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lunedì 27 settembre 2010

Dati Google: primato italiano nella censura di YouTube

L’Italia è di gran lunga il Paese del mondo che richiede la cancellazione di video da YouTube. Secondo i dati resi pubblici da Google nell’ambito del loro “ Rapporto sulla trasparenza“, nei primi sei mesi del 2010 il colosso di Mountain View ha ricevuto nel complesso 49 richieste di cancellazione di 1.639 elementi dal portale di condivisione video. Si tratta di quasi il 70 percento di tutti i video di YouTube dei quali è stata richiesta la cancellazione in tutto il mondo (2.372).
Ben 37 delle 49 richieste di cancellazione di video sono arrivate da entità private e solo 12 dall’autorità giudiziaria italiana. E i 1.639 video rappresentano il 99% di tutti gli elementi la cui cancellazione sia stata chiesta ai servizi di Google, inclusi cioè il servizio di ricerca, i blog, ecc.
Negli Stati Uniti, nello stesso periodo, è stata richiesta la cancellazione di soli 169 video (il sette per cento del totale), sulla base di 77 richieste (41 della magistratura e 36 di privati), per una media di 2,1 video per ogni richiesta, contro una media di 34,4 video per richiesta in Italia.Prima di provare a dare una interpretazione, occorre mettere questa cosa in un contesto più ampio.
Già qualche mese fa Google aveva reso pubblici alcuni dati aggregati per Paese, relativi al secondo semestre 2009, sulle richieste di cancellazione di elementi da tutti i suoi servizi (Search, Books, Blogger, YouTube ecc. ecc.), divisi per richieste delle autorità giudiziaria e richieste private e per servizio, corredati dalla percentuale di accoglimento “parzialmente o completo” delle richieste di cancellazione. Non c’era, tuttavia, alcun dato relativo al numero di “elementi” (items) la cui cancellazione era stata richiesta. Ora questi dati ci sono ed è possibile accedervi attraverso una mappa interattiva - non è possibile ovviamente fare un confronto con il semestre precedente.
Nel complesso i Paesi del mondo che hanno fatto una qualunque richiesta di cancellazione di elementi informativi dai servizi di Google sono solo 35 e 17 di questi hanno fatto meno di 10 richieste, per le quali non sono forniti dettagli quanto a servizio coinvolto o numero di elementi da cancellare. Uno, la Cina, proibisce a Google di fornire questi dati perché “considera le richieste di censura un segreto di stato” (!).  Dunque la classifica riguarda 17 Paesi.
Su cosa esattamente voglia dire questo primato italiano nella censura di YouTube possiamo fare solo delle ipotesi. La mia è che si tratti di un massiccio intervento dei canali televisivi che richiedono ed ottengono la cancellazione di clip video tratte dai loro programmi. Anche l’altissima media di elementi da cancellare per ogni richiesta sembra indicare che le richieste siano in gran parte di istituzioni che hanno interessi plurimi.
Ma perché solo in Italia c’è questa incidenza? Perché negli Stati Uniti, un Paese con il sestuplo degli abitanti dell’Italia e un’offerta televisiva incomparabile, queste richieste di cancellazione “di massa” non esistono?
Una possibile spiegazione potrebbe essere che gli utenti americani (e inglesi, francesi, canadesi, australiani ecc.) copino di meno dalla televisione. Un’altra spiegazione è che YouTube si accorga con più facilità delle violazioni dei diritti dei prodotti della televisione di altri Paesi e procedano d’ufficio alla cancellazione senza attendere la richiesta degli interessati.
Una terza spiegazione potrebbe essere che la Televisione italiana, quella con la T maiuscola cioè tutti i canali, abbia un ruolo incomparabile sul piano economico, sociale e politico con quello che altre televisioni hanno in altri Paesi — e che questo si mostri anche nelle richieste di censura.

Camerata Fini o duce Berlusconi? L’estrema destra sceglie il premier


L’eventualità di elezioni politiche anticipate nella prossima primavera sta agitando l’estrema destra. Come sempre, d’altronde, all’avvicinarsi di simili scadenze. Una tendenza ormai storica, segnata da fugaci tentativi di ricomposizione del frastagliatissimo panorama di sigle e movimenti, da inascoltati appelli all’unità d’area e da ennesime nuove microscissioni. Ma soprattutto dai tentativi di trovare un accordo, ieri con Forza Italia, oggi con il Pdl.
Chi si è già accasato è il piccolo partito di Francesco Storace, La Destra, un tentativo di riedizione del vecchio Msi di almirantiana memoria, che ha inglobato i residui del Fronte sociale nazionale di Adriano Tilgher (gli ex di Avanguardia nazionale), e per tempo ha stipulato un accordo direttamente con Silvio Berlusconi, intervenuto di recente, il 18 settembre scorso a Taormina, a benedire l’alleanza in occasione del comitato centrale del partito di Storace.Ormai Gianfranco Fini non è più in grado di porre veti e, d’altro canto, pur con risultati minimi (lo 0,7% su scala nazionale), se si eccettua il Lazio (due eletti con il 4%), La Destra aveva già partecipato alle ultime elezioni regionali nelle coalizioni guidate dal Pdl.
Forza nuova sta invece vivendo una situazione alquanto difficile, attraversata da una profonda crisi. Molti i segnali negativi provenienti dal basso. A Napoli la base forzanovista, sui blog e nelle sezioni, sta duramente contestando la gestione politica e anche economica del coordinatore regionale.
In Calabria, la sezione di Reggio è passata nel Pdl, aderendo all’area del presidente regionale, Giuseppe Scopelliti, l’ultimo segretario nazionale del Fronte della Gioventù.
Così in Lombardia, dove a luglio, almeno un terzo dei militanti di Milano, Bergamo, Pavia e Varese se ne è andato per aderire al Movimento patria nostra: un’associazione culturale costituitasi a Roma e recentemente trasformatasi in organizzazione politica, con il riutilizzo del vecchio simbolo di Ordine nuovo, con tanto di ascia bipenne.
Anche per questo Roberto Fiore, dopo essere approdato negli ultimi tempi a una linea di intransigente critica dell’attuale governo, tacciato di essere composto da «corrotti, mafiosi e massoni» (è stato anche stampato un manifesto con questo titolo con sotto le foto di Berlusconi, Bossi, Fini e Dell’Utri), nelle scorse settimane, secondo alcune indiscrezioni, si sarebbe incontrato riservatamente con Giuseppe Ciarrapico e Alessandra Mussolini per proporre a Berlusconi la desistenza di Fn, in cambio di almeno un deputato eletto come indipendente nel Pdl.
L’intenzione di Roberto Fiore sarebbe quella di candidare il fratello avvocato, Stefano. A Milano, oltretutto, in Forza nuova sono ormai in molti quelli che contestano la sudditanza alla “destra sociale” di An-Pdl e in particolare ai suoi dirigenti milanesi.
Tra gli altri l’europarlamentare Carlo Fidanza.
Costoro stanno infatti a loro volta premendo in favore di una desistenza di Fn alle prossime elezioni comunali. Le contestazioni promosse da sparuti gruppi di militanti di Forza nuova ai ministri Roberto Maroni e Giorgia Meloni (a Roma alla festa dei giovani del Pdl), ma anche a Como contro Marcello Dell’Utri, alla presentazione dei falsi diari del Duce, vanno tutte lette come tentativi di pressione.
La Fiamma tricolore si è invece spaccata in due: da una parte il segretario nazionale Luca Romagnoli, in assoluto stato confusionale, al punto di aver provato improbabili approcci con i finiani (tramite il vecchio cassiere del Msi Donato la Morte), dall’altra Fiamma futura del naziskin veneto Piero Puschiavo, che sta per confluire ne La Destra.
Si aspettano ancora le mosse di Casa Pound.
Ma lì la sponda con il Pdl passerà ancora una volta per i buoni uffici di Marcello Dell’Utri. Il tempo dirà.

da Indymedia

Urla nel silenzio dell'"ergastolo ostativo" Nelle celle dove si distrugge la speranza

Per 1.200 detenuti in Italia sono di fatto cancellati tutti i diritti e i benefici durante la detenzione previsti dalla legge per buona condotta. I volontari denunciano: "Così svanisce ogni ipotesi di reinserimento e sincero pentimento"

di GIULIA CERINO
ROMA - Sono circa 1200 uomini e donne, soprattutto meridionali, colpevoli di reati di stampo mafioso e condannati al cosiddetto "ergastolo ostativo", che preclude - di fatto - ogni beneficio durante il periodo di detenzione. I permessi premio, di necessità o la liberazione condizionale sono concessi molto di rado e solo a chi collabora con la giustizia. Giusta o sbagliata che sia, questa disposizione rende vano ogni possibile reale pentimento interiore e distrugge nei detenuti ogni speranza di reinserimento nella società.A sostenerlo non sono soltanto le numerose associazioni di volontariato che operano nelle carceri, ma soprattutto la maggior parte degli operatori penitenziari: direttori e agenti di custodia. "Nella pena che scontano - spiegano i volontari che operano nel carcere di Spoleto - non c'è nulla di costruttivo e anzi ciò a cui sono sottoposti è inumano. Le loro sono strade senza uscita, ostacolate dalla contraddizione - di cui il sistema penitenziario italiano si fa portatore - tra la forma detentiva perenne ed i fini rieducativi esposti nell'art. 27 della Costituzione, dove si dice che 'le pene devono tendere alla rieducazione del condannato'.

Percorsi sbarrati. Con questa consapevolezza è stato girato il video Percorsi sbarrati 1, un filmato-manifesto prodotto dagli ergastolani e inaugurato con la campagna Mai dire mai per l'abolizione della "pena senza fine". L'idea è sorta all'associazione Pantagruel 2, nata nel 1986 come cooperativa culturale. A raccontarla, nel video, l'accento sardo di Mario Trudu in carcere dal 1979 e le immagini dei carcerati di Spoleto. La pena a cui sono sottoposti i detenuti ostativi - a prescindere dalla colpa di cui si sono macchiati - è contraria alle leggi dello Stato. Questo è il messaggio contenuto nel video su Youtube. E questo è quello che anche gli operatori sociali e i volontari che prestano assistenza nelle carceri d'Italia vogliono che arrivi a chi il carcere non lo conosce.

Solidarietà e amicizie virtuali. Per rendere la detenzione meno amara e anzi, darle un senso, i volontari di Pantagruel hanno dato vita a una serie di progetti volti al reinserimento nella società degli ergastolani e alle ergastolane d'Italia. Perché anche se forse non vedranno mai la luce, è giusto continuare a sperare e a fare come se, un giorno, avverrà. La Poesia delle bambole 3 "Educare con gli asini" e il progetto "Bruno Borghi" sono solo alcune iniziative dell'associazione. Ma ce ne sono altre, più specifiche, sorte apposta per sostenere la causa. Informacarcere 4, per esempio, è il portale dove i detenuti - soprattutto toscani - scrivono cercando contatti con l'esterno.





Il "cerca lavoro". Per uno scambio reciproco e per allacciare rapporti - seppur virtuali - di amicizia. Nella sezione "realtà del carcere" c'è uno spazio dedicato alle richieste e alle offerte: i detenuti - a cui è concesso - cercano lavoro, consigli, consulenze legali, corrispondenza per amicizia o per unione di coppia. Vendono i loro prodotti artigianali e richiedono libri, giornali, francobolli e nastri di musica. La sezione Posta Diretta permette invece agli utenti di rivolgere direttamente delle domande ai carcerati, che rispondono. Carmelo Musumeci, in prigione da venti anni, è uno di questi. Nato in Sicilia, è un ex capo della mafia versiliana e ha ucciso un uomo. Ora è un poeta e non è mai uscito di prigione. "Tempo fa - racconta su Informacarcere - avevo chiesto al Tribunale di Sorveglianza qualche ora d'aria ma 'le motivazioni affettive sottese alla richiesta avanzata dal Musumeci, encomiabili e rispettabili sul piano umano non sono applicabili'". Permesso respinto.

Il reinserimento che non c'è. "Si continua a parlare di pentiti ma in realtà si dovrebbero chiamare collaboratori di giustizia, perché è evidente che la collaborazione è una scelta processuale mentre il pentimento è uno stato interiore. In realtà sono gli anni di carcere e la sofferenza che portano ad una revisione interiore sugli errori del passato. Tutto questo nonostante un sistema carcerario che abbandona i detenuti a se stessi, non agevola la rieducazione e, nel caso degli ostativi, esclude completamente ogni speranza di reinserimento sociale". Nadia Bizzotto, volontaria della comunità "Papa Giovanni XXIII", fondata nel 1973 da don Oreste Benzi, il carcere lo conosce bene.

Non si tratta di tirar fuori i delinquenti. "Piuttosto, per ottenere benefici, agli ergastolani comuni bastano diritto e merito. Per gli ostativi non si arriva al merito. Allora qui il principio rieducativo non c'è proprio e il famoso articolo 27 non serve a niente". Si domanda che senso ha tenere in galera uno tutta la vita con la prospettiva di non uscire mai, Nadia. Lei, come altri, lavora da intermediaria e combatte per rendere 'utilè la detenzione a vita. "Siamo stati nel carcere di Spoleto la prima volta nel 2007 accedendo come esterni che entrano per fare colloqui. La nostra battaglia - spiega - si chiama 'Urladalsilenzio 5'". Con lo stesso nome, è nato anche un blog , che con il tempo è diventato la voce degli ergastolani che con lettere, poesie, testimonianze raccontano l'assenza di ogni speranza. "Il tentativo è quello di far conoscere a tutti la realtà dell'ergastolo ostativo. E' un modo per dare una possibilità a chi ne avrebbe diritto", spiega Bizzotto.

La legge Martelli-Scotti. "La sospensione delle normali regole di trattamento penitenziario" nei confronti dei carcerati - anche non ergastolani - accusati di associazione mafiosa, fu stabilita nel maggio del 1992. Il decreto Martelli-Scotti, pochi giorni dopo che Giovanni Falcone veniva fatto saltare in aria con la moglie e la scorta, inaspriva le pene già contenute nell'articolo 4 bis della legge antimafia del 1975. Con uno scopo: distruggere la rete malavitosa attraverso le confessioni dei detenuti. Da allora, per varie ragioni, da parte dei carcerati ostativi c'è stato soprattutto silenzio. In merito alla legge del '92, invece, non è mancata la polemica. "Mentre in alcuni paesi - Norvegia, Portogallo, Spagna, Slovenia, Croazia e Polonia per esempio - la detenzione a vita è stata abolita - spiegano i volontari della comunità "Papa Giovanni XXIIIesimo" - in Italia, unico Paese nel mondo, l'ergastolo puro si sconta per minimo 25 anni. Un provvedimento, questo, in contrasto con l'articolo 5 della Carta europea dei dritti dell'uomo che - in ogni caso - prevede che nessuno venga sottoposto a tortura o trattamenti o punizioni crudeli, inumani e degradanti".

da Repubblica