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sabato 31 luglio 2010

Prove tecniche di dittatura: Fini-Berlusconi-Bossi vogliono accaparrarsi tutti i voti

La estromissione di Fini dal Pdl è strumentale a garantire un seguito al regime
berlusconiano.
Provo a spiegarmi meglio.
Non credo fermamente che Fini sia diverso da quello che militava nell’allorabMsi.
Sono mutate le condizioni di fondo dello scenario politico-elettorale.
Oggi esiste nel Pdl il bisogno di assicurarsi vari aspetti della vita politica.
Il regime ha bisogno di:
1) Prepararsi per il dopo Berlusconi. Essendo l’ ultimo mandato occorre garantire la successione;
2) il blocco borghese-industriale nordista, antimeridionalista ha bisogno di garanzie di tenuta sia con sbocchi autoritari, appoggiandosi a falangisti di destra( Bossi-Borghezio-Maroni-Zaia-Tosi ); che con sbocchi ( pseudo ) garantisti legalitari. Geometrici equilibristi della finta difesa del Sud e del diritto e della cittadinanza ai migranti e delle garanzie costituzionali; ossia di una sinistra improvvisata e fasulla capeggiata da Fini e Bocchino.
Oggi, più che mai, il nostro è un Paese degradato all’ incultura profonda, al
qualunquismo di genere.
In poche parole questo Paese non ha più i mezzi per distinguere, conoscere e richiedere forme della politica.
Se parli con un babbeo qualunque, Fini è di sinistra o addirittura comunista perché dice( solo a parole ) che i migranti devono avere cittadinanza.
Se parli sempre con qualsiasi altro babbeo di turno ti dice che lui non se ne frega niente di niente, e che la politica fa tutta schifo( e se ne lava le mani).
La verità è che quel babbeo non sa che Fini e il suo gruppo hanno votato ogni provvedimento presentato dalla maggioranza alle camere( e questa volta a fatti e non a parole ).
La legge sui migranti si chiama Bossi-Fini.
Penso che questo momento assomigli tanto a quello dell’ Italia fra il ’25 e il ’26. Appena prima dell’ introduzione delle leggi fascistissime.
Il monopartitismo allora fu imposto con “ manu militari “, oggi con la pubblicità, con l’ ignoranza, con la sconfitta del lavoro sul capitale.
Quello che si vuole sperimentare e far credere agli abitanti di questa incantata penisola è che:
- se vuoi votare a destra c’è Bossi;
- se vuoi votare a sinistra c’è Fini;
- per tutto il resto ci sono i “ berluscones “ di turno.
Così senza riformare la Costituzione i nostri “ regoli “ renderanno il Parlamento un luogo inutile, dove è inutile parlare. Si vota e basta e si voterà sempre in direzione della difesa del blocco borghese-industriale-nordista-antimeridionalista- massone.
E nel Sud a regnare saranno le mafie con l’ aiuto del Vaticano.
Noi sudisti, sudditi e “ sudici “.

Prima della militarizzazione del Sud, prima della schiavitù, prima che sia troppo tardi

RIBELLATI GIOVANE MERIDIONALE!!!!!!!!!!

Attentato al Fico d' India

Il Fico d’ India, locale suggestivo della costa jonica, posto nelle prossimità della baia di Uluzzo, poteva esplodere in aria.
Il locale era stato chiuso in seguito a controlli sanitari da parte della Asl e dei carabinieri di Nardò.
Poi, nella notte l’ attentato: verso le quattro del mattino, bancone, sedie e pavimento vengono cosparsi di benzina ed una bombola viene riposta ad alcuni metri di distanza per causare l’ esplosione.
Per fortuna a scongiurare il peggio ci ha pensato il custode indiano Mali che svegliatosi all’ improvviso è corso sul luogo per allontanare i malviventi.
Le cause di un tale gesto sono tutte da studiare: centrale rimane il fatto che il locale in questione, fra i più belli della costa, attrazione fortissima, è contenitore di svariati profitti.
Rimangono degli interrogativi:
Ci sono altri soggetti che vogliono dividersi il boccone?
La mafia in tutto questo che ruolo ha?

FALANGONE AL POSTO DI DE VITIS

Carlo Falangone è il nuovo vicesindaco di Nardò.

Con un decreto ad hoc il sindaco Antonio Vaglio investe l' assessore dello Sdi: un riconoscimento meritato alla causa di una militanza fedele e continua alla coalizione di centrosinistra, senza mai cedimenti, da vent' anni a questa parte.

La CASTA si ricicla sempre...
A governare in questa città straziata dalla Mala-amministrazione sono sempre gli amici degli amici.

Quando il panno cadrà il RE sarà nudo e forse allora capiremo che eravamo degli allocchi a farci amministarre da comitati d' affari di centro, di destra e di ( finta ) sinistra.
Quando il corpo del re sarà nudo capiremo delle tante malefatte e ci sentiremo tutti un pò più sporchi.
Per ora, questo è un paese dove i suoi abitanti non conoscono il significato di due parole: dignità e vergogna.

Nardò e Porto Cesareo: l' abusivismo è di casa

Evidentemente Nardò era troppo bella e il Signore per la legge della compensazione vi ha allocato i neretini, che non si sono davvero risparmiati in un’opera di devastazione, e di svendita del proprio territorio, un’opera che continua inesorabile, portata avanti soprattutto dai loro delegati , ossia dagli amministratori che da un po’ di decenni i neretini si sanno scegliere.

(Massimo Vaglio) - Una devastazione, che negli ultimi anni ha subìto una certa accelerazione, e che sta facendo del suo territorio un ricettacolo di ecomostri, vedi la famigerata discarica di Castellino gestita come peggio non si poteva fare; vedi il Torrente Asso, divenuto recapito di non si sa più quanti reflui fognari; vedi assalto al paesaggio con la minaccia eolico e con il fotovoltaico realizzato ovunque, ma non nel luogo più deputato a farlo, ovvero sui tetti delle costruzioni; vedi incapacità ad implementare un piano di risparmio energetico, il progressivo degrado del centro storico, e delle campagne con l’assurdo proliferare di false case coloniche e con cumuli di polietilene che nessuno smaltisce se non le fiamme dispensatrici di diossina e tumori.

Come se tutto questo non bastasse, il 28 dicembre 2009, il Consiglio Comunale di Nardò, ha deliberato quasi ad unanimità (con il solo voto contrario dei consiglieri Calabrese e Maceri) il consenso a ricevere le acque nere del depuratore di Porto Cesareo per sversarle nel suo mare in località Torre Inserraglio. La questione è a dir poco assurda, Porto Cesareo, che dispone di quasi trenta chilometri di costa e di un ampio territorio in larghissima parte improduttivo, circa un decennio addietro, costruisce un depuratore al confine con il territorio di Nardò, cosa certamente non casuale, nè giustificata da motivazioni tecniche, ma piuttosto un gratuito dispetto, vista la storica malcelata avversione dei cesarini per i neretini, poi si accorge che non può scaricare i reflui nel mare prospiciente, e chiede all’odiato vicino di ingoiare il rospo, sotto forma di reflui fognari. L’antagonismo fra i due comuni è più che noto, ne è una riprova la grande festa indetta dal comune di Porto Cesareo (ex frazione di Nardò) nello scorso maggio, per il 25° anniversario dell’indipendenza, celebrata da cittadini e amministratori locali
con lo spirito di chi è riuscito ad affrancarsi dalla più becera delle dittature. Certamente, per certi versi, Nardò ha esercitato una certa dittatura nei confronti di Porto Cesareo, se dittatura si può ritenere un minimo di rispetto della legalità. Una dittatura, esercitata, sino a quel fatidico 1974, tenendo un poco a bada il fenomeno dell’abusivismo edilizio e demolendo sotto l’amministrazione capeggiata dal compianto senatore Borgia, esempio purtroppo rimasto isolato, una villa sulla penisola della Strea. Tanta deve essere stata sofferta questa imposizione delle leggi, che appena raggiunta l’agognata indipendenza, Porto Cesareo si sarebbe di lì a poco conquistato il primato di secondo comune più abusivizzato d’Italia. Un primato costituito da svariate migliaia di abitazioni abusive costruite senza un minimo di qualità tecnica e architettonica anche nei luoghi più improbabili come le paludi, e le pregevolissime dune costiere. Una biancastra fungaia, sparpagliata su migliaia di ettari di territorio che rende ormai praticamente impossibile un’adeguata riqualificazione del territorio e intralcia anche la realizzazione delle più essenziali opere di urbanizzazione. Questo, è il quadro in cui si inserisce la
richiesta di Porto Cesareo, e che si prefigge di preservare il proprio mare a discapito di quello dell’odiato vicino arrecandogli anche un certamente sottovalutato danno d’immagine. Per dipanare la questione, e indorare la pillola, si inserisce la Regione che promette qualche beneficio al comune di Nardò, quale la variazione del tracciato della fognatura da quello originario, facendolo transitare da Sant’Isidoro, ove verrebbe realizzato un impianto di sollevamento ed un collettore, che in un ipotetico futuro, in caso di realizzazione in loco della fognatura, potrebbe (forse) servire anche questa marina, che nel frattempo dovrà però certamente soffrire i più che probabili disagi che deriveranno dal fetore dell’impianto di sollevamento. Altra concessione offerta al Comune di Nardò, è una condotta sottomarina del costo di circa 4,5 milioni di Euro, che dovrebbe portare i reflui, tutti riuniti in un’unica condotta, al largo di Torre Inserraglio (tratto di mare interessato da una richiesta di ampliamento dell’Area Marina Protetta e zona S.I.C.), per farli sfociare in mare più profondo. Inutile dire, che l’operazione che
potrebbe sembrare a prima vista meritoria, costituisce un’ennesima aberrazione ambientale, il concetto è a dir poco elementare, infatti, partendo dal presupposto che ci troviamo nella zona più sitibonda d’Italia indicata dal C.N.R. a rischio desertificazione e che l’emungimento di acque di falda per l’irrigazione sta portando ad una loro progressiva quanto irreversibile salinizzazione, sversare le acque depurate in mare è un gratuito crimine anche in considerazione che tutte le direttive comunitarie spingono verso il riutilizzo delle stesse in agricoltura. Inutile dire, che se viceversa gli stessi reflui dovessero essere contaminati (come sovente i reflui di questo tipo lo sono), sversarli in mare, seppure a qualche chilometro al largo costituisce ugualmente un grosso danno ambientale, spostare un problema non lo elimina, ma equivale a nascondere la polvere sotto al proverbiale tappeto. A questo si aggiunge lo scempio di denaro pubblico e il nefasto impatto
ambientale dell’opera che è progettata peraltro in un sito di interesse comunitario (zona S.I.C. terrestre e marina) , infatti, per portare le acque al largo vi è bisogno di grosse pompe di spinta estremamente energivore ed impattanti che dovrebbero essere impiantate sbancando un ampio tratto di scogliera. Dulcis in fundo, la completa inutilità e dannosità dell’opera, infatti, ovunque queste condotte sono state realizzate, vedi la condotta Matteotti sul Lungomare di Bari e la condotta del depuratore Gennarini di San Vito a Taranto, le stesse sono state danneggiate dalle correnti marine, dalle mareggiate e rese degli inutili colabrodo allungati, monumento allo scempio di denaro pubblico, all’impreparazione dei progettisti e all’insipienza degli amministratori che con evidente leggerezza le hanno approvate. Un grave errore quindi, alla luce delle esperienze pregresse, autorizzare una tale opera.

Ma l’errore di fondo, consta soprattutto nel considerare queste acque come un rifiuto da smaltire e non per quello che potenzialmente sono, ovvero una risorsa utilissima, pregiata e limitata. Naturalmente, non si tratta di acque biologicamente pure, ma tutte le acque rivenienti da un depuratore degno di questo nome, ovvero, come si dice oggi, da un depuratore a “norma”, rispettano dei parametri ben definiti, il che le rende senza dubbio idonee all’irrigazione di molte colture, in particolare di quelle legnose, oliveti in primis. Con centinaia di migliaia d’alberi d’olivo, una soluzione potrebbe essere quella di incentivare la realizzazione di impianti di sub irrigazione (semplici tubazioni drenanti interrate) negli oliveti. Inoltre, visto che sempre più si parla di biomasse, cosa ci sarebbe di meglio che impiegare queste acque per irrigare coltivazioni arboree a sviluppo rapido, che sicuramente sequestrerebbero, con buona pace dell’ambiente e del paesaggio e del protocollo di Kyoto, tante tonnellate di CO2, utilizzabili anche come riserva per impianti di energia alternativa? Ove queste soluzioni non fossero praticabili o risolutive, ogni comune potrebbe destinare alcuni ettari di terreno agricolo più marginale alla fitodepurazione creando delle semplici lagune artificiali piantumate con essenze vegetali idonee allo scopo, quali la canna di palude (Phragmites australis), la canna domestica (Arundo donax). Con simili impianti di fitodepurazione, un po’ in tutto il mondo, vengono trattati depurandoli
perfettamente e quasi a costo zero, reflui ben più inquinanti dei reflui in questione, quali: scarichi non depurati di hotel, campeggi e villaggi turistici; reflui di grandi allevamenti di suini e bovini, reflui in uscita da caseifici e persino il famigerato refluo degli impianti di biogas. Così trattate, queste acque, possono avere i medesimi utilizzi dell’acqua piovana o di falda. Per non parlare dei benefici sul paesaggio, che queste lussureggianti oasi potrebbero apportare, come pure alla fauna selvatica e in particolare all’avifauna. Effetti benefici, si potrebbero avere anche sul clima, infatti, un aumento dell’evaporazione, porta generalmente ad un aumento della piovosità estiva.

Intanto, vengono spesi milioni di euro per costruire condotte per smaltire queste acque in mare o negli inghiottitoi e nelle voragini carsiche, ove mescolandosi alle già inquinate acque di falda le compromettono sempre di più. Nella fattispecie in esame, ognuna delle municipalità coinvolte, dovrebbe tenersi i suoi reflui e considerarli come una risorsa da valorizzare e non come un rifiuto da smaltire nel proprio giardino o peggio ancora, in quello del vicino.

Fonte: Il Paese Nuovo 29/12/2009

In guerra muoiono sempre giovani del Meridione

Herat, morti 2 italiani: disinnescavano bomba Erano soldati del Genio

Due militari italiani sono morti in Afghanistan. Il fatto è avvenuto a nord di Herat. I due militari sono rimasti vittima di un ordigno artigianale (Ied) piazzato lungo la strada. I due militari italiani, specialisti del Genio, erano impegnati in un’operazione di disinnesco di un ordigno artigianale. Dopo aver verificato la presenza della bomba, i genieri hanno proceduto alla sua neutralizzazione. Ma nel perlustrare la zona circostante per accertare l’eventuale presenza di altri ordigni, sono stati investiti da una forte esplosione che li ha uccisi.Il fatto e le vittime Il fatto è avvenuto nel pomeriggio, in una zona a circa 8 km dal centro di Herat. La polizia afgana individua la presenza di una bomba rudimentale e, come avviene in questi casi, chiede l'intervento degli specialisti artificieri degli Alpini. Parte quindi un team del 3/o reggimento Genio, specializzato nella rimozione di ordigni esplosivi improvvisati: un dispositivo composto da 36 militari su 8 veicoli blindati Lince, uno dei quali in versione ambulanza. Gli artificieri disinnescano la bomba, ma mentre perlustrano a piedi la zona circostante per accertare l'eventuale presenza di altri ordigni, il primo maresciallo Mauro Gigli, 41 anni, e il caporal maggiore capo Pierdavide De Cillis, 33 anni, vengono investiti ed uccisi da una forte esplosione. A seguito dello scoppio riporta lievi escoriazioni anche una soldatessa, il capitano Federica Luciani. Si parla anche di due afgani morti, ma il comando italiano riporta solo il ferimento lieve di un civile.
Il primo maresciallo Mauro Gigli era nato il 3 aprile 1969 a Sassari ed era effettivo al 32/o Reggimento Genio di Torino (Brigata Alpina Taurinense), il caporal maggiore capo Pierdavide De Cillis, nato il 25 febbraio 1977 a Bisceglie (Bari) apparteneva al 21/o Reggimento Genio di stanza a Caserta.

Il pericolo continuo degli Ied Un'inchiesta è in corso per accertare la dinamica di quanto accaduto ed è ancora presto per ipotizzare una trappola.
Quello che è certo è che gli Ied costituiscono la principale minaccia nell'ovest, per i militari italiani, ma anche per forze armate e civili afgani.
Negli ultimi giorni, nella zona di Shindand, gli specialisti degli Alpini, insieme alle forze di sicurezza afgane, hanno disinnescato quattro ordigni esplosivi improvvisati. Si tratta di un impegno quotidiano per gli artificieri del contingente che si servono di mezzi blindati, robot telecomandati, cani, pinze e strumenti sofisticati per disinnescare in sicurezza. Ma l'imprevisto, il pericolo, è sempre in agguato in operazioni del genere, pur affidate a uomini di grandissima esperienza. Le due vittime, infatti, avevano al loro attivo numerose missioni all'estero durante le quali avevano effettuato un elevato numero di interventi di disinnesco di ordigni esplosivi.

Il cordoglio del premier e della politica "Quando arrivano queste notizie così drammatiche ci si domanda se ne vale la pena" commenta Silvio Berlusconi.
Proprio in queste situazioni, però, aggiunge il premier, "bisogna rafforzare l’idea che ne vale la pena". Il presidente del Consiglio fa le condoglianze alle famiglie delle vittime premettendo che in queste circostanze "le parole non hanno senso", non possono "lenire il dolore. C’è solo il fatto - afferma il Cavaliere - di apprezzare chi compie la scelta personale di andare in missione.
La carriera di un soldato - dice il capo del governo - espone a certi rischi.
Chi è andato in Afghanistan lo ha fatto per scelta personale". Per il premier, dunque, queste notizie "creano dolore" ma - conclude il Cavaliere - "è giusto fare quello che facciamo". L’aula della Camera ha osservato un minuto di silenzio per i due militari italiani morti in un attentato in Afghanistan. Il vicepresidente Maurizio Lupi ha letto la notizia che riferiva dell’attentato e ha manifestato alle vittime "il cordoglio più vivo della nostra assemblea".

Love parede: la parata dei morti


Le domande sulla Love Parade

Sono passati cinque giorni dalla tragedia alla Love Parade, l’enorme rave organizzato quest’anno a Duisburg in cui ventuno ragazzi sono morti e più di cinquecento sono rimasti feriti. Ora i cittadini tedeschi (e non solo loro) vogliono capire di chi siano le responsabilità, ma finora “politici, forze di polizia, amministratori locali e organizzatori dell’evento non hanno dato risposte, si sono solo accusati l’uno con l’altro”, scrive il settimanale tedesco Spiegel. Che prova a rispondere ad alcune domande per spiegare meglio cosa sia successo.
Perché il tunnel si è intasato di gente?
L’organizzatore della Love Parade, Rainer Schaller, ha dato la colpa alla polizia. Secondo lui la tragedia è stata la conseguenza dell’”ordine fatale” di aprire l’entrata del tunnel ovest, arrivato dopo la decisione degli organizzatori di chiudere 10 dei 16 cancelli d’entrata per evitare che la gente diventasse troppa. La polizia di Colonia, che ha in mano le investigazioni sull’accaduto, ha frenato le accuse definendole premature.
«Non siamo ancora nella posizione di capire cosa abbia fatto scattare il tutto. Non lo si può determinare ora, e avremmo preferito che Schaller non si fosse messo a fare speculazioni.»
I funzionari di polizia che erano presenti all’evento hanno dichiarato allo Spiegel di aver avuto la sensazione che gli addetti all’ingresso fossero inermi di fronte alla folla.
«Aspettavano tutti un ordine che non è arrivato», ha detto uno dei 1.080 addetti al quotidiano Bild. «Improvvisamente c’erano corpi dappertutto. Le uscite d’emergenza sono state aperte dalla polizia solo quando era troppo tardi.»
Le comunicazioni si erano interrotte?
Gli ufficiali di polizia e i vigili del fuoco che erano a Duisburg hanno dichiarato di aver avuto problemi con le loro radio, a volte difettose, a volte del tutto non funzionanti.
Le comunicazioni si erano interrotte? I poliziotti all’entrata del tunnel non sapevano della calca che si stava creando? Nessuno finora ha voluto rispondere a queste domande.
Uno dei poliziotti della regione, Andreas Nowak, ha criticato duramente i mezzi a disposizione del corpo.
«Le radio in dotazione a volte sono così vecchie che non puoi nemmeno trovarne i pezzi di ricambio. Spesso i poliziotti si portano dietro il proprio cellulare, perché è l’unico modo per restare in contatto.»
Ma, fa notare Spiegel, quel giorno le linee telefoniche erano collassate, quindi nemmeno un cellulare avrebbe potuto essere d’aiuto.
Quanta gente c’era?
Come accade spesso, i dati dichiarati variano da organo a organo. La polizia di Duisburg dice tra i 300.000 e i 400.000 ragazzi in tutta la città, il ministro dell’interno della regione dice 350.000 in città e 120.000 al festival, l’organizzatore Schaller dice 187.000 al festival e 1,4 milioni in tutta Duisburg, in accordo con le stime del sindaco. La polizia afferma però che 1,4 milioni di persone in città è un numero «matematicamente impossibile», per la mancanza di spazio fisico e di mezzi per portare tutta quella gente in città in così poco tempo.
Il luogo occupa 230 mila metri quadrati, di cui metà coperti da edifici. Le riprese aeree mostrano come non fosse completamente pieno, e dando per buono il calcolo standard della polizia — quattro persone in un metro quadrato — la cifra di 200.000 persone sembra plausibile.
E quanti poliziotti?
Anche in questo caso, il numero preciso non si sa e anche le stime sono vaghe.
Secondo lo Spiegel i poliziotti all’evento sarebbero stati 2.200, secondo la polizia di Duisburg 3.000, secondo il ministero dell’interno 4.000. In ogni caso, scrive lo Spiegel, i numeri sembrano insufficienti, a fronte delle centinaia di migliaia di ragazzi presenti, molti di loro sotto l’effetto di droghe.
C’erano stati avvertimenti?
Un ufficiale della polizia di Colonia ha detto al quotidiano Express di aver ispezionato più volte il luogo del festival con la sua squadra, e di non averlo trovato assolutamente idoneo.
«Ci sono state 12 o 13 ispezioni. E ogni volta eravamo d’accordo che lì avrebbe potuto generarsi il caos, che la gente si sarebbe ferita o uccisa», ha dichiarato. Ma gli avvertimenti sono sempre stati ignorati. «Ci è sempre stato detto che la questione non era in discussione. L’amministrazione cittadina voleva fortemente la Love Parade.»
E non è finita qui. Secondo i giornali locali, nell’ottobre del 2009 anche i vigili del fuoco avevano avvertito il sindaco della “inidoneità fisica” del luogo per un evento di una portata del genere.
«Le regolamentazioni riguardo ai luoghi di raduno sono state ignorate illegalmente. La colpa è di chi ha preso questo impegno», ha detto Michael Böcker, il direttore dei vigili del fuoco della regione di North Rhine- Westphalia, in cui sta Duisburg.
Il sindaco della città Adolf Sauerland — attualmente sotto la protezione della polizia, dopo essere stato minacciato per quanto avvenuto — ha dichiarato di non sapere nulla degli avvertimenti.
Il sindaco mente?
Il sito internet DerWesten.de ha scritto che il sindaco avrebbe saputo dei dubbi della polizia un mese prima della Love Parade. Ha inoltre pubblicato la trascrizione di una riunione che si sarebbe tenuta tra gli organizzatori, i vigili del fuoco, la sanità locale e il dipartimento di sicurezza, che avrebbero affrontato nei dettagli i problemi di sicurezza del luogo, in particolare le scale d’emergenza.
Secondo le trascrizioni, il più alto ufficiale in carico della sicurezza della città, Wolfgang Rabe, presente alla riunione, avrebbe detto che il sindaco voleva la Love Parade, che si sarebbe dovuta trovare una soluzione e che non sarebbe stata accettata alcuna richiesta dall’ufficio costruzioni, in carico dei lavori. Un portavoce dell’amministrazione di Duisburg ha per ora evitato di commentare riguardo alla trascrizione.
Come sono morte le persone?
Secondo le dichiarazioni del presidente della regione, i ventuno ragazzi sarebbero tutti morti nella calca, a causa delle pressioni sul petto.
Inizialmente il sindaco aveva suggerito che fossero invece morti dopo essere caduti dalle scale di sicurezza.