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lunedì 6 settembre 2010

Francavilla Fontana (BR): Nigeriano in carcere ingiustamente assolto con le scuse del pm: "Razzismo"

“Sono cristiano, non provo nessun rancore, conosco il valore del perdono”, con queste parole il giovane rifugiato nigeriano Osas Friday, 24 anni, ha risposto a chi gli chiedeva cosa provasse nei confronti del suo accusatore. Finalmente libero dopo aver subito nove giorni in carcere e un processo, con l’accusa che si è rivelata del tutto falsa di aver minacciato con un coltello il consigliere comunale del Pdl di Francavilla Fontana Benedetto Proto, dice d’aver già perdonato il suo calunniatore. Il giovane immigrato è stato assolto con formula piena dal giudice del tribunale di Brindisi Stefania De Angelis, e ha ricevuto in aula le scuse del pubblico ministero Giuseppe De Nozza che, dopo aver chiesto il proscioglimento, gli ha rivolto pubbliche scuse a nome di tutta la comunità. Parole durissime invece, sono state rivolte dal sostituto procuratore nei confronti del consigliere pidiellino: “E’ una vicenda deprecabile, un inaccettabile rigurgito razziale”.

Lo stesso pm ha chiesto la trasmissione degli atti processuali alla procura, aprendo un fascicolo a carico del consigliere per falsa testimonianza di fronte all’autorità giudiziaria.



La vicenda dall’incredibile epilogo ha avuto inizio il 24 agosto scorso, nella centralissima via Immacolata a Francavilla Fontana. Il giovane immigrato si trovava di fronte a una panetteria, dove solitamente chiedeva l’elemosina, contando sull’amicizia dei titolari del negozio per i quali era diventato una presenza famigliare. Intorno all’una gli si avvicina il consigliere, che gli intima di allontanarsi e di non disturbare i passanti. E’ quello che il nigeriano fa, ma non prima di aver cambiato gli spiccioli nella panetteria, come tutti i giorni. Quando esce dal negozio si trova nuovamente di fronte il consigliere, ma stavolta accompagnato da due vigili urbani. Capisce di essere in pericolo e istintivamente scappa.

La pattuglia lo raggiunge da lì a poco, arrestandolo con le accuse di resistenza a pubblico ufficiale, minaccia a mano armata, porto illegittimo di armi, rifiuto di fornire le generalità, lesioni personali aggravate. Proto dice d’essere stato minacciato con un coltello. Nel verbale d’arresto finisce anche il referto del pronto soccorso a carico di uno dei vigili urbani, che dichiara d’essere stato aggredito in seguito a una colluttazione con il giovane immigrato. Processato con rito abbreviato vincolato all’ascolto della testimone richiesto dall’avvocato Giulio Marchetti, la panettiera Serafina Latartara ha detto in aula: “Ho seguito tutta la scena, il ragazzo non aveva nessun coltello, ha svuotato le tasche nel mio negozio dove gli ho cambiato gli spiccioli e regalato una focaccia, come faccio ogni giorno”. Subito dopo il processo il consigliere ha rassegnato le dimissioni nelle mani del sindaco Vincenzo Della Corte.

Proto, ex poliziotto, è stato il promotore di una petizione per l’istituzione delle ronde a Francavilla. La proposta è stata avallata dal consiglio a dicembre scorso, malgrado i voti contrari dell’opposizione di centrosinistra e dello stesso sindaco. Il giovane immigrato, fuggito dal proprio paese dopo aver visto genitori e fratelli decimati dalla guerra, sarà a Brescia lunedì prossimo per rinnovare il permesso di soggiorno. Spera di trovare un lavoro.

http://bari.repubblica.it/cronaca/2010/09/03/news/nigeriano_in_carcere_ingiustamente_assolto_con_le_scuse_del_pm_razzismo-6741739/
da GrandeSalento

Il carcere disumano degli umani

“Chi è orfano della casa dei diritti difficilimente sarà figlio della casa dei doveri. ”
(Cardinale Martini)
Nel Corriere della Sera leggo:
- Un esponente politico nella lotta alla mafia dichiara “Solo Mussolini ha fatto meglio di Berlusconi”.

Nessuno ha il coraggio di dire che come i capitalisti si sono sempre serviti dei partiti politici di destra e di centro per i loro affari, gli stessi politici del sud d’Italia si sono sempre serviti della mafia per essere eletti.

Nessuno ha il coraggio di dire che i manovali della mafia sono sempre stati sfruttati dal potere politico, finanziario, religioso e amministrativo, sia ai tempi di Mussolini che ai tempi nostri, per poi buttarli dentro una cella per sempre e ora anche per torturali con il regime del 41 bis .

La mafia non si sconfigge con i “collaboratori” ma con la legalità e sradicando la corruzione.

Nessuno ha il coraggio di dire che nessun governo nella storia Italiana, per tornaconto e consenso politico, ha mai riempito le carceri di spazzatura sociale in questo modo.

In Italia ci sono 669 detenuti sottoposti al regime carcerario duro , il cosidetto 41 bis, eppure fra di loro non ci sono colletti bianchi, politici e infedeli servitori dello Stato.

Perché?

E’ di questi giorni la notizia che per fare posto ai detenuti di media sicurezza stanno chiudendo molti sezioni di alta sorveglianza mettendo persino gli ergastolani in cella in due, quando per legge devono essere allocati in cella singole .

E’ di questi giorni l’ordine all’illegalità da parte del Dipartimento Amministrativo Penitenziario di mettere nel carcere di Spoleto gli ergastolani in due dentro una cella che ha l’ agibilità del comune di Spoleto per una sola persona.

Il DAP non dice che ci sono spazi e uomini a sufficienza nei regimi di 41 bis ma che non vengono sfruttati perché questi luoghi servono come specchio per le allodole ai mass media per dimostrare che questo governo lotta contro la mafia ma non contro la mafia istituzionale e di potere.

Nessuno ha il coraggio di dire che per gli ergastolani ostativi le carceri italiani sono diventate dei cimiteri dei vivi e per molti detenuti che si tolgono la vita sono diventate dei cimiteri per morti.

Quando lo Stato rispetterà le sue leggi e dimostrerà di essere migliore dei mafiosi, la mafia sarà sconfitta .

Seguo con attenzione l’attivismo di Carta, Buon Diritto, Rifondazione Comunista e Associazione Antigone sulle illegalità del sistema penale.

Molti detenuti del carcere di Spoleto hanno firmato il loro appello:

Denunciamo il carcere fuori legge.

Ma perché fermarsi qui e non denunciare il Governo, il Ministro della Giustizia, la Magistratura di Sorveglianza e pure i sindaci che permettono che nelle loro città esistano dei lager?

Chi non crede, vada a visitare uno zoo e poi entri a visitare un carcere e s’accorgerà che gli umani trattano meglio gli animali che le persone.

Il problema è che una volta in galera ci andavano i delinquenti e chi commetteva reati, invece ora ci vanno tutte le persone che danno fastidio fuori.

La galera oggi è diventata una discarica sociale, per migliorare la vivibilità in carcere e attirare l’attenzione dei mass media basterebbe che arrestassero qualche delinquente in giacca e cravatta.

Basterebbe che qualcuno di questi ci restasse qualche mese e la vivibilità in carcere migliorerebbe subito perché la coscienza delle persone “perbene” si ribellerebbe.

Ma fin quando in carcere ci vanno solo gli avanzi della società, le persone “perbene” “non vedono, non parlano, non sentono”…

Molti sono convinti che le carceri producano sicurezza, invece è vero il contrario.

Le galere in qualsiasi periodo e in qualsiasi parte del mondo producono solo potere, in Italia pure consenso elettorale.

I ladri poveri sono ladri perché sono poveri. I ladri ricchi sono ricchi perché sono ladri.

Carmelo Musumeci
Carcere di Spoleto

Lunga vita a Cuba!


Cuba registra uno tra i piu' alti tassi di longevità al mondo

Dopo aver garantito ai suoi cittadini il più basso tasso di mortalità infantile del continente americano Cuba si prepara a battere un altro record.
Dal 2025 supererà l’Uruguay e diverrà il paese latinoamericano con l’eta media più alta ovvero il Paese con il maggior numero di anziani.

Per un Paese povero questo dato ha un significato enorme ed è indice di una qualità della vita e di un sistema di sicurezza sociale senza paragoni. La ricetta? sole, mare e… socialismo!

da Indymedia

Orishas - 537 CUBA



Vengo de donde hay un río
Tabaco y cañaveral
Donde el sudor del guajiro
Hace a la tierra soñar

Soy de Cuba lo que impuso
Y que se pega
Y cuando llega no despega, pega, pega
Lo que puso el ruso en el discurso
Que Compay Segundo puso entre tus sejas

Ahora la distancia queda!

Si de mí lengua estoy viviendo
Y calmando mí fiel tristeza
De que forma quieres tú que yo detenga
La sangre de amor y patria
Que me corre por las venas
Generaciones vieja y nueva
De corazón sangre y pulmón

Allá lejos
Donde el sol calienta más
Olvidé mí corazón, un arroyo y un palmar
Dejé mí patria querida
Hace más de un año ya
Por más que me lo propongo
Mí herida no cerrará

Vengo de donde hay un río
Tabaco y cañaveral
Donde el sudor del guajiro
Hace a la tierra soñar

Estraño mí tierra querida
Hablar de ella ni lo intentes
Todo el tiempo está en mi mente
La tengo presente, entiende
Me habla el corazón que no me miente
hermano
Flotando ando pasando la mano, mano
Sobre el mapa de éste Mundo
Y desde lo profundo de mí corazón siento
nostalgia
Una estraña sensación como añoranza
De ésta distancia que se interpone
Que regresaré bién se supone
Y eso me pone el hombre más felíz por un
segundo
Ya lo cantó Compay Segundo y yo de nuevo
Escucha el quejo de mí gente chico
Bién te lo explico
Cubano cién por ciento prototipo
Me arrancaré el corazón
Y esperaré mi regreso
Para sacarlo otra vez
Y colocarlo en mí pecho

Vengo de donde hay un río
Tabaco y cañaveral
Donde el sudor del guajiro
Hace a la tierra soñar

Vengo de donde hay un río
Tabaco y cañaveral
Donde el sudor del guajiro
Hace a la tierra soñar

Cayo Hueso, San Leopordo
Vuena Vista, Miramar
Alamar, La Victoria
Habana Vieja, Barrio Nuevo
Bejucal
Dónde estás tú mí Rampa?
El sol que canta, La Catedral
El Capitolio se levanta
En el oido de éstas voces
23 y 12, Vedado, Paseo del Prado
Tus leones lado a lado
Forman parte de mis tradiciones
Mis emociones
Eres tú mí Cuba
Como tú ninguna
Caviosile, soy Yoruba
Que no quede duda (Anja!)
Que si lloro es porque la estraño
No ver mí Malecón
A mis amigos de mí zona
Los que nacieron conmigo
Los que jugaron conmigo
Recordarlos sin tenerlos me hace daño
Año traz año sueño con volver a ver esos
amigos que añoraba
Tu olor de la campiña cuando llueve
El Morro, Cañonazo de las Nueves
El que te quiere nunca muere no, jamás,
jamás

Vengo de donde hay un río
Tabaco y cañaveral
Donde el sudor del guajiro
Hace a la tierra soñar

Vengo de donde hay un río
Tabaco y cañaveral
Donde el sudor del guajiro
Hace a la tierra soñar

Vengo de donde hay un río
Tabaco y cañaveral
Donde el sudor del guajiro
Hace a la tierra soñar

Vengo de donde hay un río
Tabaco y cañaveral
Donde el sudor del guajiro
Hace a la tierra soñar

TRADUZIONE

Vengo da dove c’è un fiume
Tabacco e canneti
Dove il sudore del contadino
Fa sognare la terra

Sono di Cuba quello che si è imposto
E che si attacca
E quando arriva non si stacca, attacca
attacca
Quello che ha messo il russo nel discorso
Che Compay Segundo ha messo tra le tue
sopracciglia
Adesso la distanza resta

Se della mia lingua sto vivendo
E calmando la mia fedele tristezza
In che modo vuoi tu che io mi trattenga
Il sangue di amore e patria
Che mi corre per le vene
Generazioni vecchie e nuove
Di cuore, sangue e polmoni

Là lontano
Dove il sole scotta di più
Ho dimenticato il mio cuore, un ruscello e
un palmeto, ho lasciato la mia amata
patria
Ormai più di un anno fa
Per quanto ci provi
La mia ferita non si chiuderà

Vengo da dove c’è un fiume
Tabacco e canneti
Dove il sudore di un contadino
Fa sognare la terra

Mi manca la mia amata terra
Parlare di lei non ci provo neppure
Tutto il tempo è nella mia mente
Ce l’ho presente, capisci
Mi parla il cuore che non mi mente,
fratello
Galleggiando sto passando la mano, mano
Sopra la mappa di questo mondo
E dal profondo del mio cuore sento la
nostalgia
Una strana sensazione come nostalgia
Di questa distanza che si interpone
Che tornerò bene si suppone
E questo mi fa essere l’uomo piu felice x
un secondo
Già lo cantò Compay Segundo e io di nuovo
Ascolta bene il rumore della mia gente,
ragazzo
Bene te lo spiego
Cubano cento per cento prototipo
Mi strapperò il cuore
E aspetterò il mio ritorno
Per tirarlo fuori un'altra volta
E metterlo nel mio petto

Vengo da dove c’è un fiume
Tabacco e canneti
Dove il sudore di un contadino
Fa sognare la terra

Vengo da dove c’è un fiume
Tabacco e canneti
Dove il sudore di un contadino
Fa sognare la terra

Cayo Hueso, San Leopordo
Buena Vista, Miramar
Alamar, La Victoria
Habana Vieja, Barrio Nuevo
Bejucal
Dove sei tu mia Rampa?
Il sole che canta, la Cattedrale
Il Capitolio si alza
Al ascolto di queste voci
23 e 12, Vedado, Paseo del Prado
I tuoi leoni fianco a fianco
Formano parte delle mie tradizioni
Le mie emozioni
Sei tu mia Cuba
Come te nessuna
Caviolsile sono Yoruba
Che non ci siano dubbi
Che se piango è perché mi manca
Non vedere il mio Malecon
I miei amici del quartiere
Quelli che sono nati con me
Quelli che giocarono con me
Ricordarli senza averli mi fa male
Anno dopo anno sogno con tornare a vedere
questi amici che mi mancano
Il tuo odore di campo quando piove
Il Moro, il cannone delle 9
Chi ti ama no muore mai, mai

Vengo da dove c’è un fiume
Tabacco e canneti
Dove il sudore di un contadino
Fa sognare la terra

Vengo da dove c’è un fiume
Tabacco e canneti
Dove il sudore di un contadino
Fa sognare la terra

Vengo da dove c’è un fiume
Tabacco e canneti
Dove il sudore di un contadino
Fa sognare la terra

Vengo da dove c’è un fiume
Tabacco e canneti
Dove il sudore di un contadino
Fa sognare la terra

La tregua di ETA e l'inizio di una nuova fase politica


ETA ha reso oggi pubblica una dichiarazione in base alla quale informa che alcuni mesi fa, decise di non realizzare più azioni armate offensive, e si appella ai diversi agenti internazionali e non, a rispondere alla situazione vigente e al desiderio di cambiamento del popolo basco.

La dichiarazione fatta pervenire sia in formato video che attraverso un comunicato alla catena televisiva britannica BBC e al quotidiano basco Gara, esprime l'impegno di ETA a rispondere alla situazione politica attuale a favore del processo politico per la risoluzione del conflitto intrapreso dalla sinistra indipendentista nell'ottobre del 2009.

L'organizzazione armata fa oltremodo appello agli agenti politici e a tutta la cittadinanza basca affinchè si assumano la propria responsabilità all'interno di tale processo. Invita quindi ad avanzare con "passi decisi" nell'articolazione del progetto indipendentista in modo da creare le condizioni necessarie per costruire un processo democratico.

Imprescindibile per ETA è la presenza costante di una risposta chiara e decisa alla repressione che lo Stato spagnolo attua, così come una difesa determinata dei diritti civili e politici che corrispondono a Euskal Herria in quanto popolo.

A sapere in anticipo della decisione di ETA di una tregua è stata la comunità internazionale, alla quale l'organizzazione armata si rivolge per chiedere un'implicazione attiva per "l'articolazione di una soluzione duratura, giusta e democratica a questo secolare conflitto politico".

Dialogo e negoziazione sono gli strumenti per arrivare a tale soluzione, e permettere quindi ai cittadini e alle cittadine basche di decidere del proprio futuro in forma libera e democratica. Ma per fare ciò è indispensabile, e ETA lo dice esplicitamente nella sua dichiarazione, che il Governo spagnolo stabilisca i "minimi principi democratici necessari". Le condizioni politiche per avviare una nuova fase verso un cambiamento politico è il frutto di anni di lotta e il confronto, per l'organizzazione armata non può che essere necessario in questo momento per superare "la negazione e la chiusura" degli Stati.

La decisione della tregua armata, resa ufficiale quest'oggi, non giunge quindi come un fulmine a ciel sereno, e i fatti degli ultimi mesi lo hanno dimostrato. Il comunicato e il video diffusi dimostrano d'altro canto che la direzione intrapresa dalla sinistra indipendentista verso un processo di cambiamento politico nei Paesi Baschi stia facendo il suo cammino dimostrandosi come un processo "irreversibile". E proprio con queste parole, la sinistra indipendentista si è espressa oggi pomeriggio in una conferenza stampa a Donostia per esprimersi in merito alla dichiarazione di ETA.

Per la sinistra abertzale il passo che ETA ha dato quest'oggi costituisce un apporto di enorme valore per "l'istallazione della pace e la consolidazione di un processo democratico". Il compromesso di ETA e il dibattito con le conseguenti conclusioni adottate di forma unanime dalla sinistra indipendentista, costituiscono l'apertura ad una nuova fase politica che potrebbe permettere il superamento definitivo dell'attuale situazione politica.

Le prime reazioni sul comunicato dell'organizzazione armata iniziano a comparire anche da altri esponenti politici internazionali. Il presidente del Sinn Fein, Gerry Adams, ha espresso tramite un comunicato di alcune ore fa, la sua approvazione nei confronti della dichiarazione dell'ETA. Se da una parte ha affermato che questo passo ha un "potenziale per mettere fine permanentemente al conflitto basco", dall'altra auspica che il Governo spagnolo risponda positivamente a questa importante dichiarazione, e che approfitti dell'opportunità di avanzare in un processo di pace.

da Infoaut

Richiesta d’asilo

Claudio Rossi Marcelli
Quando ho visto il numero sul display del telefono mi è preso il batticuore. “Hello?” “Hello, this is madame Joneau, from the jardin d’enfance”. “Oh, good morning madame… ehm, no, i mean, good evening, or maybe it’s still afternoon, yeah, good afternoon…”. Di fronte alla mia totale perdita di controllo la preside dell’asilo, che parlava con forte accento francese, ha sorriso e mi ha detto trionfante: “You can breathe again, monsieur Rossi Marcelli: your girls are in”.

La scena ricordava il momento culminante di un reality show. La preside-presentatrice ha aperto la busta e ha annunciato la decisione del pubblico sovrano: le mie figlie avrebbero potuto frequentare la sua scuola bilingue. E con quella telefonata io ho capito cosa si prova a vincere il Grande Fratello.

Poche settimane fa ho spiegato che, per mettere da parte una piccola fortuna, basta venire a fare le pulizie illegalmente in Svizzera. Oggi posso rivelare che aprire un asilo privato a Ginevra è la strada migliore per diventare miliardari.

Ce ne sono pochissimi, tutti costosi, tutti schiacciati da interminabili liste d’attesa, e anche quando sei tra i pochi eletti che ci entrano, l’offerta didattica si muove sulle tre ore al giorno per tre o quattro giorni alla settimana. Di pranzo neanche a parlarne.

A rigor del vero va detto che esistono anche gli asili nido comunali, ma entrarci è ancora più difficile che in Italia, quindi noi non ci abbiamo neanche provato.

Il jardin d’enfance di madame Joneau è uno dei più richiesti di Ginevra, soprattutto dagli stranieri, perché è un asilo bilingue inglese e francese.

Io lo avevo già chiamato da Roma mesi fa, e mi era stato detto che per quest’anno c’era già una lunga lista d’attesa. Ma arrivato a Ginevra, durante un pietoso porta a porta in cui chiedevo asilo a tutti gli asili della città, mi sono ritrovato anche lì.

Miss Mackenzie, la gelida amministratrice inglese, mi ripete quello che mi ha detto al telefono, ma io chiedo di riempire comunque un modulo per la richiesta d’iscrizione. Dopo averlo compilato seduto su un piccolo banco giallo, lo riconsegno a Miss Mackenzie. Lei lo scorre velocemente per vedere se ho risposto a tutto, finché arriva a un punto in cui, visibilmente turbata, dice: “Oh, oh, wait a minute here…”.

Ho capito subito la situazione e le ho detto che mi ero dimenticato di dirle che nella nostra famiglia siamo due papà. “No, no, it’s not that”, mi ha detto lei senza neanche staccare gli occhi dal foglio. “Is this the company where your partner works?”, mi ha chiesto indicandomi la casella “professione” di Manlio. Sì, sì, è proprio quella, perché? “We have a coprorate agreement with them. Your daugthers are now on top of our waiting list”.

Insomma, che eravamo due papà non le fregava nulla. L’importante era l’azienda. Saltavamo immediatamente in cima alla lista d’attesa grazie alla multinazionale per cui lavora il mio compagno. Che grande paese la Svizzera.

In realtà poi c’è voluta un’estate intera per riuscire a ottenere quei due posti tanto agognati, e io ho chiamato e bussato alla porta dell’asilo talmente tante volte che alla fine, durante la famosa telefonata finale con la preside, mi sono dovuto scusare per la mia insistenza.

“No need to apologize, monsieur Rossi Marcelli”, mi ha detto lei con un accento sempre più francese, “You did a good job”. Sentire Madame Joneau che mi faceva i complimenti mi ha fatto venire voglia di piangere e di abbracciarla, di ringraziare Alessia Marcuzzi e tutta la redazione del programma e di dedicare la mia vittoria al pubblico a casa, che mi ha seguìto, che mi ha votato e che ha capito che io sono vero.

Il giorno seguente, dopo aver ritrovato un certo autocontrollo, mi sono letto con calma la lettera di benvenuto che mi aveva inviato Miss Mackenzie.

I nuovi compagni di asilo delle mie figlie si chiamano: Toko, Federico, Martin S., Sophie, Louis, Martin der G., Aliénor, Artiom, Antonio, Sofia, Daniel, Uon, India e Lilia. Insomma, una specie di Assemblea generale dell’Onu in miniatura. E pensare che, solo pochi mesi fa, litigavo con la scuola materna di Roma che voleva imporci l’ora di religione.

da Internazionale

Don't nuke me


Le risposte giuste alle domande sbagliate sono perlomeno inutili ma, spesso, anche pericolose. E il nucleare è una pericolosa risposta ad una pessima domanda.

4/9/2010: A Venezia più di mille persone partecipano alla prima manifestazione per il no al nucleare, portando sul red carpet tutto un altro film di questo paese e della voglia di ribellarsi che lo attraversa. Applausi a scena aperta.

5 / 9 / 2010

Mostra del Cinema, Venezia. Applausi. “Don't nuke me”: finalmente un film diverso, un newrealismo italiano con bravissimi attori tutti non professionisti. Presa diretta, camera a mano e tutto in esterni, perché non parla – o solo indirettamente – dei palazzi e delle stanze del potere, delle decisioni prese su un canovaccio scritto da mediocri cricche di affaristi che cricche di attori professionisti della compagnia politicienne inscenano poi nel teatro della democrazia, per convincere un pubblico il cui unico potere, del resto, coincide con il suo obbligo: pagare il biglietto.
“Don't nuke me” è un film virale. Chi lo vede ne è protagonista e lo può replicare, ampliare, diffondere, radicalizzare, perché il soggetto del film è, in fondo, semplice e lineare: “ribellarsi è giusto” (che è anche il sottotitolo), di fronte alla violenza che viene scaricata sulle vite di tutti, sulle comunità locali, sulla nostra terra e sull'ecosistema, reclamare indietro la sovranità è giusto, costruire un'autodifesa è giusto.


Il primo ciack l'hanno girato il 4 settembre oltre 1000 persone che, partendo da Venezia, Padova, Chioggia e Vicenza, si sono ritrovate al Lido di Venezia, dando vita ad un corteo colorato, vivace, determinato a testimoniare che non c'è spazio né per il nucleare né per altri veleni in questa terra già martoriata dalla chimica, dai rifiuti e dalla generazione di energia sporca.


La prima autodifesa è riprendersi il potere delle parole, del linguaggio:


Le parole per sempre conterranno il loro potere.

Le parole offrono la via al significato

e per quelli che ascoltano mostrano la verità.

E la verità è che c'è qualcosa di orribilmente sbagliato in questo mondo.

Giustizia, libertà, dignità sono più che solo parole: sono prospettive.


(liberamente ascoltato da V per Vendetta)


Il potere delle parole ci dice che se il nucleare è la risposta giusta, allora il problema è la domanda. Che è evidentemente sbagliata.

Una domanda che si chiede come mettere ancora una volta, e ancora di più, tutto un pianeta a disposizione del profitto e dell'accumulazione. Una domanda che si chiede come esercitare controllo, come ingabbiare la vita di tutti e di ciascuno nelle forme e nei modi che siano utili a mantenere in piedi un sistema di nessi sociali e produttivi che ha portato a ciò che abbiamo di fronte: società allo sfascio, ingiustizie insopportabili, predazioni indegne di beni comuni, disastri ambientali e l'esaurimento delle risorse necessarie alla vita.

Una domanda che non si chiede come restituire giustizia e dignità ovunque, ora e subito, che non si chiede come consegnare ai nostri figli un mondo in cui vivere sia più bello di ora.

Una domanda ricca di bilanci ma non di prospettive, di interessi miserabili ma non di slanci e di entusiasmi.

Una domanda che non è nemmeno intelligente quel poco sufficiente a comprendere che l'accumulazione infinita non può avere un futuro in un mondo finito. Una domanda che in realtà non può essere diversa da sé stessa perché parte dai presupposti sbagliati: che la legge zero della dinamica sia il mercato.


Poiché le risposte giuste alle domande sbagliate non servono a nulla – e sono spesso molto pericolose – mostrare un altro film, veramente newreal, significa rigettare non solo la riposta irricevibile, ma anche la domanda. Significa sparigliare, portare sconcerto al concerto ordinato dei fiati e dei tromboni, cambiando la chiave e le regole degli s-partiti.

Ora le domande le fanno i ladri di biciclette, partendo dalla vita reale di tutti e di ciascuno, che parla di terre avvelenate, di clima che cambia, di beni comuni, di cura e preservazione, di reddito insufficiente e di bios che proprio si è scocciato di essere ritenuto e messo a servizio in tutto il suo tempo, le sue attitudini, la sua potenza, financo nel suo dna.

Non ci dispiace affatto per il disappunto dei vari partiti democratici che non riescono più a condurre i dibattiti autistici sui loro palcoscenici: non solo non siamo più disposti a pagare il biglietto, né a rimanere in platea, ma addirittura smontiamo e rimontiamo i palchi, i copioni, gli spartiti. Presa diretta.


La produzione di energia oggi è come il portare acqua con un secchio pieno di buchi. La risposta giusta alla domanda sbagliata consiste nel continuare ad aggiungere secchi pieni di buchi. È ovvio che la risposta giusta è pericolosa e la domanda è sbagliata, per chiunque abbia una prospettiva diversa dal vendere sempre più acqua senza curarsi di quante ce n'è, arraffare il malloppo e poi.. ah già. E poi?

Noi tutte e tutti, che subiamo il comando, paghiamo l'acqua e siamo quelli che lavorano portando i secchi e svuotandoli dove ci viene detto, abbiamo deciso che vogliamo vedere un altro film. Che vogliamo scrivere un altro film. A partire dalla domande giuste, che si chiedono come si costruisce indipendenza per tutte le comunità ovunque, come si costruisce la possibilità di godere e condividere invece che di consumare e arraffare, come si garantiscono giustizia e dignità invece che comando e precarietà. Chiedono che la vita si autodetermini come più le aggrada invece che come è utile alla produzione. Si chiedono come si garantisce il reddito a tutte e a tutti – in ogni forma a partire dall'energia e dai beni comuni necessari e utili ad una buona vita – invece che un salario di indubbia indecenza.


In definitiva, prima di recepire le risposte – e pagarle di tasca nostra – vogliamo ridiscutere le domande. A cosa serve l'energia? Quanta ne serve? Chi la comanda e chi decide cosa serve e a chi serve? Per il momento a rispondere è il mercato che non è conosciuto per dare risposte oneste nemmeno alle domande che lo interessano.

Non è vero che l'uranio durerà per millenni, per lo meno non avendo lo stesso prezzo di ora e non richiedendo la stessa energia di ora per essere estratto e lavorato.

Non è vero che il nucleare non produce anidride carbonica e in generale non incide sui cambiamenti climatici; e lo farà in misura esponenzialmente crescente mano a mano che l'uranio disponibile richiederà sempre più energia per essere reso utile. E ciò avverrà tanto più velocemente quanto maggior uso se ne farà.


Non è vero che il nucleare è più conveniente di altre fonti energetiche. Non lo è energeticamente, quanto meno considerando che il 30-40% dell'energia che produce serve solo ad esistere, ovvero a costruire e smantellare fisicamente le centrali. Non lo è economicamente, almeno se si mettono a bilancio tutti i costi nescosti nella fiscalità generale.

Del resto, la maggiore convenienza consiste nelle spese che non si fanno. Incrociando i dati di un rilancio nucleare in italia con le previsioni prudenti dell'energy outlook dell'unione europea si scopre che le centrali che potremmo avere nel 2030 produrrebbero circa un terzo dell'energia che potremmo semplicemente non usare investendo nella ricerca sull'efficienza energetica. Ovvero, potremmo, con investimenti molto minori, non dover usare almeno tre volte tanta energia quanta ne produrremmo con la quantità di centrali nucleari che possiamo pensare di costruire (senza contare i costi energetici di costruzione, smantellamento e quelli senzafine di gestione dello stoccaggio).

Quanta intelligenza serve per trarne una conclusione?


Non è vero che le centrali sono “sicure”: riprendiamoci il potere delle parole e della conoscenza. La statistica ed il rischio tecnologico non spariscono per compiacere al mercato. Con sviariati trilioni di dollari in sviluppo e ricerca nell'ar co di 30 anni è ragionevole aspettarsi che con una prospettiva di crescita che arrivi al 30% di produzione mondiale di energia elettrica con il nucleare ci si attenda un incidente grave quanto Cernobyl ogni 50 anni. E a scalare si aggiungono proporzionalmente gli incidenti “meno gravi”, in numero crescente e maggiormente diffusi quanto “minore” ne è la gravità.

Non è vero che il confinamento delle scorie è un problema risolto: non esiste un solo deposito al mondo ritenuto sicuro, a meno che con “sicuro” non si intenda “sicuro di non essere svelato per quello che è”. Per restituire la cifra (anche umoristica) della sfida basta considerare che una commissione del governo USA incaricata di trovare un sistema simbolico efficace per segnalare un pericolo mortale a qualsiasi essere umano nel futuro, ha fallito. Non è sorprendente, considerando che si tratta di trasmettere un messaggio lungo un arco temporale 100 volte più lungo di tutta la storia del linguaggio umano.


Se allora esisteranno ancora gli insulti, certamente riguarderanno in buona misura noi, i cari antenati che con molto poca eleganza lasciarono allegramente in eredità milioni di tonnellate di scorie radioattive per centinaia di migliaia di anni a venire.

Ma ciò per molti potrebbe anche essere un trascurabile dettaglio di folklore.

Ciò che non è trascurabile è invece il fatto che l'organizzazione della rete energetica è connessa e isomorfa alla gerarchia delle leve di comando, ovvero alla rete complessa di nessi e dispositivi che determina, configura, costringe l'accesso ai mezzi per la soddisfazione dei nostri bisogni ed i mezzi stessi, e perimetrano le nostra attività, incanalandoci nelle pipelines utili alla produzione e, in generale, all'estrazione di ricchezza da ogni istante della vita, a partire dai deisideri.

Sorgenti e produzioni centralizzate e militarizzabili, e militarizzate, come gli idrocarburi ed il nucleare, escludono a priori ogni democraticità nell'organizzarne l'utilizzo e la distribuzione, e quindi nel definire e governare le forme e i modi del vivere, contemporaneamente riversando sui popoli la doppia nemesi degli sconvolgimenti ambientali, che rendono inospitali frazioni sempre più ampie del pianeta, e dei conflitti che necessariamente sono innescati dal drenaggio delle risorse, energetiche e non, verso i nodi centrali dell'accumulazione di ricchezza.

Come mantenere tutto ciò il più a lungo possibile è esattamente la pessima domanda per cui il nucleare è una delle ottime risposte, poiché contribuisce per un breve periodo di tempo a vestire il re.

Luca Tornatore da GlobalProject