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sabato 10 aprile 2010

Dalle mense alle gabbie - Piccolo approfondimento su Sodexo

di informa-azione.info

Sodexo può essere definita la più grande multinazionale della ristorazione al mondo. Gestisce il business degli approvvigionamenti alimentari riguardanti tutti i momenti della civiltà tecno-capitalista, dall'istruzione, al posto di lavoro, alla casa di riposo. Sodexo si occupa di sfamare, ovviamente in modo molto differenziato, il top manager dell'alta finanza, l'operaio in catena di montaggio, il soldato al fronte, il reietto macinato dalla società e digerito nel carcere; passando per i tentativi di munirsi di una facciata presentabile attraverso quei programmi a sostegno degli affamati del sud del mondo, che anche grazie all'operato di aziende di questo stampo, riusciamo a identificare come prettamente funzionali al mantenimento dello stato delle cose.

In Italia Sodexo è stata identificata come responsabile della gestione del servizio mensa di diversi centri di detenzione per migranti, ma i suoi rapporti con il mondo della privazione della libertà e la sua volontà di lucrare sui luoghi di “stoccaggio e smaltimento delle eccedenze umane” travalicano la semplice fornitura di cibo.

Certamente Sodexo si occupa di approvvigionamenti alimentari nei luoghi di detenzione in Francia, Australia, Cile, Spagna, Italia, Portogallo e Olanda, ma ancor più esplicitamente detiene Kalyx, che fino al 12 ottobre del 2006 si chiamava UK Detention Services, Servizi per la detenzione del Regno Unito. Questa industria, pioniere della carcerazione privata, si occupa da più di vent'anni di mercificazione della privazione della libertà.
Attualmente Kalyx gestisce tutta la gamma immaginabile di apparati carcerari: dalla prigione, al centro di detenzione ed espulsione dei migranti (in inglese migrants removal centers), fino ai centri per il post scarcerazione e il cosiddetto reinserimento. La bandiera verde blu di Sodexo-Kalyx, come ignobile vessillo del complesso carcerario industriale, sventola nei luoghi di detenzione di fianco a quelle delle nazioni a cui vende i propri servizi.

La carriera di Sodexo nella speculazione sulla privazione della libertà ha origini antiche e radicate. La compagnia nata nel 1966 a Marsiglia, divenuta in breve leader della ristorazione alberghiera, navale e scolastica, dal 1987 ha intrapreso un preciso e cosciente percorso.
In occasione di un proficuo contratto con il governo francese per la gestione delle mense carcerarie, Pierre Bellon, fondatore della compagnia e tuttora presidente emerito, dichiarava: “Ero solito occuparmi di affari con gli hotel, ma con le carceri si può garantire un tasso di occupazione del 100% ”.

Quindi che Sodexo gestisca la mensa di un centro di detenzione per migranti in Italia, non è un caso, ma la precisa e consapevole volontà di una multinazionale che da decenni comprende il valore aggiunto della privazione della libertà in tutte le sue declinazioni. Oltre a Kalyx, di completa proprietà di Sodexo, la compagnia è anche il maggior azionista di CCA (Corrections Corporation of America) leader mondiale insieme a Geo Group dell'industria della detenzione privata nel mondo. Scuola, fabbrica, banca, guerra, prigioni e lager per migranti... non si lasciano scappare neanche una delle peggiori espressioni di autorità e Capitale.

Le attività di Sodexo, oltre a diverse azioni e sabotaggi in Italia e Francia, hanno esposto la compagnia a numerosi boicottaggi che hanno coinvolto nei soli Stati Uniti oltre 60 università e altre istituzioni. Anche in Australia gli studenti di molti atenei si sono mobilitati per cacciarla dalle loro mense. Oltre agli affari con eserciti e centri di detenzione, a suscitare campagne contro la multinazionale anche le critiche sulla qualità dei regimi alimentari proposti nelle mense scolastiche per bambini, denunciati per esempio nel film Super Size Me e in un documentario del 2004, trasmesso dalla televisione britannica, in cui venivano resi pubblici gli scarsi standard igienici di un'azienda controllata dal gruppo, la Tillery Valley.
Ma giustamente, la maggior parte delle campagne contro Sodexo si concentra sugli affari che la multinazionale fa su guerre e centri di detenzione. Ad aziende che operano in questi settori gli introiti non mancano mai, e la pressione lobbistica che esercitano sulle autorità politiche e legiferanti è un fattore chiave nella comprensione delle correnti che traghettano i vari sistemi detentivi tradizionali nel cosiddetto complesso carcerario industriale: quando ogni detenuto genera profitto è necessario sostenere istanze politiche che incrementino la popolazione detenuta.

[informa-azione.info - bello come una prigione che brucia]

da Indymedia

Giù le mani da mio padre Ezra Pound


Nel 2009 ha avuto la sorpresa di trovare sul «New York Times» un commento sulla crisi dei mutui che si apriva riportando dei versi scritti da suo padre all'alba della Seconda guerra mondiale: «Con usura nessuno ha una solida casa». Versi maturati su teorie economico-politiche che, dopo aver ispirato il suo appoggio al fascismo, contribuirono a far rinchiudere per 13 anni Ezra Pound nel manicomio criminale di Washington. Teorie che ora l'America rivaluta come intuizioni profetiche contro lo strapotere di una finanza apolide, refrattaria alle regole e non compassionevole.«Una piccola rivincita», la citazione giornalistica, nella patria che aveva bandito il poeta come un traditore. Liberandosene con una condanna alla pazzia (mai diagnosticata, comunque). Oggi sfoglia un dossier di riviste italiane e si accorge che, sempre nel nome di suo padre, cresce «la marea nera del terzo millennio»: il movimento CasaPound. Nei resoconti si parla di «iniziative sociali e culturali» promosse dal network dell'ultradestra (lotte per casa, maternità e agroalimentare autarchico), ma anche di «raduni organizzati con disciplina marziale» da una «santa teppa» che si distingue per «bomber di pelle, teste rasate e bandiere dalle simbologie gotiche».

E osserva su Internet una sequenza di video che riassumono il gusto per certe «pratiche guerriere» di questi militanti che, quando «ballano prendendosi a cinghiate», esprimerebbero solo un «vitalismo futurista», mentre invece per qualcuno le loro sarebbero delle «mimetiche prove di violenza». Mary de Rachewiltz, figlia dell'Omero americano del Novecento, riflette sulle contraddizioni del doppio ritorno poundiano. Poi si concentra sugli ultimi ritagli, e si sfoga con sgomento. «Questo è un altro modo di mettere Pound in una gabbia, com'era quella del Disciplinary training center di Pisa dove fu segregato, la Guantanamo del 1945. Un danno enorme, perché nasce da una distorsione del significato del suo lavoro e rischia di comprometterne ancora un pieno riconoscimento critico. Un abuso, perché così lo si relega in una dimensione ambigua che va oltre il reazionario, verso una cifra regressiva. E perché lo si indica, a ragazzi dalle menti confuse, come un profeta tanto più affascinante in quanto pericoloso e proibito». Per l'erede del poeta, insomma, «non si può restare sul diplomatico», nel giudicare coloro che pretendono d'essere i «nipotini di Pound». L'hanno elevato a oggetto di un culto a sfondo quasi mistico-esoterico. E l'hanno inserito tra gli antenati ideali rievocando a mo' di slogan alcune sue frasi «più o meno fiammeggianti pescate qua e là senza logica» dalla stagione in cui sostenne Mussolini. Che «per mio padre fu un momento di frattura molto complesso». E che perciò andrebbe riconsiderato, secondo lei, sulla base di variabili spesso trascurate.

A partire dalla sua visione della storia perché, spiega, «a lui interessava l'etica più che la politica, e di Mussolini diceva che avrebbe voluto educarlo e che era stato distrutto per non aver seguito i dettami di Confucio». È una difesa che la signora de Rachewiltz, traduttrice e filologa dell'opera paterna che vive a Tirolo di Merano, si concede con disagio. Essendo parte in causa, per lei dovrebbero essere gli anglisti che hanno a cuore la memoria di Pound a «battersi contro certe indebite appropriazioni». Ma decide di intervenire, anche se il terreno è scivoloso, per offrire qualche indizio di ricerca a quanti vogliono addentrarsi in una «questione tormentata e carica di ipocrisie». La sua traccia d'esordio riguarda i malintesi sul rapporto America-Italia da parte di coloro che sostengono di voler recuperare Pound. Chi, da sinistra, emancipandolo dalla «radiazione» decretata nel dopoguerra e presumendo che avesse rinnegato le proprie idee. Chi rivendicandolo alla destra, magari quella estrema di CasaPound. Spiega: «Ci si dimentica che furono gli italiani, e intendo i fascisti, i primi a non fidarsi di lui. La sua filosofia sociale — e adesso si ammette che non era lontana dalla dottrina di Keynes — era scaturita da una folgorazione mentre studiava le carte fondative del Monte dei Paschi e vagheggiava un'Italia antiborghese in grado di recuperare la tradizione e rinnovare il Rinascimento. Sognava un Paese che rifiutasse il capitalismo trionfante in America, dove per lui erano stati stravolti i valori dei Padri Pellegrini, basta scorrere il suo libro Jefferson and/or Mussolini per sincerarsene. Voleva una gestione morale dell'economia, attraverso l'abolizione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e del processo del denaro che produce denaro, ossia il divinizzato mostro dell'usura che è motore dei circuiti finanziari... Sraffa lo invitò a parlarne alla Bocconi, nel 1933, ma dubito sia stato capito».

Ancora, aggiunge la figlia di Pound, «erano sempre italiani i partigiani che lo prelevarono a Rapallo urlandogli traditore e che avrebbero potuto fucilarlo, se non avesse chiesto di essere consegnato subito alle forze americane. Lui parlò con assoluto candore e sincerità perché aveva la coscienza pulita, del resto non aveva mai tratto vantaggi dalla dittatura né fatto male ad alcuno. Si era esposto fuori da ogni zona grigia perché era nella sua natura libera da conformismi difendere ciò in cui credeva. "I stand exposed", aveva scritto già da giovane. Ma ormai era in moto la macchina giudiziaria che l'avrebbe stritolato senza nemmeno un processo». E qui si annoda un enigma dell'amletismo poundiano. Il poeta, racconta Mary, che con la madre Olga Rudge lo seguì fino alla morte a Venezia, nel '72, era «un uomo dalla fierezza gentile, un altruista estraneo a qualsiasi forma di violenza». Caratteri testimoniati pure da Eliot, Joyce, Hemingway e tanti altri che beneficiarono della sua generosa intelligenza e amicizia. Restano però, e pesano come imbarazzanti corpi di reato, i testi delle sue trasmissioni da Radio Roma e rivolti a Usa e Gran Bretagna nella stagione dell'ultimo fascismo. «So bene quello che disse perché ho fatto pubblicare in America tutte le trascrizioni integrali», racconta la figlia. «Per giudicare i suoi discorsi radiofonici — aggiunge — bisognerebbe mettere come tara la radicalità di uno che predica un'utopia da no-global ante litteram, che vede intorno a sé il rischio dello sfacelo e si sente "formica solitaria tra le rovine d'Europa". Aveva detto: "È dovere di ognuno tentare di immaginare un'economia sensata, e tentare di imporla con il più violento dei mezzi, lo sforzo di far pensare la gente"».

Fu vittima di un abbaglio? «Stando alla lezione impartita dalla crisi di questi mesi, pare di no. Non del tutto. Le sue invettive nascondevano piuttosto una forma di ira ingenua, espressa a volte in forme furibonde. Voleva arrivare al paradiso possibile, alla città eterna... Aveva una visione dantesca ed era molto critico verso Roosevelt, che era sceso in conflitto con l'Italia, e verso i finanzieri di Wall Street (e, faccio notare, che cosa dice in questi giorni il presidente Obama contro le banche?), in larga parte ebrei, ciò che favorì l'accusa di antisemitismo. Accusa ingiusta e basta pensare che i suoi più cari amici erano appunto ebrei — Aldo Camerino, Giorgio Levi, Manlio Torquato Dazzi e tanti altri — senza contare che nessuno di noi sapeva nulla della Shoah... Va considerato che Pound era un poeta, e quando un poeta si arrabbia pronuncia frasi terribili, sragiona, e lo stesso Dante bestemmiava contro la sua patria... Era tempo di guerra, una guerra che le parole dei poeti non potevano fermare. Non letteratura e propaganda ci voleva, ma saggezza». Dunque, Pound riteneva di non aver fatto nulla di male, di aver esercitato un «diritto alla protesta» sancito dalla Costituzione americana, «che voleva salvare nei suoi valori originari assieme alla cultura dell'Europa». Ma come giudicò se stesso, a posteriori? Si pentì? «Riconobbe i suoi sbagli, certo, e ci sono i frammenti poetici della vecchiaia a dimostrarlo: "Ammettere i propri errori senza perdere la rettitudine"... "Un uomo che cerca il bene e fa il male". Ma senza rinnegare se stesso o il fascismo in quanto tale, perché non era affar suo. E neppure poteva ritrattare la sua convinzione che il fascismo, allora, andasse bene in Italia, restando in fondo convinto di aver fatto una cosa giusta: era stato il primo a capire il dramma, sociale e culturale, al quale avrebbe portato una certa economia...».

«Nei suoi ultimi dieci anni di vita — conclude Mary de Rachewiltz — non parlò più con nessuno, e con noi familiari appena il necessario. Ora, siccome per la legge americana chi sta muto si dichiara innocente, quel silenzio poteva essere interpretato come una dichiarazione d'innocenza. Ma pentirsi di errori di giudizio non significa rinnegare. La realtà era più complessa: mio padre si era reso conto che non riusciva a farsi capire. "Il silenzio è la voce di Dio", mi disse il prete di San Giorgio dopo aver celebrato il suo funerale. Evidentemente, se continuano a fraintenderlo, quella sua lunga pausa non è bastata».

http://www.corriere.it/cultura/10_aprile_01/ezra-pound-breda_6e7fa504-3d54-11df-9bd9-00144f02aabe.shtml

da Antifa

IL CASO EUTELIA



da Infoaut

99 POSSE - RAPPRESAGLIA



99 POSSE - RAPPRESAGLIA

Il sole splende forte a Piazza Plebiscito
mi sento rilassato il corteo è finito
Il sole splende forte a Piazza Plebiscito
le sirene il cellulare sono mezzo tramortito
a Roberta il mio pensiero non ti ho neanche salutato
schedato, picchiato, insultato, provocato
e intanto il sole splende a Piazza Plebiscito
ma per me cala la notte sono stato arrestato
l'incredulità la rabbia scotennato
i miei capelli le mie cose retaggio del passato
retaggio del passato arriva l'avvocato
sarai presto liberato Visconti il magistrato
l'arresto è confermato
e intanto il sole splende a Piazza Plebiscito
ed io rimango al buio scalpitando sbigottito
e ancora tante guardie, le chiavi i cancelli
e ritornano alla mente i momenti più belli
le lotte coi compagni con tutti i miei fratelli
ma chiudono i cancelli ma chiudono i cancelli ma chiudono i cancelli

Rap-Rappresaglia Rap-Rappresaglia siamo tutti vittime di rappresaglia
Rap-Rappresaglia Rap-Rappresaglia siete tutti vittime di rappresaglia
Rap-Rappresaglia Rap-Rappresaglia siamo tutti vittime di rappresaglia
Rap-Rappresaglia Rap-Rappresaglia siete tutti vittime di rappresaglia

Il bisogno di piangere è costantemente unito
alla rabbia, alla voglia di lottare liberato
e intanto il sole splende a Piazza Plebiscito
quel sole che è la lotta del movimento unito
che dal buio della cella non ho visto ma ho sentito
sentito nel cuore, sì il vostro amore
la solidarietà con tutto il suo calore
ti possono arrestare, la casa perquisire
da quello che ti è caro ti possono strappare
ti possono picchiare, ti possono umiliare
ma la lotta dei compagni non la possono fermare
nessun magistrato lo può neanche pensare

Rap-Rappresaglia Rap-Rappresaglia siamo tutti vittime di rappresaglia
Rap-Rappresaglia Rap-Rappresaglia siete tutti vittime di rappresaglia
Rap-Rappresaglia Rap-Rappresaglia siamo tutti vittime di rappresaglia
Rap-Rappresaglia Rap-Rappresaglia siete tutti vittime di rappresaglia

Il calore della lotta in galera è arrivato
l'ho sentito, sì mi ha aiutato
si fotta il magistrato, si fotta la N.A.T.O.
si fotta il sistema che tutto ciò ha determinato
la vostra determinazione mi ha scarcerato
e adesso sono uscito dici è tutto finito
sono libero sono libero
Libero libero libero libero libero libero
libero libero libero libero libero libero
libero libero libero libero libero libero
libero libero libero libero libero libero
libero libero libero
sono libero di essere processato
libero di essere ancora arrestato
libero di dormire agitato
pensando intensamente a ciò che non è stato
pestato da agenti che in un solo minuto
se avessi voluto avrei cancellato
quei fottuti sorrisi da quei volti di stato
e sono perseguitato smanio come un dannato
non riesco accettare di aver accettato
e pure so come niente sarebbe cambiato
so come tutto avrei peggiorato
cosciente sì di esser diventato
un fottuto numerino nelle mani dello stato
10 estrazioni chiamate elezioni
non sei più nessuno un fottuto numerino
nelle mani di un padrino che organizza il tuo detino
morto, vivo, in galera o in stato di libertà
sono libero sono libero sono libero
però m' sent' 'e schiattà
Libero libero libero libero libero libero
libero libero libero libero libero libero
libero libero libero libero libero libero
libero libero libero libero libero libero
libero libero libero
e ancora
libero libero libero libero libero libero
libero libero libero
Urlalo sempre finché c'hai fiato
non tramonta mai il sole a Piazza Plebiscito
urlalo sempre finché c'hai fiato
hasta siempre la vittoria del proletariato
Urlalo sempre finché c'hai fiato
non tramonta mai il sole a Piazza Plebiscito
urlalo sempre finché c'hai fiato
hasta siempre la vittoria del proletariato unito

Legittimo Impedimento per non morire


di Doriana Goracci

I parenti di Francesco Mastrogiovanni ce l’hanno fatta ad arrivare sugli schermi della Rai, in prima serata, quella che magari guardano anche i nipoti oltre le nonne.Mi manda Rai Tre, ore 21,10 di venerdì 9 aprile 2010: “Muore dopo essere rimasto per 4 giorni legato al letto di contenzione: è un incredibile video a raccontare le ultime ore di vita di Franco Mastrogiovanni, maestro elementare sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio nell’ospedale psichiatrico di Vallo della Lucania. Le telecamere interne della struttura hanno registrato tutto e sono state determinanti per il rinvio a giudizio di 18 tra medici e infermieri. La famiglia è in studio per chiedere giustizia”.
Abbiamo visto, non so in quanti. Abbiamo sentito, non so in quante. Non lo conoscevo affatto Franco, il maestro anarchico, aggettivo che non è stato neanche per una volta nominato. Lo nomino io, perchè non è una vergogna questa appartenenza, nota. Aggrava il quadro del soggetto “disturbato”. Siamo stati in molti a scrivere in Rete di Franco, un tentativo in alcuni momenti patetico, era estate, e poi autunno, poi inverno. Siamo dovuti giungere in primavera per avere visto la notizia prendere il volo dei Media. Siamo anche abituati alle notizie. Ogni giorno sempre più infernali, più volgari, più inimagginabili e senza neanche più soffrirne, se non un poco. Sarebbe impossibile guardarsi quelle 80 ore di un corpo che il letto neanche conteneva, tanto era alto, come dicevano i suoi alunni. La sorella non vuole vederlo neanche per un secondo, non ce la fa. C’è anche chi non si scusa, aspetta prima il decorso della giustizia.

E’ legittimo impedirsi i dispiaceri? E’ legittimo impedire che si muoia per TSO? E’ legittimo impedire che circolino le informazioni? E’ legittimo chiedere giustizia e verità?

Un operaio italiano di circa 45 anni è morto questo pomeriggio a Pomezia, centro a pochi chilometri da Roma, dopo essere rimasto coinvolto in un incidente all’interno di un’azienda per lo smaltimento dei rifiuti.

Domenico Cardarelli, 39 anni di Roma, internato nel supercarcere diSsulmona, ieri sera, alle 22, è stato trovato senza vita al fianco del suo letto. L’ipotesi, stando ai primi rilievi necroscopici esterni, è quella di un malore dovuto ad overdose.

Si indaga su questi decessi.Ma queste sono altre storie…
Noir Désir, per dritto e per rovescio ,À l’envers, à l’endroit



À l’envers, à l’endroit Noir Dèsir (testo)

Sembra che per noi sia tempo di pensare a un nuovo ciclo Si possono accarezzare ideali anche volando bassi Si può continuare a sognare di andarsene senza partire mai Dicono che la palombella bianca abbia trecento tonnellate di piombo nelle ali Dicono che dovremo abituarci a primavere senza rondini La bella addormentata nel bosco ha rotto le trattative Sollevando l’unilaterale protesta del principe azzurro Dobbiamo sempre e comunque piegarci in nome di una linea retta? Vorremmo trovare gli spazî infiniti tra le pareti di una scatola Cos’è che s’intravede in lontananza? Un estuario o la fine della strada? Speciale dedica alla pozzanghera in cui nuotiamo, in cui anneghiamo “Ancora non siamo tornati dal mondo delle favole Va detto che ci siamo entrati senza aver visto la luce Là ci sono l’acqua, il fuoco, i computer, Vivendi e la terra, Dobbiamo avere l’opportunità di realizzarci per poi mandare tutto all’aria franarci addosso Intorno agli ulivi sussultano le origini Continuamo pure a riverire i reucci patacca E a sperare che un giorno entreremo a far parte della famiglia Prima o poi provocherai un crollo borsistico per conto tuo, come no! Potremmo persino ipotizzare che tutto finirà per Ce ne stiamo a guardare mentre ci facciamo eternamente intortare Per dritto e per rovescio, per dritto e per rovescio Per rovescio e per dritto, per dritto e per rovescio È previsto un incendio per questa sera all’emiciclo? Intorno ai mandorli sbocciano mondi in sordina No pasarán sotto le forche caudine Per dritto e per rovescio, per dritto e per rovescio Per rovescio e per dritto, per dritto e per rovescio

Traduzione italiana da Farfadet

Ombre russe sul Kirghizistan


Lo zampino del Cremlino nel cambio di regime a Bishkek. In ballo c'è il futuro della presenza militare Usa in Asia centrale

I trascorsi filo-occidentali e filo-statunitensi dei leader dell'opposizione kirghisa, salita al potere a Bishkek dopo la sanguinosa rivolta popolare di mercoledì scorso, giustificavano i sospetti di un coinvolgimento di Washington in questo nuovo cambio di regime. Sospetti rafforzati dalle prime parole pronunciate dalla presidente/premier ad interim, Roza Otunbayeva, che appena insediata si è affrettata a garantire la permanenza della grande base Usa di Manas: unica presenza militare americane in Asia centrale dopo la cacciata dall'Uzbekistan nel 2005.

Putin tende la mano. Ma i fatti accaduti ed emersi nelle ultime ore mostrano che, in realtà, dietro questa nuova rivoluzione senza colori - a parte il rosso del sangue dei 76 morti e 1.400 feriti - c'è lo zampino di Putin. Quello stesso Putin che a caldo aveva negato ogni coinvolgimento (quando nessuno lo aveva nemmeno ventilato), ma che giovedì si è affrettato a telefonare alla Otunbayeva, riconoscendo la legittimità del nuovo governo (cosa che Obama non ha ancora fatto) e offrendo sostegno economico. E che venerdì già riceveva a Mosca una delegazione dei nuovi dirigenti kirghisi, guidata dal neo-vicepremier Almazbek Atambayev.

Le condizioni di Mosca. Segnali di un forte sostegno, che prevedono però una contropartita. A Praga, a margine della firma del trattato Usa-Russia sulle testate atomiche, un funzionario del Cremlino ha lanciato un messaggio molto chiaro: "Bakiyev non ha mantenuto la promessa di chiudere la base Usa di Manas. In Kirghizistan ci dovrebbe essere solo una base, russa". Messaggio immediatamente recepito da uno dei principali leader dell'opposizione kirghisa ora al potere, Omurbek Tekebayev: "E' molto probabile che la durata della presenza della base Usa verrà abbreviata". E ha aggiunto: "La Russia ha fatto la sua parte nel rovesciare Bakiyev".

Lo sgarro di Bakiyev. Negli ultimi mesi i rapporti tra il Cremlino e il deposto presidente kirghiso erano diventati molto tesi.
Nel 2009 Bakiyev, in cambio di 2 miliardi di dollari di finanziamenti russi, aveva promesso a Mosca di chiudere la base americana di Manas e di aprirne una seconda russa a Osh. Ma lo scorso febbraio, dopo aver ricevuto la prima tranche di questi soldi (300 milioni di dollari), non solo ha rinnovato il contratto con il Pentagono, ma ha pure chiesto alla Russia di iniziare a pagare l'affitto per la sua base.

La punizione del Cremlino. Il Cremlino non l'ha presa bene. Dopo aver bloccato la seconda tranche (1,7 miliardi di dollari per la costruzione della centrale idroelettrica di Kambarata), il 1° aprile ha sospeso le forniture di petrolio al paese e il giorno dopo ha imposto al Kirghizistan una pesante tassa di importazione sui carburanti russi (193 dollari a tonnellate), provocando i rincari che hanno scatenato la rivolta.
Alla vigilia delle manifestazioni, Temir Sariyev, uno dei principali leader dell'opposizione kirghisa (oggi ministro delle Finanze ad interim), era in visita a Mosca. Difficile pensare a una coincidenza.

Ma non è detta l'ultima. A prescindere dal contributo russo al cambio di regime a Bishkek, è ancora presto per dire quale sarà l'esito geopolitico finale di questa vicenda.
Così come Bakiyev aveva presto voltato le spalle a Washington dopo il 2005, i nuovi leader kirghisi potrebbero tradire nuovamente le aspettative di Mosca. Oppure proveranno a tenere i piedi in due staffe per ricevere sostegno da entrambe le parti, come aveva provato a fare Bakiyev negli ultimi.
Per capirci di più, basta aspettare e vedere se gli americani rimarranno nella base di Manas oppure saranno costretti a prendere armi e bagagli e trasferirsi altrove. Al Pentagono hanno già srotolato le mappe della Georgia e dell'Azerbaigian.

di Enrico Piovesana da PeaceReporter