HOME       BLOG    VIDEO    EVENTI    GLI INVISIBILI    MUSICA    LIBRI    POLITICA LOCALE    POST PIU' COMMENTATI

lunedì 17 gennaio 2011

Tunisia, il tempo sospeso


Tunisi è una città fantasma: i cittadini si organizzano, tra ansia e speranza

di Gilberto Mastromatteo da PeaceReporter
Venerdì hanno dato la spallata finale al regime di Ben Alì. Oggi sfidano il coprifuoco, con il beneplacito dell'esercito, per difendere dallo sciacallaggio le vie di Tunisi. Indossano una maglia bianca e sono armati di mazze, li chiamano i "ragazzi di avenue Bourghiba", luogo simbolo della "rivoluzione dei gelsomini". Hanno tutti meno di trent'anni. Una generazione che ha fatto tremare il palazzo presidenziale, fino a farlo capitolare.

I primi gruppi organizzati hanno iniziato a formarsi a Le Kram, poi a La Goulette, a Barcelone, a Ettadhamen, i luoghi più colpiti dai saccheggi notturni, quindi nel resto della capitale. "I veri tunisini siamo noi, non quelli che hanno distrutto la città - dice Maher, giovane medico ventitreenne -. Sono nato che Ben Alì era già al potere. Oggi per noi inizia una Tunisia nuova". Già, ma quale Tunisia?
Euforia e preoccupazione si mischiano per le strade di Tunisi, il giorno dopo la cacciata del Rais. Ai timori di un colpo di stato militare, si è presto sostituita l'incertezza derivante dal limbo pre-elettorale, che non è dato sapersi quanto durerà. Si fa strada, inoltre, la diffidenza nei confronti della polizia, tacciata di essere rimasta fedele al leader deposto. L'atmosfera in città resta spettrale. Colonne di fumo si sollevavano già all'alba in diversi punti del centro. L'effigie dell'ormai ex presidente viene strappata dalle pareti dei palazzi e data alle fiamme.

Spettrale il paesaggio attorno alla sede del ministero dell'Interno, dove oltre ventimila persone hanno dato vita alla storica manifestazione del 14 gennaio. L'intera avenue Bourghiba resta chiusa al traffico e piantonata dai carriarmati. Nei quartieri attorno, tra Barcelone, Farhat Hached e Habir Thameur, sono decine le vetrine frantumate e i roghi sull'asfalto. Mentre lunghe code si creano già dalle prime ore del mattino davanti ai pochi forni e negozi di generi alimentari che restano aperti. Quasi introvabili pane e latte.

Dalle 17 alle 7 del mattino i militari hanno l'ordine di sparare a vista a chiunque si trovi ancora per strada. Ma già dalle prime ore del pomeriggio è raro trovare auto e persone in circolazione. Il divieto è stato infranto per la prima volta ieri notte dalle "camicie bianche". I militari lasciano fare, il sodalizio con la popolazione civile è ormai tangibile. E il bisogno primario è quello di sicurezza. Di notte gli elicotteri sorvolano continuamente le strade più commerciali del centro storico, illuminandole con i fari. Colpi d'arma da fuoco si udivano distintamente anche stamattina, ma questa volta per disperdere gli sciacalli.

Le incursioni notturne continuano. Ieri è stata la volta del supermercato Carrefour e di vari punti vendita della Monoprix. Auto bruciate sono quasi ovunque per le strade di Le Kram. Lungo la route della Goulette, che taglia in due il lago di Tunisi, fino alla stazione marittima, si contano a decine le auto fresche di concessionaria trafugate e abbandonate in strada. Provengono dall'autosalone Porshe di uno dei membri della famiglia presidenziale. Era stato edificato su un terreno statale.

La rivoluzione, accompagnata dal web, ora inizia ad essere visibile anche sul piccolo schermo. La televisione di Stato ha cambiato logo (via il vecchio 7, al suo posto la dicitura "televisione nazionale tunisina"). Ieri notte al-Arabiya ha ospitato un dibattito cui hanno preso parte quattro blogger tunisini, quelli che il Rais aveva messo fuori legge. Sul tavolo il ruolo giocato da social network e siti come facebook, twitter e youtube, nel portare alla ribalta internazionale una protesta che il vecchio regime aveva cercato di nascondere il più possibile, attraverso la censura sistematica.

"Quello che è successo in Tunisia - diceva ieri uno dei giovani blogger - ha dimostrato che il blackout dell'informazione non è più possibile. Ognuno dei manifestanti, con un semplice telefono cellulare dotato di video-camera, era un potenziale giornalista. Ben Alì è stato deposto da un popolo armato di tecnologia".

Nessun commento:

Posta un commento