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venerdì 26 marzo 2010

Frutto del nostro lavoro

di Nichi Vendola
Leggo irretito le dichiarazioni del Premier su un quotidiano di oggi in merito alla marcia indietro del Governo sul nucleare: ‘Partiamo dalla Puglia per chiarire che la regione non ha bisogno di una centrale nucleare perché è già energeticamente autosufficiente’: ha detto. Ne deduco che, forse involontariamente, Berlusconi ha rivolto i suoi personali complimenti alla mia Giunta per il lavoro svolto nella produzione di energia pulita.
Perché se oggi la Puglia è ‘energicamente autosufficiente’ il merito è tutto nostro. Basta scorrere i dati relativi al solo fotovoltaico: i 799 kilowatt prodotti qui fino al 2007, sono diventati ad oggi 188.000 kilowatt. Un risultato che, sommato a quelli ottenuti nell’eolico, ha portato la Puglia a essere la prima regione in Italia per produzione di energie rinnovabili e a coprire al 188% il fabbisogno energetico dei pugliesi.
Un lavoro solo frutto della tenacia della mia Giunta visto che le Regioni attendono le linee guida del Governo in materia dal 2003. Noi ci abbiamo creduto: per questo, il risultato di oggi è un riconoscimento alla Giunta Vendola che con lo sviluppo della green economy ha scongiurato una volta per tutte l’istallazione delle centrali nucleari in Puglia.

Un poeta per la Puglia

Il quotidiano francese Le Monde parla delle elezioni regionali in Puglia: “Chi oserebbe usare la parola ‘poesia’ in uno slogan elettorale? Chi si presenterebbe alle elezioni con un orecchino e una fedina al pollice della mano sinistra?”.

“Chi parlerebbe agli elettori della sua omosessualità dichiarata e della sua fede tormentata? Una persona sola: Nichi Vendola, 52 anni, che si ricandida come governatore della Puglia ed è il favorito alle elezioni nella sua regione. Cresciuto in una casa dove in cucina c’erano sia la foto di Jurij Gagarin sia quella di papa Giovanni XXIII, Vendola è diventato il simbolo delle vicissitudini dell’ex Partito comunista italiano”.

L’Economist affronta la questione elezioni dal punto di vista dell’informazione: “Le elezioni regionali del 28 e 29 marzo, a detta dello stesso Silvio Berlusconi, saranno un test d’importanza nazionale, una grande prova del nove sulla sua popolarità dopo un 2009 travagliato. Il 20 marzo ha richiamato i suoi sostenitori in piazza a Roma per una grande manifestazione ma il risultato è stato deludente. E l’esito delle elezioni sembra sempre più incerto”.

“In un clima simile ci si potrebbe aspettare dal primo canale della tv pubblica una copertura della vita politica a tutto tondo. Invece il suo unico programma d’informazione politica comincia alle undici di sera e dura cinque minuti. La prima serata è dedicata ai quiz e ai reality show. Lo stesso accade sulle altre due reti Rai e sui canali Mediaset. Non potrebbe risultare più evidente lo stretto controllo che Berlusconi esercita sui mezzi d’informazione”.

da Internazionale

Razzismo: A Treviso niente cous-cous in piazza

Una festa per la pace nel Sahara con il cous cous più grande del mondo da preparare in piazza. Dove? Purtroppo (per gli ideatori) a Treviso. Dove il sindaco Giampaolo Gobbo, leghista erede di Giancarlo Gentilini (quello delle panchine rimosse per non far sedere gli immigrati), ha immediatamente risposto: «Non se ne parla proprio». L'idea era stata del leader della comunità marocchina trevigiana Abdallah Kerzaij, che voleva finire sul Guinness dei primati utilizzando piazza dei Signori, il salotto cittadino. «Non ho ancora ricevuto la richiesta, ma una cosa è certa: in Piazza dei Signori non si fa, possono andare sulle mura», ha detto il sindaco. A dargli man forte è arrivato anche Gentilini, anche se con qualche inaspettata apertura: «In Piazza dei Signori lo escludo, la facciano sulle mura dove abbiamo già organizzato la sagra della salamella. Quando si tratta di specialità culinarie e non di moschee o di burqa non ho problemi, basta che non ci sia di mezzo la religione. Mangiare e bere va sempre bene, tra l'altro il cous cous non l'ho mai assaggiato e sarei anche curioso di farlo». Sulle mura, quelle che «hanno difeso la città dagli invasori».

da Indymedia

Afghanistan, narcotrafficanti sotto contratto Nato?


Impresa privata tedesco-albanese che da anni fornisce servizi logistici alle basi Isaf in Afghanistan, sospettata di traffico internazionale di eroina

di Enrico Piovesana
In Germania è scoppiato uno scandalo - subito silenziato - che rafforza i sempre più diffusi sospetti sul coinvolgimento delle forze d'occupazione occidentali in Afghanistan nel traffico internazionale di eroina - di cui questo paese è diventato, dopo l'invasione del 2001, il principale produttore globale.


Ecolog, servizi alle basi Nato e traffico di eroina. Un servizio mandato in onda a fine febbraio dalla radio-televisione pubblica tedesca Norddeutsche Rundfunk (Ndr) ha rivelato che la Nato e il ministero della Difesa di Berlino stanno investigando sulle presunte attività illecite della Ecolog: multinazionale tedesca di proprietà di una potente famiglia albanese macedone - i Destani, di Tetovo - che dal 2003 opera in Afghanistan sotto contratto Nato, fornendo servizi logistici alle basi militari Isaf dei diversi contingenti nazionali (compreso quello italiano) e all'aeroporto militare di Kabul. E che, secondo recenti informative segrete e rapporti confidenziali ricevuti dalla stessa Nato, sarebbe coinvolta nel contrabbando internazionale di eroina dall'Afghanistan.
"C'è il rischio che sia stata contrabbandata droga, quindi valuteremo se la Ecolog è ancora un partner affidabile per noi", ha dichiarato alla Ndr il generale tedesco Egon Ramms, a capo della Nato Joint Force Command di Brussum, in Olanda.
"Siamo al corrente della questione e stiamo investigando con le autorità competenti", ha confermato un portavoce della Difesa tedesca ai microfoni dell'emittente pubblica.

Dietro l'impresa, il clan albanese-macedone dei Destani. Il servizio della Ndr spiega che già nel 2006 e poi nel 2008, dipendenti della la Ecolog sono finiti sotto inchiesta in Germania con l'accusa di traffico di eroina - centinaia di chili - dall'Afghanistan e di riciclaggio di denaro sporco. E che nel 2002, quando la Ecolog operava in Kosovo al servizio delle basi del contingente tedesco della Kfor, i servizi segreti di Berlino avevano informato i vertici Nato che il clan Destani, strettamente legato ai gruppi armati indipendentisti albanesi (Uck e Kla), controllava ogni sorta di attività e traffico illegale attraverso il confine macedone-kosovaro: dalla droga, alle armi, al traffico di esseri umani.
La Ecolog, che ha la sua sede principale a Düsseldorf (con filiali in Macedonia, Turchia, Emirati Arabi, Kuwait, Stati Uniti e Cina) è stata fondata nel 1998, ed è oggi amministrata, dal giovane Nazif Destani, figlio del capofamiglia Lazim, già condannato a Monaco di Baviera nel 1994 per dettenzione illegali di armi e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Il 90 per cento dei quasi quattromila dipendenti della Ecolog sono albanesi macedoni.

La Ecolog smentisce e fa rimuovere il servizio giornalistico. L'esplosivo servizio della Ndr è stato subito ripreso e amplificato dai mass media tedeschi: dall'emittente nazionale Deutsche Welle al settimanale Der Spiegel.
La reazione della Ecolog è stata immediata e durissima. Thomas Wachowitz, braccio destro di Nafiz Destani, ha bollato come "assurde" e "completamente infondate" le accuse contenute nel servizio, in quanto basate su una "confusione di nomi", e ha chiesto l'intervento della magistratura.
Il 4 marzo, il tribunale federale di Amburgo ha accolto l'esposto della Ecolog, emettendo un'ingiunzione che, senza entrare nel merito del contenuto del servizio giornalistico, impedisce all'emittente Ndr di "sollevare ulteriori sospetti" sull'azienda. La Ndr, dal canto suo, ha dichiarato di ritenere false le argomentazioni della Ecolog e ha annunciato un ricorso contro l'ingiunzione.

da PeaceReporter

La diga che asseta

di Francesco Gastaldon
I rischi del progetto Gibe3, in Etiopia ma con soldi italiani, nell'intervista a Caterina Amicucci, della Campagna per la riforma della Banca mondiale.

Mentre in Italia si manifesta e si organizza un referendum per riaffermare il ruolo centrale dell’acqua come bene comune, in molti Paesi del Sud globale l’acqua e i fiumi stanno diventando un bene sempre più scarso e prezioso. In Etiopia, uno dei Paesi con il reddito pro-capite più bassi al mondo, si sta costruendo la diga Gibe 3, un impianto idroelettrico di dimensioni enormi che rischia di causare danni irreparabili alle vite delle popolazioni della zona. L’impianto sarà realizzato da una azienda italiana (Salini Costruttori) e il governo etiope ha già chiesto un finanziamento milionario al governo italiano (che aveva finanziato l’impianto idroelettrico Gibe 2, sullo stesso fiume).Per ora la Farnesina non si è ancora espressa, aspettando il giudizio delle istituzioni finanziarie internazionali. Proprio per chiedere di non erogare il finanziamento, l’organizzazione italiana Campagna per la Riforma della Banca Mondiale lancia il 23 marzo, all’indomani della Giornata Mondiale dell’Acqua, una campagna di opposizione al progetto Gibe 3. Ne abbiamo parlato con Caterina Amicucci, coordinatrice della campagna.

Perché il governo etiope sta facendo costruire questo impianto?
Gibe 3 fa parte di una strategia particolarmente aggressiva del governo etiope, che punta a sfruttare per intero il patrimonio idrico del Paese, stimato intorno ai 30 mila Mw. Questa potenza supera di moltissimo il fabbisogno energetico dell’Etiopia. La vera logica di una tale strategia, infatti, è la produzione di elettricità per l’esportazione verso i Paesi limitrofi.

Puoi illustrarci brevemente le caratteristiche del progetto Gibe 3?
La diga verrà costruita sul fiume Omo, nel sud dell’Etiopia. Al momento, i lavori per la nuova diga sono al 30% una volta completato l’impianto dovrebbe arrivare a produrre circa 1.870 Mw. Il suo costo si aggirerà intorno ai 2 milardi di dollari. Per questo il governo etiope ha bisogno che intervengano investitori quali la Banca Mondiale, la Banca Europea degli Investimenti e la Banca Africana per poter portare a termine il progetto, affidato alla azienda italiana Salini Costruttori. Noi, ovviamente, ci auguriamo che i soldi non arrivino e che il progetto venga bloccato.

Quali sono le conseguenze di una diga di tali proporzioni?
Il progetto avrà un impatto devastante nella regione della Valle dell’Omo in Etiopia, basti pensare che il flusso del fiume Omo si ridurrà 70%. Alcune comunità locali verranno del tutto cancellate perché saranno private delle loro fonti di sussistenza (il fiume Omo e le sue piene, ndr) e delle risorse necessarie all’agricoltura. Inoltre, il governo etiope non ha previsto alcuna misura di mitigazione dell’impatto, cioè soluzioni alternative per le comunità che vivono nella Bassa Valle dell’OmoUna delle obiezioni comuni è che “le dighe non bloccano l’acqua ma la lasciano fluire il fiume”. Tuttavia il problema è rappresentato dal bacino. Per Gibe 3, il bacino conterrà 11 miliardi di metri cubi d’acqua. E’ stimato che serviranno 5-6 anni per riempire il bacino idrico.
Secondo molti, l’acqua diventerà un bene sempre più raro in Africa a causa di processi di desertificazione e cambiamento climatico.

Qual è dunque il senso di un investimento idroelettrico di questa portata? Gibe 3 non rischia di essere progetto è anche miope dal punto di vista della produzione energetica?
Sì, e purtroppo questo è un punto che hanno in comune molti dei progetti idroelettrici attualmente in corso tutta l’Africa Sub-sahariana, non solo in Etiopia ma anche in Paesi come l’Uganda o la Repubblica Democratica del Congo. Nessuno di questi progetti fa i conti con il fatto che in futuro l’acqua sarà un bene sempre più raro e che tutti gli studi idrogeologici analizzano fenomeni in rapido cambiamento. Spesso, poi, si basano su dati del passato. Quest’anno, ad esempio, non si sono verificate le periodiche esondazioni del fiume Omo, necessarie all’attività agricola, perché nel nord del Paese non è piovuto abbastanza. La strategia energetica dell’Etiopia si basa solamente sulla produzione idroelettrica e non c’è nessuno studio o investimento sulla diversificazione energetica e sull’introduzione di forme alternative di produzione energetica.

Qual è la reazione delle popolazioni sul territorio?
Ci sono vari gruppi attivi sul territorio, che stanno cominciando a far sentire la loro voce e cominciano ad avere credibilità. Oltre ai Friends of Lake Turkana, che sono gli iniziatori del movimento, ci sono vari altri gruppi con cui siamo anche in contatto che stanno facendo un importante lavoro di informazione a livello locale Questo è particolarmente vero in Kenya, dove le comunità stanno dicendo la loro sul loro futuro. Purtroppo in Etiopia la situazione è molto diversa, la situazione politica è molto difficile. Il governo di Meles Zenawi è noto per il suo atteggiamento repressivo e sono state varate nuove leggi che impediscono di fatto il lavoro di gruppi e associazioni di base. A maggio ci saranno anche le elezioni ed è un momento particolarmente teso.

Già in Etiopia i danni saranno enormi. Ma quali le conseguenze a valle della diga?
Il lago Turkana nel nord del Kenya riceve il 90% delle sue acque dall’Omo. Secondo le previsioni, il livello del lago si abbasserà di 10-12 metri. Ci sarà anche un aumento della salinità dell’acqua. Questo sarà molto grave, perché l’acqua del lago è usata per utilizzo potabile, perché si è in mezzo ad un vero e proprio deserto e non c’è altra fonte d’acqua per le comunità. Inoltre, è usata per l’agricoltura, per l’allevamento, per la pesca. Con il cambiamento della quantità e della qualità dell’acqua le 300 mila persone che vivono in una vastissima regione rimarranno senza la principale fonte di acqua. Le attività di pesca, che danno reddito direttamente e indirettamente a 100 mila circa, saranno compromesse in modo molto serio dalla diminuzione di pesci nel lago. Già alcuni anni fa, per una piccola diga costruita in Kenya, la zona del lago era stata colpita da siccità e questo aveva causato scontri piuttosto seri fra le comunità per l’accesso alle risorse fondamentali.

La questione dei conflitti per l’accesso all’acqua è piuttosto rilevante. Si inizia sempre più a parlare di future “guerre per l’acqua”. Credi che sia questo lo scenario che si sta profilando nella regione al confine fra Kenya ed Etiopia?
Le comunità della zona hanno una lunga storia di conflitti per la gestione delle risorse fondamentali, fra cui l’acqua, perché queste risorse sono molto scarse. Ciò è vero sia nel nord del Kenya che nel sud dell’Etiopia. Una delle preoccupazioni più grandi è che gli effetti del progetto Gibe 3 potrebbero risvegliare ed esacerbare dei conflitti latenti, in una zona che si basa su un equilibro economico e ambientale molto precario.

La CRBM sta per lanciare una campagna di pressione e sensibilizzazione contro Gibe 3. In che cosa consisterà questa campagna?
Il 23 marzo (oggi, ndr) verrà lanciata una petizione internazionale insieme ad un cartello di organizzazioni internazionali. Fra queste ci sarà anche Survival International, che ha cominciato a mobilitarsi soprattutto per l’impatto che il progetto avrà sulle comunità locali in Etiopia. La campagna sarà rivolta principalmente al governo etiope, che sta facendo costruire la diga, ma anche alle istituzioni internazionali ed altri possibili finanziatori. A loro chiederemo di non finanziare il progetto. Le firme raccolte sul nostro sito www.stopgibe3.org verranno consegnate ai diversi attori coinvolti, fra cui c’è anche il nostro governo. Organizzeremo una consegna pubblica delle firme al Ministero degli Esteri e alla Banca Europei degli Investimenti.

Cosa vi aspettate come risultato della campagna?
Noi chiediamo a queste istituzioni di non finanziare un disastro e di usare i soldi per finanziare altri progetti. Vogliamo il governo etiope si convinca che questo approccio alla produzione dell’energia è pericoloso e rischioso, ha impatti molto gravi oggi e non porta grandi vantaggi nel futuro. Si potrebbe di certo ragionare su altre modalità di sviluppo energetico.

da Carta

ALESSANDRO MANNARINO - OSSO DI SEPPIA



ALESSANDRO MANNARINO - OSSO DI SEPPIA

Nato da una scatola in cartone
Ha mosso i primi passi alla stazione
Ha preso quattro calci e un po' di sole
Fino alla mensa santa delle suore

Il pomeriggio poi è stato visto
In via Calvario insieme a un po'ro cristo
Miracolava tutte le vecchiette
Per un po' di vino rosso e sigarette

La sera poi è sparito nella nebbia
Lasciando una lacrima di ghiaccio
Sopra ad una vecchia bibbia
Dopo il concerto del primo maggio

[rit.]
Osso di seppia vai non tornare
C'è una città in fondo al mare
Dove i diamanti non valgono niente
E la doccia è automatica
La pelle si lava da sola
Basta fare sogni puliti
E le donne sorridono tutte
E i desideri, quelli più maschi, sono esauditi

E se non era buono per la terra
Che a strade dritte e campi di carbone
Ha preso il mare verso la tempesta
Salpando da uno scoglio alla stazione

Seguito dai pirati della strada
Nascose il tesoro in un isola pedonale
Una borsetta con la scritta "prada"
E un santino con due tette niente male

Ha sfidato i mostri degli abissi
Nel regno sotterraneo della metro
E non gli hanno fatto male le mani dei teppisti
Negli occhi di chi andava a San Pietro

Una sera poi ha chiuso la sua giacca
Al suono dei tacchi di signora
Ha spento gli occhi e ha detto "'orca vacca,"
"Mi sa che ho preso proprio una gran sola!

[rit.]