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martedì 21 dicembre 2010

Lettera di Natale di un ergastolano ostativo a Dio

Carmelo Musumeci
Dio, lo so, non ti dovrei scrivere perché sono ateo e non credo che tu esista, ma ho scritto un po’ a tutti e nessuno mi ha mai risposto e ho pensato di rivolgermi anche a te.

Dio, siamo i cattivi e colpevoli per sempre, siamo gli ergastolani ostativi ad ogni beneficio, quelli che devono vivere nel nulla di nulla, a marcire in una cella per tutta la vita.
Dio, diglielo tu agli umani che la pena dovrebbe essere buona e non cattiva e che dovrebbe risarcire e non vendicare.
Dio, l’ergastolano ostativo non vive, pensa di sopravvivere, ma in realtà non fa neppure quello, perché l’ergastolo tiene solo in vita.
Dio, diglielo tu agli umani che la pena dell’ergastolo non potrà mai essere una pena giusta, perché una pena giusta ha un inizio e una fine.
Dio, nessun umano o disumano meriterebbe di vivere con una punizione senza fine, tutti dovrebbero avere il diritto di sapere quando finisce la propria pena.
Dio, diglielo tu agli umani che una pena che ti prende il futuro per sempre ti leva il rimorso per qualsiasi male che uno abbia commesso.
Dio, nelle carcere italiane, ci sono uomini che sono solo ombre, che vedono scorrere il tempo senza di loro e che vivono aspettando di morire.
Dio, diglielo tu agli umani che gli ergastolani ostativi non hanno paura della morte perché la loro vita non è poi così diversa della morte.
Dio, nessun’altra specie vivente tiene un animale dentro una gabbia per tutta la vita, una pena che non finisce mai non ha nulla di umano e ti fa passare la voglia di vivere.
Dio, diglielo tu agli umani che solo il perdono fa nascere nei cattivi il senso di colpa mentre le punizioni crudeli e senza futuro fanno sentire innocenti anche i peggiori criminali.
Dio, come fa rieducare una pena che non finisce mai?
Dio, diglielo tu agli umani che la migliore difesa contro l’odio è l’amore e la migliore vendetta è il perdono.
Dio, se neppure tu puoi fare qualcosa, facci morire presto per aiutarci a finire di scontare la nostra pena.
Dio, diglielo tu agli uomini che dopo tanti anni di carcere non si punisce più quella persona che ha commesso il crimine, ma si punisce un’altra persona che con quel crimine non c’entra più nulla.
Dio, molti ergastolani, dopo venti anni di carcere, camminano, respirano e sembrano vivi, ma in realtà sono morti.
Dio, diglielo tu agli umani che l’ergastolo ostativo è una vera e propria tortura che umilia la vita e il suo creatore.

Padre, non so pregare, ma ti prego lo stesso: se proprio non puoi aiutarci o se gli uomini non ti danno retta, facci almeno morire per questo Natale.

Carmelo Musumeci
Carcere di Spoleto - dicembre 2010

ISTIGAZIONE A DELINQUERE!

Sovversivi senza Associazione
La contestazione di questo reato è il perno su cui è ruotato il teorema accusatorio della Corte d’Assise d’Appello di Lecce, servito a condannare per associazione sovversiva 12 anarchici, con pene comprese tra un anno e cinque anni e cinque mesi. Siamo stati accusati di aver istigato gli immigrati internati nell’ex CPT “Regina Pacis” di San Foca affinché dessero vita a rivolte, evasioni, distruzioni del centro. È convincimento utile allo Stato e ai suoi servitori quello di credere che le rivolte nei CPT (ora chiamati CIE) siano frutto di un lavoro di istigazione svolto da pochi sovversivi, e non già pratica endemica alla stessa condizione di reclusione: quando un essere vivente è rinchiuso, spesso si ribella. La storia dei CIE, dalla loro nascita nel 1998 ad oggi, è la dimostrazione più chiara di questa affermazione.
Il “Regina Pacis” è stato un campo di internamento per stranieri poveri come tutti gli altri campi. Al suo interno veniva praticata ogni sorta di nefandezza: somministrazione massiva di psicofarmaci nei pasti per sedare gli internati, pugno di ferro nei loro confronti, pestaggi contro chi si ribellava o provava ad evadere. Non erano anomalie, né pratiche svolte da
poche “mele marce”, bensì prassi normale svolte da tutti: dal direttore, don Cesare Lodeserto, ai carabinieri che erano di guardia, agli operatori, passando per i medici che coprivano i massacri sistematici con falsi referti medici. Tutto ciò è anche venuto fuori
pubblicamente, suscitando un po’ di scandalo e tanto imbarazzo nella curia leccese che gestiva il centro e nel mondo della politica che lo sorreggeva ideologicamente e lo difendeva pubblicamente. Affinché calasse il silenzio su queste nefandezze e questo imbarazzo, è stato necessario mandare don Cesare a fare il missionario per conto di Dio. Ora è in Moldavia, dove continua a fare le sue porcate e a ingrassare i suoi conti e quelli della curia.
Davanti ad uno scenario del genere, è l’esistenza stessa di questi centri a rappresentare una “istigazione a delinquere”, perché non si possono chiudere gli occhi davanti alla vita reclusa in quanto priva del giusto documento in tasca, di fronte alle torture inflitte per mano democratica e statale. Non si può tacere quando centinaia di disgraziati periscono nel deserto, in migliaia annegano nei mari o muoiono sugli scogli appena sbarcati, mentre altri ingrassano su tutto ciò in nome dell’accoglienza. Chiunque dovrebbe sentirsi istigato davanti ad una situazione del genere, per fermare questo abominio. Chi non lo fa e resta nel silenzio si rende complice, come la maggioranza silenziosa dei tedeschi era complice di Auschwitz.
Noi abbiamo raccolto questa istigazione e abbiamo reagito, e la discriminante non è stata il codice penale, bensì l’etica individuale.
Essere sovversivi, di fronte a tutto ciò, è davvero solamente il minimo…

Sovversivi senza Associazione
peggio2008@yahoo.it
www.guerrasociale.org
f.i.