a fare la rivoluzione, purché i carabinieri siano d’accordo”. Ma i viola hanno un merito. Si sono ribellati contro il clima di nepotismo, ipocrisia, corruzione e disprezzo delle regole. E non hanno ancora finito per soccombere all’invincibile triumvirato casta-chiesa-televisione.

L’articolo originale:
El Pueblo Violeta contra Berlusconi

da Internazionale

Bologna, 11 marzo 1977: Francesco Lorusso ucciso dai carabinieri


La mattina dell'11 marzo 1977 a Bologna, in seguito a un contrasto sorto nell'Istituto di Anatomia fra alcuni militanti del movimento e il servizio d'ordine di Comunione e Liberazione, i giovani del gruppo cattolico si barricano all'interno di un'aula, invocando l'intervento delle forze di polizia.

Appena giunti sul posto, con mezzi spropositati, i carabinieri si scagliano contro gli studenti di sinistra intenti a lanciare slogan. La carica fa subito salire la tensione. Nel corso degli scontri successivi, che interessano tutta la zona universitaria, Francesco Lorusso, 25 anni, militante di Lotta Continua, viene raggiunto da un proiettile mentre sta correndo, insieme ai suoi compagni, per cercare riparo. Muore sull'ambulanza, durante il trasporto in ospedale. Alcuni testimoni riferiranno di aver visto un uomo, poi identificato nel carabiniere ausiliario Massimo Tramontani, esplodere vari colpi, in rapida successione, poggiando il braccio su un'auto per prendere meglio la mira. Lo sparatore, arrestato agli inizi di settembre e scarcerato dopo circa un mese e mezzo, sarà in seguito prosciolto per aver fatto uso legittimo delle armi.
Quando si diffonde la notizia dell'assassinio, migliaia di persone affluiscono all'Università. Dopo che il corteo, partito nel pomeriggio, viene disperso da violente cariche, una parte dei manifestanti occupa alcuni binari della stazione ferroviaria, scontrandosi con la polizia, mentre altri si dirigono verso il centro della città e sfogano la propria rabbia anche infrangendo le vetrine dei negozi. Le iniziative di protesta dei giorni successivi sono duramente represse. Numerosi i fermi e gli arresti. Finiscono in carcere, tra gli altri, i redattori di Radio Alice, emittente dell'area dell'Autonomia Operaia chiusa dalla polizia armi alla mano. [NOTA: a tale proposito, vedi l'articolo "le ultime voci di Radio Alice"].
I fatti di Bologna caricano di tensione l'imponente corteo nazionale contro la repressione che si svolge il 12 marzo a Roma. Bottiglie molotov vengono lanciate contro sedi della DC, comandi di carabinieri e polizia, banche, ambasciate. Gli scontri nelle strade sono violenti, e in alcuni casi si svolgono a colpi di arma da fuoco.
Ai compagni, ai familiari e agli amici di Lorusso si impedisce intanto di svolgere il funerale in città e di allestire la camera ardente nel centro storico, mentre il contatto ricercato dai militanti del movimento con i Consigli di Fabbrica e la Camera del Lavoro è reso difficile dalla posizione intransigente assunta dalle organizzazioni della sinistra storica. La frattura con il PCI raggiunge il suo apice nella manifestazione contro la violenza, organizzata per il 16 marzo a Bologna dai sindacati confederali, con la partecipazione, tra gli altri, della DC, partito che il movimento aveva indicato quale principale responsabile dell'assassinio. In quell'occasione al fratello di Francesco fu vietato l'intervento dal palco.

(Dal libro "In Ordine Pubblico" di autori vari - 2003 - curato da Paola Staccioli - Editore Associazione Walter Rossi )

da Indymedia

ALMAMEGRETTA - SANACORE



ALMAMEGRETTA - SANACORE

Io quanne me ‘nzuraje ero guaglione
uÈ comm’era sapurita la mogliera
la primma notte che me ce cuccaje
nÈ a me venette ‘o friddo e a essa ‘a freva

freva e friddo tengo quanno sto vicino a te
m’abbrucia ‘a pelle quanno sto vicino a te

la siconda notte che me ce ccucaje
uÈ a me passaje ‘o friddo e a essa ‘a freva
bella figliola comme ve chiammate
nÈ me chiammo sanacore e che vulite

saname stu core oi nÈ stanotte voglio a te
songo ‘nnammurato ‘e te
saname stu core ca mo sta malato ‘e te
stanotte voglio a te

io me chiammo sanacore e che vulite

nun me ne ‘mporta ‘e chi me dice ca te tene
int’ ‘a sti ccose nun se prumette nun se mantene
nun se prumette maje nun se mantene maje
pecchÈ si guardo ll’uocchie tuoje veco che abbruciano
‘e passione comme ‘e mieje
si t’abbrucia ‘o stesso fuoco ca me sta abbrucianno a me
tu stanotte si d’a mia pecchÈ pure tu si ‘nnamurata ‘e me

uÈ sanatamillo ‘o core si putite
e si nun putite vuje m’ ‘o sana n’ato
nÈ uÈ sanamillo a me sanamillo a me
uÈ ‘o core nunn’ ‘o sano alli malati

nun me ne ‘mporta ‘e chi me dice ca te tene
int’ ‘a sti ccose nun se prumette nun se mantene
nun se prumette maje nun se mantene maje
pecchÈ si guardo ll’uocchie tuoje veco che abbruciano
‘e passione comme ‘e mieje
si t’abbrucia ‘o stesso fuoco ca me sta abbrucianno a me
tu stanotte si d’a mia pecchÈ pure tu si ‘nnamurata ‘e me