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venerdì 20 agosto 2010

CARO SILVIO, TUO KOSSIGA

di Paolo De Gregorio

Come al solito, quando crepa uno che è stato nelle segrete stanze del potere,si dà la stura alla più ovvia e scontata retorica, particolarmente oscena se la si dedica a un personaggio come Kossiga, che si vuole ricordare per la sua “appassionata vita di militante politico cattolico umile servitore dello Stato e del popolo, presidente emerito della nostra Repubblica, picconatore coraggioso del malcostume italico”.
Questo recita il coro, a reti ed edicole unificate, di tutti coloro che non vogliono fare i conti con la verità dei fatti, e tengono i sudditi all’oscuro, e i giovani ignoranti, soprattutto quelli che non hanno vissuto all’epoca in cui “Kossiga Boia” si leggeva sui muri delle città.

Il servitore del popolo Kossiga nasce a Sassari in una di quelle famiglie che “contano”. Lo troviamo subito, borghese di razza, laureato in giurisprudenza, iscritto alla Democrazia Cristiana, a rappresentare gli interessi del “popolo”, barzelletta che non fa ridere, che ha ripetuto fino alla fine della sua vita e
che ha rumorosamente ed ostentatamente confermato nelle sue letterine testamentali alle “più alte cariche dello Stato”.
Perché non ricordare che il partito in cui ha militato era in buona parte una associazione a delinquere, contigua alla mafia, alleata organicamente con il Vaticano che è stato decisivo per mantenerla 40 anni al potere, complice dei disegni anticomunisti suggeriti dagli americani e lui, Kossiga, il buon cattolico, da ministro degli interni ordina alla polizia di sparare e Giorgiana Masi resta uccisa durante una manifestazione che più pacifica non poteva essere.
E’ lui insieme ai capi della DC che, cinicamente, decide la morte di Moro non aprendo trattative con le BR poiché Moro faceva comodo più da martire, mentre da vivo si era messo contro il partito e voleva un governo con dentro i comunisti.
E poi “Gladio”, la massoneria, i servizi segreti, e il suo insopportabile linguaggio oscuro, allusivo, di mentitore e di provocatore, con quel sorriso mellifluo, certo della impunità.

E’ stato ministro degli Interni, segretario della DC, presidente del Consiglio, presidente della Repubblica, senatore a vita. Berlusconi a suo confronto appare uno scolaretto appena un po’ troppo vivace.
Un personaggio patologicamente ossessionato dal potere, con una immensa superbia ed autostima mascherata da una finta, fintissima umiltà, falso cattolico in quanto capace di far uccidere, con il solo scopo di far restare il potere politico nelle mani delle élites dominanti e del Vaticano.
E alla fine, se vogliamo vedere le cose nella loro essenza, egli ha dedicato tutta la vita alla politica che, come risultato, ha avuto lo scioglimento per indegnità del suo partito, e il travaso dei democristiani nel “cassonetto della libertà”, dove i peggio rifiuti della prima Repubblica sono stati accolti a braccia aperte da un altro “servitore del popolo”, Silvio Berlusconi.

Kossiga è stato la massima espressione della doppiezza italica, di un cattolicesimo finto, di servilismo verso gli USA, di una politica fatta di trame sotterranee di cui il “popolo” non doveva sapere nulla, Caposcuola di quella Casta di politicanti di professione, di destra e di sinistra, inamovibili, che bloccano con veti incrociati ogni rinnovamento, senza scrupoli per chi da questa grande crisi economica viene stritolato.
Il “Cassonetto delle libertà” del Caimano, riempito dai rifiuti della DC e del PSI, farà presto la stessa fine della Democrazia Cristiana, gli uomini ed i metodi sono gli stessi e anche il loro destino.