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sabato 19 giugno 2010

SUDAFRICA: MONDIALI DI CALCIO,TRA SPETTACOLO E GUERRA INTERNA.


Giugno 2010, iniziano gli attesi mondiali di calcio dove, sul campo, le nazioni si sfideranno ognuna sotto le rispettive bandiere, al meglio rappresentate da undici giocatori per squadra che guadagneranno milioni (soprattutto nel caso delle squadre europee) per rincorrere una palla ed infilarla in una rete.
La nazionale italiana, sotto l’egida della Figc, è ovviamente in prima fila nel promuovere questo mondiale. Un gioco, sì, ma che smuove interessi economici ed appetiti legati ad introiti televisivi (diritti tv), finanziari (sponsor) e d’immagine (turismo).
Basterebbe solamente dare uno sguardo al conto in banca (rigorosamente ubicato in qualche paradiso fiscale) dei calciatori e un altro alle mosche che escono dal portamonete di un comune tifoso – che in queste particolari occasioni sembra riscoprire il ripugnante e fanatico attaccamento per la patria pur sostenendo il peso più cospicuo di una crisi economica provocata anche da chi ci governa – per arrivare a capire che non le incitazioni e gli applausi meriterebbero questi privilegiati ma disprezzo e sonore legnate dietro la schiena.
A questo punto ci viene detto, però, che lo sport, ed il gioco del calcio in particolare, possiede un alto valore educativo poiché esorta a competizioni di tipo pacifico.
Il calcio rappresenterebbe un differente modo di affrontare le rivalità, sarebbe un perfetto viatico contro le conflittualità riuscendo a portare la contesa al livello della competizione agonistica.
Sarebbe sufficiente prendere in esame quali trasformazioni hanno subito gli stadi in questi anni per obiettare a questa lucida menzogna.
In Italia, le strutture sportive assomigliano sempre più a fortini super controllati, con veri e propri check-point e tornelli all’ingresso, telecamere, sbirri in antisommossa, proposte di tessere identificative, vie perimetrali sorvegliate e transennate e così via.
La gestione degli stadi è un qualcosa che rassomiglia ad un laboratorio pratico applicato, sperimentale per la prossima gestione mega-autoritaria e militare dell’intero vissuto sociale.
Questo, in Sudafrica, con i mondiali di calcio, lo si può notare ancora meglio.
Il comitato organizzatore ed il Governo dello stato africano, ufficialmente per tutelare la sicurezza delle rappresentanze calcistiche e delle migliaia di tifosi che si prevede parteciperanno, hanno messo in opera un dispiegamento di forze tale da far pensare ad un aperto scenario di guerra.
I nemici, contro cui questa guerra è formalmente diretta, vengono indicati negli hooligan e nella criminalità locale, alimentata dal forte contesto di miseria in cui vive la gran parte della popolazione che occupa i sobborghi delle grosse città del Sudafrica.
Quest’ultima, sospinta a vivere nelle bidonville agli estremi margini di Johannesburg, Pretoria e Durban, rappresenta senz’altro il vero motivo dell’enorme schieramento di forze in campo, il cui compito è nascondere e confinare nei loro ghetti la gente dei bassifondi, per non turbare il tranquillo svolgimento dello spettacolo calcistico e lo sfavillio delle trasformazioni urbane che lo hanno preceduto; un po’ come sta accadendo in altre parti del mondo, dove i quartieri poveri e le popolazioni eccedenti pagano sempre più il prezzo del deterioramento sociale ed ambientale provocato dal sistema capitalista e ne subiscono – e sempre più ne subiranno, visti anche gli studi militari sugli scenari futuri (vedi Nato) – la sua guerra interna e permanente, venduta come doverosa salvaguardia della sicurezza dei cittadini (in Sudafrica, ben 500 persone sono state uccise negli ultimi 12 mesi dalla polizia).
Così, il Sudafrica si trasforma nell’Afghanistan: il governo di Pretoria ha destinato l’equivalente di 60 milioni di euro per il reclutamento di 41mila agenti e l’ingaggio di altre 10mila guardie di società private, portando così il numero di sbirri operativi durante i Mondiali a quasi 200mila unità.
Per le vie delle città stazionano uomini in assetto da guerra e mezzi armati, militari e forze speciali presidiano centri commerciali, aeroporti, stazioni e strade con le armi in pugno tra gli increduli clienti e passanti, i magazzini sono stati riempiti di armi e mezzi blindati pronti ad intervenire, agli angoli sono stati posizionati cannoni ad acqua mentre nei cieli ci sono gli elicotteri in volo permanente. In prossimità degli stadi e dei punti sensibili sono messi in campo drappelli di agenti in borghese.
La polizia, ancora prima dell’inizio dei Mondiali, aveva già iniziato con il confinamento dei quartieri periferici – mentre per entrare negli hotel e nei villaggi a 5 stelle dove soggiornano i ricchi bianchi servono addirittura le impronte digitali – e con il rimpatrio per via aerea di quei tifosi stranieri indesiderati, i cui nomi sono finiti in una sorta di “lista nera” a disposizione della Saps (la polizia sudafricana).
Molti aerei atterrati in Sudafrica sono stati bloccati per ore e i passeggeri controllati uno ad uno. Questo genere di operazioni sono state incrementate durante gli ultimi giorni immediatamente precedenti i Mondiali.
Infine, in Sudafrica sono presenti poliziotti dell’Interpol, esperti della Gendarmeria francese ed agenti dei servizi di intelligence di diversi stati, impegnati anche a vigilare le residenze per ricchi ed i centri operativi in cui si sono stabilite le rappresentative internazionali – veri e propri bunker come il “Leriba Lodge” degli azzurri nella cittadina di Irene, le Unità di crisi degli Stati allestiti nei consolati e nelle ambasciate (quella della Farnesina ha sede all’ambasciata italiana di Pretoria) o l’Irene Country Lodge della squadra americana, accompagnata da un nutrito gruppo di squadre speciali USA e della CIA –, delimitati da filo spinato elettrificato, poliziotti in antisommossa e vigilantes privati per meglio tutelare l’ostentazione di piscine e campi da tennis e da golf, che fanno a pugni con la miseria delle periferie.
Al tendone allestito per le conferenze stampa dei calciatori e degli allenatori delle squadre, invece, metal detector e strumenti per la rilevazione di esplosivi mentre anche i giornalisti hanno subito perquisizioni totali prima di potervi accedere.
Fortuna che lo sport, secondo la meschina retorica, dovrebbe portare pace e armonia tra i popoli; senz’altro porta alla pacificazione delle popolazioni.
Quello che dovrebbe essere, secondo la propaganda della Fifa (l’associazione internazionale di calcio), “il gioco più bello del mondo”, in realtà è un complesso lucroso distante anni luce dal genuino piacere ludico, che si serve della guerra interna per i suoi affari, appoggiando le tentazioni autoritarie dei governi di turno, i quali sperimentano nuove disposizioni e misure repressive estendendo ancora una volta le conseguenze sulla società.
Niente di diverso da come opera il capitalismo in ogni luogo e situazione.

Figure Interne del Fronte d’Attacco.