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sabato 30 luglio 2011

Santa Cesarea Terme, la bella del Canale d'Otranto, preda degli “Orchi” del cemento



Sabato 30 luglio 2011 ore 18.30

Sit-in in località Porto Miggiano

Santa Cesarea Terme – Lecce


“Le ingiustizie vanno perseguitate e represse non cementificate!”

APPELLO ALLA MASSIMA PARTECIPAZIONERegione Puglia e Soprintendenza facciano appello al Consiglio di Stato, vincolino e includano tutte le aree a rischio cemento nel Parco Otranto-Santa Maria di Leuca-Bosco di Tricase





Magistratura e Forze dell'Ordine indaghino sugli scempi già in corso lungo la costa ordinandone le demolizioni!




"Apriti monte e ingoia Cesarea" ("aprite munte e gnutti Cisarea") è la frase che, le anziane donne del Salento raccontano, pronunciò una spaventata giovinetta Santa Cesarea, quando inseguita dal padre orco, giunse fuggendo dal villaggio di Francavilla (ubicato nell'entroterra tra Maglie e Cutrofiano), in prossimità delle rupi costiere della località oggi a lei omonima!

E la Madre Terra amorosa, intenerita dalla sua purezza, le aprì un varco tra le rocce dove l'antica Santa d'epoca romana trovò rifugio per l'eternità, conservandovi così intatta tutta la sua virginale purezza, la stessa del paesaggio naturale ancora integro in quei luoghi, dominio esclusivo della Natura!

Oggi quelle stesse sacre rupi rischiano terribilmente d'essere inghiottite dal cemento, rischiano d'essere stuprate dal più terribile degli orchi, quello della speculazione che tutto divora in nome del demone della cementificazione selvaggia, del "Dio Bafometto del Denaro"!

Son rupi magnifiche, aspre e verdi, che si tuffano e si specchiano nel più azzurro dei mari, quello profondo del Canale d'Otranto; sono scogli nelle cui profondità, scrisse il filosofo greco Aristotele, (mentore di Alessandro Magno il Macedone), l'eroe Ercole, sconfitti i giganti, li costrinse ad un'eterna mortifera prigionia, liberando la terra dalla loro furia devastatrice; così i marinai greci spiegavano gli odori delle correnti sulfuree termali dai poteri curativi, che dalle grotte marine lì fuoriescono ancor oggi a Santa Cesarea non a caso detta Terme, dicendole essere il sangue putrido di quegli esseri ancestrali dagli immensi corpi!



Ma gli orchi di oggi non hanno nulla di mitologico, nulla di poetico, nessun legame con la madre terra, e pur se di piccoli uomini oggi si tratta, e non di giganti, essi hanno una potenza distruttiva senza pari e il malefico potere di modificare e alienare per sempre tutto il nostro antico atavico "paesaggio quotidiano", grazie ad una tecnologica non asservita al Bene, ma corrotta alla speculazione!



Non sarà più solo Ercole nella lotta a difesa di Santa Cesarea e di tutto il territorio Salentino, contro gli orchi del cemento, in ogni parte del Salento, ed in tutt'Italia un'eco è risuonata di intensità crescente; il richiamo di un moderno potentissimo roboante corno d'allarme lanciato sulla rete: "Ritroviamoci tutti a Santa Cesarea nella località di Porto Miggiano sabato pomeriggio, 30 luglio 2011, alle ore 18.30, e rivendichiamo, con la nostra gandhiana presenza, manifestando pacificatamente, tutta la nostra indignazione, che questo paesaggio è di tutti coloro che lo amano, in ogni parte d'Italia e del mondo, di tutti coloro che amano il Bello e la Natura incontaminata e "pura", prima ancora che delle amministrazioni che lo governano, e che oggi lo stanno vergognosamente svendendo e disumanamente "assassinando", mercificando, stuprando, per costringerlo in catene a questa vile prostituzione dell'affarismo selvaggio!



E' la più grande e vasta operazione di cementificazione della storia del Salento, decine e decine di ettari incontaminati che avrebbero dovuto, devono, a diritto entrare a fare parte del "Parco naturale costiero Otranto-Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase", e che invece scientemente, strumentalmente, vi son stati mantenuti fuori, per permettere questa operazione di maxi-lucro erosivo delle ricchezza ambientali di ogni salentino di oggi e delle future generazioni, rivendicando, riesumando, oggi che una certa congiuntura politica lo ha reso proponibile, ormai improponibili e scandalosi piani "regolatori" degli anni '80; della stessa epoca in cui per combattere identiche e comunque minori speculazioni edilizie, Renata Fonte, consigliere Repubblicana di Nardò fu assassinata da una mafia lì istituzionalizzatasi per essersi opposta al danneggiamento della costa neretina di Porto Selvaggio sul Golfo di Taranto, costa di rupi e natura che tanto ricorda proprio quelle di Santa Cesarea oggi in pericolo.



E così oggi due donne dagli scranni del Parlamento hanno levato la loro voce a difesa di Santa Cesarea, presentando delle interrogazioni parlamentari al Governo perché si indaghi sulla catena delle assurde anomalie, che dalla Regione Puglia, alla Provincia di Lecce, al Comune di Santa Cesarea Terme, passando dagli enti di tutela, quali la Soprintendenza, hanno permesso tutto questo paradossale scandaloso stato di cose, per poi chiedere anche di far luce sulla superficialità inaccettabile dello stesso Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) di Lecce che ha consentito con una sua iniqua sentenza che oggi si giungesse sull'orlo della esecuzione di questa "condanna a morte" della bella e casta Santa Cesarea!



Sono Elisabetta Zamparutti deputata del gruppo dei Radicali Italiani nel PD, membro della Commissione Ambiente della Camera, e Luciana Sbarbati senatrice del Partito Repubblicano Italiano, lo stesso partito dell'eroina salentina Renata Fonte, assassinata brutalmente proprio per aver difeso dal cemento il Salento e le sue amate coste!



Due donne coraggiose ed esemplari unite nel giusto al di là dei colori politici e degli schieramenti, due parlamentari totalmente estranee per origini al Salento ... e nessun parlamentare salentino, o pugliese, ha invece mosso un sol dito contro questo vilipendio di inermi ed innocenti bellezze naturali della loro terra natìa, per non disturbare gli interessi degli "orchi", per cibarsi forse anche loro di succulenti briciole! Vergogna!



Il Comparto 13, sopra Porto Miggiano, decine di ettari di natura selvaggia sbloccati dal TAR Lecce recentemente, pronti per l'edificazione che potrebbero essere sventrati da un momento all'altro, ma l'associazione Save Salento-Salviamo il Salento ha diffidato il Comune di Santa Cesarea e l'Ufficio Tecnico dal rilasciare autorizzazioni per l'avanzata delle ruspe!

L' onorevole Elisabetta Zamparutti è dovuta intervenire personalmente sul Comune, con la sua autorità di ispettorato sindacale, per far sì che i comitati civici avessero accesso alle carte che con vari cavilli, legittimi o meno che fossero, si rischiava di non avere a disposizione in tempo!

Il Comparto 14, area anch'essa integra, che l'attuale amministrazione del Comune di Santa Cesarea sta sbloccando al cemento, inspiegabilmente, e contro cui, nei tempi ufficiali, Save Salento ha presentato dettagliate osservazioni perché la speculazione sia fermata in tempo!

Villagio Paradiso a nord di Santa Cesarea dove si progetta di cementificare, nel panorama selvaggio dalle mille suggestioni preistoriche, patrimonio dell' umanità, di Torre Minervino e di Porto Badisco e della Grotta dei Cervi suo importantissimo santuario neolitico; e poi le estese cementificazioni già in corso a pochi metri dalla linea di costa, in barba alla Legge Galasso, e a numerose normative, a Porto Miggiano, su una falesia in evidente costante erosione, pur a rischio dell' incolumità di persone e cose!

E infine un primo inizio di questa ecatombe annunciata in nome del cemento, un'assurda orrifica paratia a linea spezzata in cemento, che definire aliena è dir poco, istallata, poche settimane fa, lungo la litoranea panoramica a nord del centro abitato di Santa Cesarea, in direzione Porto Badisco, lungo curve mozzafiato, tra i più belli scorci d'Italia, che attraversano pinete e coste quasi a strapiombo; set di tante pellicole e pubblicità, che avrebbe richiesto da parte del Comune e della Soprintendenza un'attenzione che, ahinoi, è totalmente venuta meno in nome del "fare e fare subito, dell'appaltare, e senza alcun gusto, saggezza, rispetto, attenzione"! Un intervento quest'ultimo che ha fatto sollevare tantissimi cittadini pieni di sdegno e di indignazione, che sulle pagine di facebook hanno gridato allo scandalo richiedendo il suo smantellamento urgente, con bonifica e ripristino dello stato dei luoghi. Ma quella orrenda paratia è ancora lì, e nessun ente di controllo, tra i tanti alle dipendenze dello Stato, è ancora intervenuto per ordinarne la demolizione! Una bandiera quella paratia in cemento di una devastazione in nome di una "falsa modernità" che si annuncia catastrofica, e che è un dovere della stessa Soprintendenza fare subito preventivamente ammainare!



Spontaneamente su facebook dei cittadini hanno costituito un comitato, una pagina contro tutta questa imminente devastazione, a cui le adesioni in breve tempo sono cresciute, esplose, in un tam tam che continua a crescere inarrestabilmente, vertiginosamente, e si carica di una indignazione ormai incontenibile, straripante!

Tra le prime iniziative sorte d'impulso quella dell'appello ad inviare delle mail agli indirizzi ufficiali del Comune della Santa, per chiedere al Sindaco ed ai suoi amministratori l'intervento immediato a fermare ogni scempio in progetto e già incorso, legittimato in questo dal suo essere il "dominus", la massima autorità preposta alla tutela del territorio da lui amministrato! E già dopo pochi minuti i terminali internet del Comune sono stati subissati di mail tanto da intasarli! E l'iniziativa dell'invio mail-appello è solo all'inizio!



Santa Cesarea, col suo assurdo "Caso cemento" di oggi è la goccia che fa traboccare un vaso strapieno di devastazioni di ogni sorta di tutto il Salento, ma tutte legate alla speculazione, dell'edilizia, dell'infrastrutturazione ridondante e superflua, dell'industrializzazione facile e deregolamentata, dell'energia, fin anco delle energie rinnovabili di eolico, fotovoltaico e biomasse divenute da "pulite" che dovevano essere flagelli calamitosi da doversi ora fermare a tutti i costi!



Da questo primo sit-in di sabato alcune semplici categoriche richieste si sollevano alla Regione Puglia e alla Soprintendeza affinché fermino tutto lo scempio annunciato, iniziando a costituirsi al Consiglio di Stato contro la sentenza inquietante del TAR Lecce, che ha sbloccato, mesi or sono, il Comparto 13, e al fine di fare rientrare tutte le aree del Comparto 13, del Comparto 14 della costa di Porto Miggiano, di villaggio Paradiso, (dove anche vecchi ruderi abusivi aspettano da anni una demolizione e bonifica dell'area, e che oggi i cittadini pretendono siano finalmente compiuti), ecc, all' interno del "Parco naturale Otranto-Santa Maria di Leuca" loro adiacente, a cui per valori paesaggistici, ambientali, naturalistici e storici, hanno pieno diritto di rientrare!

Un appello alle Forze di Controllo e Vigilanza, e alla Magistratura, perché facciano luce su come sia stato possibile giungere nel 2011 a tutto ciò; tanta inciviltà lontanissima dal sentire comune della gente, che grida: "Natura, Salute e Paesaggio, Rispetto per la Terra!", ma anche "Moralità e Legalità!"

Perché da questi primi iniziali controlli ne seguano, già nelle prossime settimane, effetti concreti e visibili: gli abbattimenti delle tante "Punta Perotti", dei tanti eco-mostri che oggi già offendono Santa Cesarea: le costruzioni realizzate in questi mesi a Porto Miggiano, la paratia stradale in cemento a linea spezzata sulla litoranea per Porto Badisco, i ruderi abusivi di cemento di località Paradiso, perché Santa Cesarea conservi la sua "sacra purezza", insita nel suo nome, insita nei nomi delle sue contrade che rievocano paesaggi paradisiaci che abbiamo il dovere di trasmettere tali e migliori ai nostri figli e alle future generazioni!


Gruppo facebook per la Difesa di Santa Cesarea dal Cemento, che conta ad oggi, dopo pochi giorni di apertura, già circa 1200 iscritti: http://www.facebook.com/groups/205671776123860?ref=ts

Forum Salento







venerdì 29 luglio 2011

GENOVA 2011





I MANDANTI ITALIANI DELLE STRAGI DI OSLO E UTOYA

Articolo tratto dal quotidiano Liberazione (sempre interessante e fuori dal coro a differenza del suo partito di riferimento) del 27/7/2011 sulle reazioni in Italia sulla stampa fascista e leghista a proposito delle stragi compiute dal loro camerata in Norvegia.

Daniele Zaccaria
A tre giorni di distanza dall'orrenda strage di Utoya, fa un certo effetto leggere corsivi, editoriali e commenti che campeggiano sulla cosiddetta stampa di destra. Ancora bruciati dalla delusione che il killer dei ragazzi fosse un sedicente suprematista cristiano di puro sangue scandinavo e non un miliziano jihadista dalla carnagione olivastra, i bollettini neoconservatori, invece di chiedere scusa per lo zelo ideologico con cui hanno inizialmente denunciato la «matrice islamica» degli attentati, rincarano la dose. Con raro sprezzo del ridicolo.
La strategia è semplice: dimostrare che Anders Brievik è "un pazzo isolato" e che l'odioso massacro di cui si è reso responsabile nulla a che vedere con il suo confuso Pantheon culturale. Il razzismo manifesto, il fanatismo vetero-cristiano, l'odio verso gli immigrati musulmani, verso i diritti delle donne, verso qualsiasi forma di uguaglianza sociale, non avrebbero dunque giocato alcun ruolo nella mattanza di venerdì scorso. Un pazzo è solo un pazzo. Punto e a capo.
«Dare patenti intellettuali a un claustrofobico sanguinario come Brievik è una forma di paranoia intellettuale», ammonisce il Foglio di Giuliano Ferrara. Cimentandosi poi in un ardita similitudine: «Quando Volkert van der Graaf, forse aiutato dalle frange dell'ecologismo, assassinò in Olanda Pym Fortuyn, anche lui nemico del multiculturalismo, non ci fu una caccia alle streghe contro la cultura animalista, liberal-vegetariana, perbenista e patologicamente corretta». Sfugge il nesso tra la cultura "liberal-vegetariana" e i deliri nazistoidi di Breivik, ma per il Foglio ogni espediente è buono a potare acqua al proprio mulino.
Il problema di chi pensa e scrive in malafede è che, pur di alimentare il proprio fondo di commercio ideologico, arriva persino a negare la realtà. Preferendo dare ragione a se stesso piuttosto che ai fatti. Il "caso Norvegia" è in tal senso emblematico. Mirabile il fondo firmato da Fiamma Nierestein sul Giornale dal titolo "Se il multiculturalismo ha fallito". Nierenstein ricorda che la pista islamica in fondo era plausibile, che il quotidiano di Alessandro Sallusti ha chiuso i battenti intorno alle 21.00 (sarà) e che fino a quel momento nei dispacci d'agenzia giaceva la sciacallesca rivendicazione di un oscuro gruppetto islamista. Difficile darle torto. A quel punto bastava proferire un elegante: «Ci siamo sbagliati» per chiudere la querelle. E invece no.
Nierestein rivendica il diritto all'errore e la correttezza del suo «fondo analitico». Compiendo un demenziale rovesciamento; in sostanza Brievik è solo un «orribile assassino pazzo» irriducibile a qualsiasi pensiero politico. Al contrario le società multiculturali rappresentano una pericolosa e concreta minaccia sociale e politica. Leggere per credere: «In Norvegia nel 2047 la popolazione musulmana avrà pareggiato quella locale. [...] Le classi elementari dovrebbero includere fino a 15 bambini immigrati, contro 5 locali, che spesso non sanno la lingua. Ciò dimostra che l'integrazione se dilaga è un difficile affare? Sì». Se non fosse un editoriale vergato da una firma in testa, sembrerebbe di leggere un verbatim tratto dai diari di Brievik. Anche perché le tesi sono le stesse.
Fa quasi tenerezza invece, l'accorato commento di Antonio Socci apparso sulla "prima" di Libero: «E' insopportabile che per superficialità o frettolosità si sia fatto passare il folle assassino norvegese per un "cristiano"». In sostanza il giornalista-scrittore s'indigna dell'amalgama tra cristianesimo e stragismo omicida, ricordando che un buon cristiano non ucciderebbe mai nessuno. A parte il fatto che è lo stesso Brievik a definirsi in quel modo, sarebbe ammirevole se una simile prudenza fosse impiegata anche quando i crimini sono compiuti da fedeli all'Islam o sedicenti tali. Ma a un venerabile maestrino della faziosità come Socci, che nella sua breve stagione da conduttore Rai presentava il movimento no-global accostandolo alle immagini dei massacri in Cambogia, con incredibili dissolvenze incrociate tra le bandiere arcobaleno e i cumuli di teschi degli oppositori di Pol Pot, è davvero chiedere troppo.

27/07/2011

www.liberazione.it
da Indymedia

giovedì 28 luglio 2011

AGRICOLTURA BENE COMUNE Festa dei contadini, festa di tutti!

Venerdì 5 agosto, a Sannicola (Le), presso gli spazi della Cooperativa olearia sannicolese (via Provinciale per Alezio), si svolgerà l’evento Agricoltura bene comune. Festa dei contadini, festa di tutti!

Si inizia alle 18.30 con l’apertura del Mercato dei contadini e piccoli artigiani del gusto della provincia, che presenteranno i prodotti della terra e del proprio lavoro: frutta e ortaggi di stagione, formaggi, salumi, pane, friselle, taralli, miele, vino, olio, marmellate, conserve e altre buone cose che celebrano colori e sapori dell’agricoltura genuina.
Alle 20.00: presentazione e proiezione del documentario “Genuino Clandestino” realizzato dal collettivo InsuTV in collaborazione con Campi Aperti, terra terra, Ragnatela Autoproduzioni, Etain e il mercatino itinerante, su esperienze di lavoro e resistenza di giovani contadini, allevatori, produttori e artigiani.
Alle 21.00: incontro-dibattito aperto per riflettere sulla situazione dell’agricoltura contadina locale e per definire le progettualità e le pratiche concrete dell’Agricoltura bene comune. Assieme a Giordano Sivini e Ada Cavazzani dell’università della Calabria (che da anni si occupano di queste tematiche), Michela Polito, portavoce di Campi Aperti (rete italiana di piccoli contadini), a Michela Cusano, di Movimento Terre (rete di cooperazione tra produttori, gruppi d’acquisto solidale e attivisti), e ai portavoce delle Brigate di Solidarietà Attiva (che hanno accompagnato l’esperienza dei braccianti-migranti contro lo sfruttamento e il lavoro nero).
La serata continuerà con degustazioni di molte buonezze, reading di poesie (Gianluigi Lazzari), musica live (Le Scatole di Legno) e dj-set (Tupak).

L’iniziativa fa parte del percorso che il gruppo “Agricoltura Bene Comune” ha intrapreso per difendere e valorizzare l’agricoltura contadina, con la consapevolezza che la terra è una risorsa economica, sociale e ambientale, e in quanto tale una fonte di impiego, di relazioni e di biodiversità. L’agricoltura è un bene comune, così come l’acqua e l’aria. Un’ecologia sociale deve partire dall’agricoltura contadina che valorizza la biodiversità, che racchiude dentro ai propri obiettivi anche il paesaggio naturale e la sua preservazione. Lo sviluppo equilibrato di agricoltura contadina, turismo, cultura, è la chiave di volta per la valorizzazione del territorio e non la sua depauperazione, causata invece da monocolture, turismo irresponsabile, svendita del territorio. Per difendere il lavoro dei piccoli contadini, per cercare soluzioni alternative alle contraddizioni che viviamo e per impollinare nuove pratiche economiche, sociali e ambientali, Agricoltura Bene Comune si propone di coinvolgere studenti, disoccupati, ricercatori, migranti, professionisti, attivisti, mediattivisti, creativi e non ultimi i consumatori critici, attori che possono chiudere un circuito virtuoso tra produzione e consumo.

Per maggiori info

Angela 338 5962404

giovedì 21 luglio 2011

GENOVA 20 - 21 LUGLIO 201 ; 20 - 21 LUGLIO 2011

Non tutti sono disposti a salire su quel trenoSerata in solidarietà alla lotta contro il progetto «Alta Velocità» in Val Susa

Venerdì 22 Luglioore 20.30
Via Libertini (angolo Porta Rudiae)
Lecce


- Proiezione video
- Mostra
- Diffusione stampa
- Discussione: «Le ragioni di una lotta che riguarda tutti»

mercoledì 20 luglio 2011

UDS Provinciale di Lecce : "raccolta generi di prima necessità per gli immigrati stagionali di Boncuri"

Ogni anno la città di Nardò viene "invasa" dai cosiddetti “lavoratori stagionali”, immigrati provenienti da varie parti del Mediterraneo in cerca di un lavoro umile da poter svolgere per provvedere alla loro sopravvivenza e per poi tornare nelle loro patrie e offrire sussistenza alle loro famiglie.
Questi immigrati però, per quei pochi spiccioli guadagnati, devono accontentarsi di abitare in tendopoli con problemi idrici, senza il servizio sanitario e con pochi posti a disposizione.
Il rispetto dei diritti e l’accoglienza lasciano dunque posto all’economia e alle entrate e alle uscite. Ci troviamo quindi di fronte a immigrati costretti a stare in cattive condizioni di vita pur di ottenere quei pochi danari in cambio del loro faticoso lavoro. Noi ragazze e ragazzi dell’Unione degli Studenti (UDS) abbiamo quindi deciso di offrire il nostro aiuto organizzando una raccolta dei beni di prima necessità da donare interamente alla tendopoli di Boncuri. La raccolta è iniziata, Lunedì 18 luglio presso gli esercizi commerciali “Dok” (via Pilanuova), “Punto Sma” (Via Bonfante), “Carcagni” (Via Raho), “Conad” (Via XX Settembre), “Sisa” (Via Napoli),“Macelleria da Mimino” (Via Napoli), “Alimentari Liquori” (Via Verga, S. Caterina), “Market Stripi” (Via G.B. Vico, S. Maria al Bagno), “Acqua & Sapone” (Via XV Luglio) dove sarà possibile lasciare in appositi contenitori beni come Riso, Pomodori (Pelati o Salsa), Biscotti, Latte (da ½ litro), Legumi in scatola precotti, Prodotti per l’igiene.
Questi Esseri Umani hanno bisogno di un aiuto, del nostro aiuto: serve solo un piccolo sforzo.


l' Unione Degli Studenti - Nardò
il sindacato studentesco
Piazza Pio XI, Nardò
unionedeglistudenti.nardo@gmail.com
www.udsprovincialecce.blogspot.com

L'ergastolano Mario Trudu.


A scrivere è Mario Trudu. Nato l’undici marzo del 1950 ad Arzana. Mi trovo in carcere dal maggio del 1979 con una condanna all'ergastolo. Scrivendo questo testo non lo faccio pensando di poter ottenere qualcosa, ma per informare, perché qualcuno in più venga a conoscenza della situazione in cui si trovano le persone che sono recluse, come me, con una condanna all'ergastolo ostativo. Siamo coloro che ogni giorno affrontiamo la nostra tragedia, la nostra vita senza speranza, eppure, lottiamo e combattiamo per una vita migliore. Mi preme dire a coloro che si trovano nella mia medesima situazione, e verso coloro che eventualmente vi si troveranno in futuro, che bisogna fare qualcosa. Troppo spesso si sente parlare di certezza della pena, ma occorrerebbe parlare di certezza della morte, perché in Italia chi è condannato alla pena dell'ergastolo ostativo può essere certo che la propria morte avverrà in carcere. Spesso si sente nei salotti televisivi qualche politico che batte i pugni sul tavolo inneggiando alla certezza della pena. A questi vorrei gridargli in faccia che la mia pena è talmente certa da giungere fino alla morte. Solo certe menti malate e distorte possono riuscire a superare l'insuperabile. Non si può introdurre come è stato fatto nel 1992 la norma dell'art. 4 bis O.P. (che nega i benefici penitenziari se non metti un altro in cella al posto tuo) e renderla retroattiva, applicarla cioè a reati commessi diversi lustri prima. Lo stesso vale per l'art. 58 ter O.P.(persone che collaborano con la giustizia), uno scempio per uno stato che si definisce di diritto. Da quando nell'Ordinamento Penitenziario è stato introdotto questo articolo, se vuoi ottenere i benefici penitenziari, sei obbligato a “pentirti”, lasciando in questo modo che si dimentichi che rieducarsi (se errori ci sono stati in passato) non significa accusare altri, ma cambiare dentro di sé. Il pentimento che pretendono loro è l'umiliazione. Per loro collaborazione significa perdita di dignità, fuoriuscire dalla sfera umana. Come può collaborare chi ha è stato vittima di processi compiuti con la roncola nei cosiddetti periodi di "emergenza" in cui contava solo la parola dell'accusa e dove i testimoni della difesa venivano sistematicamente arrestati e processati anche loro? L'Italia, dagli anni ottanta ad oggi, pare essere un paese in emergenza perenne.
Si può negare ad un condannato all’ergastolo, dopo che ha scontato già trent'anni di carcerazione, la possibilità di ottenere un permesso? Il due settembre del 2009 il Tribunale di Sorveglianza d Perugia, a una mia richiesta di tramutare la mia condanna all'ergastolo in pena di morte (da consumarsi con fucilazione in piazza Duomo a Spoleto) ha risposto così: “Poiché la pena di morte non è prevista dall’Ordinamento né ammessa dalla costituzione, si dichiara inammissibile l’istanza in oggetto”. All’ergastolano, viene dunque proibito anche di scegliere di morire perché si vuole che affronti la vendetta dello Stato fino all'ultimo dei suoi giorni.
Io ho sempre creduto che gli unici che avrebbero potuto pretendere vendetta nei miei confronti fossero la famiglia Gazzotti, l’uomo che ho sequestrato e che a causa di quella mia azione quel povero uomo morì. Solo loro credo che possano fare e dire tutto ciò che vogliono nei miei confronti, ne hanno tutti i diritti. Sicuramente trent’anni di carcere formano un altro uomo, perché oltre ai valori ed abitudini che già possiedi, ne assorbi altri e rielaborandoli ne ricavi una ricchezza. La pena dell’ergastolo per chi la vive come me, è crudele e più disumana della pena di morte, perchè quest’ultima dura un istante ed ha bisogno di un attimo di coraggio, mentre la pena dell’ergastolo ha bisogno di coraggio per tutta la durata dell’esistenza di un individuo, un’esistenza disumana che rende l’uomo “schiavo a vita”.
Occorre prendere coscienza che l’ergastolano ha una vita uguale al nulla e anche volendo spingere la fantasia verso previsioni future, resta tutto più cupo del nulla. Si parla spesso del problema delle carceri, ma non cambia mai nulla (o forse qualcosa cambia in peggio e il problema del sovraffollamento delle carceri lo dimostra). I suicidi nelle carceri sono proporzionalmente in numero maggiore di diciassette volte rispetto a quelli che avvengono nel “mondo esterno”. I “signori” politici dovrebbero pensare veramente per un attimo al disgraziato detenuto che non può morire in carcere per vecchiaia. Parlo dei politici perché la responsabilità è loro, perché se la legge del 4 bis non viene cambiata siano consapevoli che noi ergastolani ostativi dal carcere non potremo uscire mai: che diano risposta a questa domanda questi “signori”!.
Sto sognando, lo so! Purtroppo un ergastolano può solo sognare.
Fino ad oggi la mia trentennale carcerazione è stata interrotta da soli dieci mesi di latitanza ( periodo che va da giugno del 1986 ad aprile del 1987). Venti anni fa entrai nei termini per poter usufruire dei benefici penitenziari e da allora ho iniziato a presentare diverse richieste per poterli ottenere, ma sono state respinte sistematicamente tutte fino a quando nel 2004 mi venne concesso un permesso con l’art- 30 O.p. (otto ore libero, senza scorta) per partecipare alla presentazione di un CD-ROM sulle fontane di Spoleto, realizzato in carcere da noi alunni del quarto anno dellIistituto d’arte. Trascorsi quelle ore di permesso a Spoleto insieme ai miei familiari venuti appositamente dalla Sardegna, ed in compagnia di alcuni professori. Nel novembre del 2005 mi fu concesso un altro permesso, questa volta di sette ore, per la presentazione di una rivista sui vecchi palazzi di Spoleto, che avevamo prodotto in carcere. Trascorsi quelle ore a Perugia sempre con i miei familiari. A questo punto mi ero convinto che il fattore di pericolosità sociale attribuitomi fosse oramai decaduto e di conseguenza mi illusi che, di tanto in tanto, mi sarebbe stato concesso qualche permesso utile a curare gli affetti familiari. Purtroppo non fu così, perché dopo quell’ultimo permesso tutte le mie richieste furono respinte. Inizia a questo punto a chiedere con insistenza un trasferimento in un carcere della mia regione di appartenenza, affinché i miei familiari potessero avere meno disagi ad ogni nostro incontro, ma nulla da fare: la prima richiesta fu rifiutata e le successive non ebbero mai risposta. Ho presentato a più riprese richieste di permesso necessità per poter andare a far visita a mia sorella Raffaella che non vedo dal 2004 e che non si trova in condizioni per poter affrontare lunghi viaggi, ma anche queste vengono negate motivando che lei non si trova in pericolo di vita. Sono contento che mia sorella non sia in pericolo di vita. Sono state tante le mie richieste per un avvicinamento a colloquio al carcere di Nuoro, dove mi sarebbe stato possibile incontrare mia sorella, l’ultima l’ho presentata il due maggio 2011. Ma non mi hanno ancora risposto.

Mario Trudu

lunedì 18 luglio 2011

RESINA SONORA - PEOPLE EXPRESS



IL PRIMO VIDEO UFFICIALE DEI RESINA SONORA.
BRAVI RAGAZZI; COSTANZA, IMPEGNO E PASSIONE PAGANO SEMPRE
CONTINUATE COSI'!!!!!!!!!!!!!!!!


venerdì 15 luglio 2011

Pronti 30 lettini per il campo d’accoglienza della Masseria Boncuri



Nardò (Lecce) - 30 brande per il campo di accoglienza della Masseria Boncuri. Ad attivarsi l’assessore all’immigrazione, Vincenzo Renna in sinergia con il neo Presidente del Rotary Club, Maurizio Vaglio.

Nella giornata di oggi è stata fissata una conferenza stampa a Palazzo Personè per discutere della linea da attuare in tema di immigrazione, in riferimento alla presenza del campo di accoglienza presso la Masseria Boncuri. L’assessore Renna ha evidenziato l’importanza di una forma di collaborazione tra l’amministrazione e tutte le associazioni di volontariato che hanno diritto ad avere un ruolo nella vita attiva del Paese. “In questo caso abbiamo avuto la fortuna di collaborare con il Rotary club di Nardò, con il nuovo presidente il dottor, Maurizio Vaglio che si è attivato immediatamente per reperire 30 letti da campo. “Avere un letto su cui dormire per noi è una cosa ovvia – ha precisato l’assessore Renna - per gli immigrati diventa una conquista. È bene restituire loro un po’ di dignità”. Per la riuscita di questo gesto, ha evidenziato il presidente Vaglio del Rotary: “dobbiamo ringraziare l’azienda Arenaflex per essere venuta incontro alle nostre esigenze e all’Impresa del Fiume che ha messo a disposizione i mezzi di trasporto”. Inoltre, per quanto riguarda il montaggio delle brande se ne stanno occupando i volontari dell'associazione, Finis Terrae di Gianluca Nigro che ha assicurato: "tra qualche giorno saranno al campo d'accoglienza". Come hanno rivelato l’assessore Renna e il presidente del Rotary Vaglio sono in cantiere altre iniziative per dare una mano a chi è meno fortunato.

martedì 12 luglio 2011

Lettera di un ergastolano ostativo al Presidente della Repubblica

Signor Presidente della Repubblica, ci sono delle sere che il pensiero che possiamo rimanere in carcere per tutta la vita non ci fa dormire.

E la speranza è un’arma pericolosa.

Si può ritorcere contro di noi.

Se però avessimo un fine pena…

Se sapessimo il giorno, il mese e l’anno che potessimo uscire…

Forse riusciremo a essere delle persone migliori…

Forse riusciremo a essere delle persone più buone…

Forse riusciremo a essere delle persone più umane…

Forse riusciremo a non essere più delle belve chiuse in gabbia.

Signor Presidente della Repubblica,
noi “uomini ombra” non possiamo avere un futuro migliore, perché noi non abbiamo più nessun futuro.

E per lo Stato noi non esistiamo, siamo come dei morti.

Siamo solo come carne viva immagazzinata ad una cella a morire.

Eppure a volte, quando ci dimentichiamo di essere delle belve, noi ci sentiamo ancora vivi.

E questo è il dolore più grande per degli uomini condannati ad essere morti.

A che serve essere vivi se non abbiamo nessuna possibilità di vivere?

Se non sappiamo quando finisce la nostra pena?

Se siamo destinati a essere colpevoli e cattivi per sempre?

Signor Presidente della Repubblica,
molti di noi si sono già uccisi da soli, l’ultimo proprio in questo carcere il mese scorso, altri non riescono ad uccidersi da soli, ci aiuti a farlo Lei.

E come abbiamo fatto anni fa, Le chiediamo di nuovo di tramutare la pena dell’ergastolo in pena di morte.

Gli ergastolani in lotta per la vita del carcere di Spoleto

Luglio 2011

Carmelo Musumeci

Roma, 10 luglio 2011

Egregio Presidente, caro Giorgio Napolitano,

nella giornata di ieri ho effettuato una visita di sindacato ispettivo alla casa di
reclusione di Spoleto dove ho incontrato decine di ergastolani, fra i quali il
dott. Carmelo Musumeci che mi ha chiesto di consegnarLe una lettera
sottoscritta da “gli ergastolani in lotta per la vita”.

Come potrà constatare, si tratta di parole tristi di chi non ha più speranza. Pur
avendomela consegnata ieri, l’ho letta solo oggi e devo dire che non condivido affatto alcune
espressioni a Lei rivolte, come quella nella quale gli ergastolani invocano il
Suo aiuto a morire. Ma io non sono al loro posto ed è per questo che ho deciso
di consegnarglieLa lo stesso.

D’altra parte, il dramma di cui sono portatori è immenso. Infatti, la nostra
legislazione non solo prevede la pena dell’ergastolo - che, a mio avviso, è
nettamente in contrasto con l’art. 27 della nostra Costituzione tanto che,
assieme ai miei colleghi radicali, ho presentato una proposta di legge di
abrogazione - ma addirittura l’ergastolo “ostativo”, cioè una pena che
effettivamente non finisce mai e che non dà diritto ad alcun beneficio, anche se
il condannato assuma per decenni un comportamento irreprensibile, improntato
alla ricerca del bene e della crescita umana di sé e degli altri.

Voglia scusarmi, Signor Presidente, anche perché – in questo caso – il messaggero, quale io sono in questo momento, “porta pena” e che pena!

Nell’augurarLe ogni bene, le porgo i miei più sinceri e deferenti saluti.

Rita Bernardini

venerdì 8 luglio 2011

La green guerrilla di Critical Garden


Guerrilla Garden o Critical Garden è un tipo incruento di guerriglia urbana finalizzata a fare spuntare un po' di verde e colore ovunque ci sia un'aiuola abbandonata a se stessa, una fioriera non curata, una zona di verde pubblico incolto. Insomma, invece di lamentarci che il nostro Comune non rende strade e parchi cittadini abbastanza belli, i promotori di Critical Garden invitano ognuno di noi ad adottare un qualsivoglia angolo di città dove possa essere piantato qualcosa, e provvedere... cum grano salis ovvio!

COME COSTRUIRE UN CRITICAL GARDEN

MANUALE DEL GIARDINO ABUSIVO
Qui di seguito ci sono un po’ di consigli su come dedicarsi aiCritical Gardens, riassunti in un elenco di undici punti base su cui meditare. Non sono regole, sono solo alcuni suggerimenti di giardinaggio urbano.

1. Individuate un terreno abbandonato nella vostra zona.
Vi sorprenderà scoprire quanti piccoli appezzamenti di suolo abbandonato e pubblico ci siano. Aiuole trascurate, fioriere di cemento piene di rifiuti nelle quali le piante crescono senza controllo, zone abbandonate… Sceglietene uno vicino a casa, che magari vedete tutti i giorni andando a lavorare o a fare la spesa, e adottatelo. Sarà molto più facile prendersene cura.

2. Pianificate la vostra missione.
Scegliete un giorno e segnatelo sulla vostra agenda come come la giornata giusta per partire all’attacco con il vostro Critical Garden. Invitate amici che vi sostengono oppure arruolate degli sconosciuti con condividono le vostre idee annunciando l’attacco sul sito www.criticalgarden.com

3. Trovate un fornitore locale di piante.
Più a buon mercato, meglio è. Per chi abita in città, rivolgetevi a negozi di fai da te, supermercati e grossisti locali. Le piante che costano meno sono quelle gratis. Capita che dei vivai abbiano delle piante in più da donarvi per la causa. O fatevi amico qualcuno con un giardino. Pensate a questi luoghi come a dei campi di addestramento per raccogliere sementi, talee e piante adatte alla grande avventura del crescere nel selvaggio suolo pubblico. Se vi avanza del materiale, rendetelo disponibile ad altri Critical Gardeners della vostra zona mettendo un avviso nella pagina web.

4. Scegliete le piante per la battaglia in prima linea.
Pensate a piante robuste – in grado di resistere alla mancanza di acqua e al freddo e, in alcune zone, di essere calpestate dai passanti! Per buona parte del tempo queste piante devono saper badare a se stesse. Pensate ad un impatto visivo – colori, fogliame da sempreverdi, dimensioni. Queste piante devono poter creare un’area verde per buona parte dell’anno. Visitate la pagina web per per condividere le vostre conoscenze di orticultura.

5. Procuratevi dei sacchi.
Sacchetti di plastica e sacchi della spazzatura non solo vi aiutano a non sporcarvi le scarpe, ma sono essenziali per eliminare i detriti. Rifiuti, vasi da fiore e sassolini vanno portati via. Per i detriti più piccoli riutilizzate sacchetti trasportati dal vento; per quelli più consistenti riutilizzate sacchi da compostaggio o da materiali edili. La loro spessa plastica non si strappa e potete usarli per trasportare un bel po’ di materiali al più vicino contenitore per rifiuti.

6. Innaffiate regolarmente.
Una delle responsabilità del Critical Gardener è quella di continuare a prendersi cura dei propri interventi. Il Critical Gardener di solito si porta dietro l’acqua per innaffiare (a New York si possono utilizzare idranti dei vigili del fuoco della starda); si possono usare le taniche per la benzina, ideali per trasportare liquidi. L’unico problema è che a volte dei passanti possano scambiarvi per piromani notturni.

7. Bombe di semi.
Per le aree ad accesso difficile o dove non è possibile scavare, utilizzate una “bomba di semi”, costituita da semi e terreno avvolti in una capsula “esplosiva”. Le istruzioni sono state scritte nel 1973 dal New York’s Green Guerrillas e sono state gentilmente fornite daDonald Loggins.

8. Passate parola.
Fate sapere cosa avete fatto infilando dei volantini informativi sotto le porte dei residenti della zona di guerra del Critical Gardens, affiggeteli sulle cabine telefoniche od alle fermate degli autobus, conficcate un cartello nel terreno. Cercate di parlarne con i passanti, portatevi dietro degli attrezzi da giardinaggio di scorta. Accogliete con favore stampa e media locali, in particolare se contribuiranno ai costi dell’iniziativa, cosa che spesso fanno.











giovedì 7 luglio 2011

ASSALTI FRONTALI - BANDITI NELLA SALA



ASSALTI FRONTALI - BANDITI NELLA SALA

Nel buio nero accendo un cero, un pensiero al guerrigliero
due cinturoni in spalla, in testa il sombrero
lui dava scuole ai poveri e che scuole e che scintilla
non s'arrese mai al nemico: Francisco Pancho Villa
e in mezzo a balle di cotone, a balle da televisione
c'è una penna uscita di prigione, lui dava buon umore
dava rabbia, per lui mille fuochi gialli come un campo di mais
bandito da Harlem qui con noi: Chester Himes
banditi nella sala, Mumia Abu Jamal
dal braccio della morte in Pennsylvania più del pentotal
lui grida la verità, voce dei senza voce
foce di libertà contro la polizia feroce
la vita è cara, la legge ci spara
dove vai ragazzo solo al parco di Torpignattara
per due canne ci hanno detto sei caduto dalla scala
alza la mano per Stefano Cucchi nella sala

banditi nella sala, accendini in aria
fatevi sentire nella notte buia e avara
banditi nella sala, la gente a me più cara
baglio di bengala, bagliori di bengala
banditi nella sala, accendini in aria
fatevi sentire che la notte si rischiara
banditi nella sala, la gente a me più cara
baglio di bengala, bagliori di bengala

(Inoki)
Banditi nella sala, banditi dalla patria
scordati dalla storia, scolpiti nella pietra
rivivono in canzoni di giovani pirati
atti di rivoluzione mai dimenticati
Zamboni, si chiamava Anteo
nel 1926 fu linciato in quel corteo
aveva quindici anni, un sogno: uccidere Benito
figlio di un anarchico saprò però non ha colpito
ora questa strada dove noi camminiamo
porta il suo nome e noi noi lo sappiamo
Gaetano Bresci invece ce l'ha fatta
tre colpi di pistola per far fuori quel monarca
banditi d'altri tempi che i maestri non ci insegnano
maestri banditi ma i banditi non ti spiegano
banditi nella sala, più fuoco accendini su come i bengala

banditi nella sala, accendini in aria
fatevi sentire nella notte buia e avara
banditi nella sala, la gente a me più cara
baglio di bengala, bagliori di bengala
banditi nella sala, accendini in aria
fatevi sentire che la notte si rischiara
banditi nella sala, la gente a me più cara
baglio di bengala, bagliori di bengala

(Esa)
banditi sui ritmi scandiscono i momenti grigi
agiscono invece di scazzi in cerca di intese,
lì si sprecano offese, qui si accettano offerte
ma a fine mese le rime pese muovono cineprese
tutto in diretta sul link segreto team scappa dal retro
chiappa dopo chiappa costruendo un tempio che non crolla col vento
non si subappalta a chi ruba
si parla, si balla, ci si aiuta ci si saluta all'alba

oh ma che sorpresa Esa, insieme siamo già in ripresa
anche noi facciamo ronde e facciamo ronde in chiesa
mamme scriteriate portano bambini a catechesi
dietro le pareti con i preti per interi mesi
noi abbiamo il rap, il reggae, il rock steady
accendiamo fuochi nella notte e cadiamo in piedi
il bandito fa la differenza quando entra in ballo
io di un solo Don mi fido il suo nome è Don Gallo
ora la sala si riscalda, brucia l'atelier
siamo al lavoro nel laboratorio e tu lo sai perché
il bagliore si accende
lo riconosco il volto colto del bandito quello non s'arrende

Voi dovete avere paura, non del giovane che ha scagliato la pietra ma delle migliaia di persone che lo hanno applaudito.

Dal faccialibro...
Sostieni i prigionieri No Tav
pubblicata da Massimo Bonato il giorno giovedì 7 luglio 2011 alle ore 0.00
Voi dovete avere paura,
non del giovane che ha scagliato la pietra ma delle migliaia di persone che lo hanno applaudito.
Dovete avere paura della signora di mezza età che chiama, senza conoscerli, “nostri figli” gli incarcerati che voi chiamate black block.
Dovete avere paura dell’operaio in tuta che rincorre i giornalisti di una stampa asservita al regime e la mette in fuga, in un clamore che grida Vergogna!, per la manipolazione e le falsità raccontate.
Dovete avere paura degli imprenditori che hanno cominciato a boicottare gli alberghi che ospitano le forze dell’ordine, evitando che se ne servano fornitori e rappresentanti.
Dovete avere paura del pensionato che ascolta con attenzione le istruzioni su come si indossa una maschera antigas.
Dovete avere paura degli amministratori comunali che fan da pacere.
Dovete avere paura del disperato bisogno di non usare la violenza per potersi fare ascoltare.
Dovete avere paura di voi stessi.
Perché siete accecati dalla vostra arroganza. Avete militarizzato una valle e permesso ai vostri pretoriani di sparare per primi, quando la folla era ancora a duecento metri dal presidio dichiarato.
Coprite sgherri che hanno sparato ad altezza uomo gas nocivi e scaduti, vietati addirittura dalla convenzione di Ginevra. Chiamate eroi personaggi che hanno manganellato e massacrato gli arrestati, trascinandoli tra due ali di picchiatori che dessero loro il ben servito e orinassero sui loro corpi, mentre li colpivano e negavano loro per ore il soccorso medico.
Dovete avere paura di tutta la gente che ha visto e che conosce queste cose e non si lascia più abbindolare dalla stampa di regime. Che non ha dubbi sugli articoli scritti perché non deve farsi raccontare cose viste coi propri occhi.
Dovete avere paura della gente comune, perché è questa che sfila davanti a voi.
Sostieni i prigionieri No Tav
Anche solo una lettera o una cartolina può essere molto importante per gli arrestati, soprattutto se viene dalla valle resistente, facciamoli sentire parte di noi, mandiamo i nostri saluti, i nostri pensieri, disegni, sensazioni:
Marta Bifani
casa circondariale
via Pianezza, 300
10151 Torino
Roberto nadalini
casa circondariale
via Pianezza, 300
10151 Torino
Salvatore Soru
casa circondariale
via Pianezza, 300
10151 Torino
Giancarlo Ferrari
casa circondariale
via Pianezza, 300
10151 Torino
scritto a titolo personale

da Indymedia

martedì 5 luglio 2011

lunedì 4 luglio 2011

Le donne di Nardò ringraziano Marcello Risi

di Genoveffa Giuri
Uomini idonei ad esercitare il potere e competenti a Nardò ce ne sono anche troppi. Difficile scegliere. Il sindaco, quindi, lascia che siano i rapporti di forza tra le liste a determinare chi deve far parte della giunta, badando, comunque, ad ottenere la benevolenza delle alte sfere dei partiti della coalizione.

Ma in questa città donne all’altezza di un simile compito proprio non se ne vedono. Le donne che hanno sperato di poter contribuire a cambiare in positivo la vita neretina e si sono coerentemente impegnate per questo cambiamento sono state utilissime per raccogliere il consenso, per la legittimazione di un progetto in cui hanno creduto, ma, evidentemente, non possono competere con uomini con ben altri attributi.Eppure abbiamo motivo di essere contente: addirittura la nuova amministrazione presenta un elemento decorativo raro grazie alla designazione di una donna assessore (troppo avanzato sarebbe stato per noi il modello seguito da Pisapia a Milano). Non si tratta di una donna che vive a Nardò, città troppo arretrata per esprimere in loco una componente femminile emancipata. Sotto il dominio dei maschi di casa nostra non possono fiorire talenti al femminile. La donna il nostro Sindaco ha pensato bene di andare a scegliersela a Roma ( in questo caso esercitando pienamente quella libertà a cui ha rinunciato nella designazione degli altri assessori). Così abbiamo anche evitato il rischio di rimanere irretiti nel provincialismo.

Le donne di Nardò fanno, comunque, gli auguri a Francesca Muci riconoscendone le qualità e i meriti. A lei affidiamo, di necessità, il compito di rappresentarci.

Genoveffa Giuri

venerdì 1 luglio 2011

La morte ti rende libero

di Carmelo Musumeci

"Non temo le cattiverie dei malvagi, temo piuttosto il silenzio dei giusti” (Martin Luther King)

Dalla Rassegna Stampa di Ristretti Orizzonti:
Bari, 27 giugno. D.S., persona detenuta di 28 anni, si è impiccato nel pomeriggio ll’interno del bagno della sua cella
Teramo, 30 giugno : detenuto di 31 anni si impicca in cella; è il trentesimo suicidio del 2011 nelle carceri italiane

Uccidersi non è facile, ma vivere nelle patrie galere italiane è ancora più difficile. Per questo nelle carceri italiani si continua a morire.
E nessuno fa nulla.
Nelle carceri italiani c'è una vera e propria guerra fra la vita e la morte, ma i mass media preferiscono occuparsi delle guerre degli altri paesi.
Ai nostri governanti i suicidi in carcere fanno paura per questo cercano di nasconderli. L'Assassino dei Sogni (come chiamo io il carcere) non vuole che fuori si sappia che suoi prigionieri hanno più paura di vivere che di morire.
Più nessuno parla e scrive del perché in carcere sono così in tanti a togliersi la vita.
L'Italia spreca lacrime di coccodrillo per la pena di morte negli altri paesi, invece i suoi prigionieri li mura vivi senza la compassione di ammazzarli prima, perché vuole che i detenuti abbiano il coraggio di ammazzarsi da soli.
I nostri governanti dovrebbero sapere che per rimanere in vita bisogna amare la vita, ma come si può amarla chiusi in una cella di cemento e ferro, giorno dopo giorno, notte dopo notte, un anno appresso all'altro a vegetare?
I nostri politici dovrebbero sapere che in carcere in Italia si muore in tanti modi: di malattia, di solitudine, di sofferenza, di malinconia, di ottusa burocrazia e d'illegale legalità.
E poi si muore perché per alcuni detenuti vivere nelle galere italiane è diventato un lusso che molti non si possono più permettere.
Per questo ammazzarsi diventa una vera e propria necessità.
E questa non è una libera scelta, come alcuni cinici di turno potrebbero pensare, ma è una legittima difesa contro la sofferenza e l'emarginazione.
La verità è che ormai in carcere in Italia t'impediscono di vivere, per questo alcuni detenuti decidono di non vivere più.
Come dargli torto?
Io spero sempre che in carcere nessuno si tolga la vita, ma non mi sento di condannare chi non ha il coraggio di vivere come un animale in gabbia.
Ricordo che chi in carcere si ammazza non desidera proprio farlo, piuttosto vuole solo protestare per attirare l'attenzione su di se.
E che ci si uccide soprattutto per le restrizioni sociali e affettive.
Proporzionalmente al “fuori”, in carcere si muore di più non solo perché ci si toglie la vita da soli, si muore più spesso semplicemente perché si è dimenticati dalla società, o non si viene curati bene.


La figlia di un uomo ombra, di un ergastolano che è morto qualche giorno fa, ha scritto a un nostro compagno:
-Mio padre è mancato con l’unica consolazione di morire accanto ai suoi figli. Nei pochissimi giorni trascorsi insieme mio padre raccontava sempre di voi tutti. Gli ho promesso che vi avrei scritto per avvisarvi, eravate per lui la seconda famiglia. Lui era molto malato, solo nel carcere di Parma dopo un’ infinità di istanze hanno scoperto che era affetto dì carcinoma polmonare in metastasi con la complicazione di diverse infezioni, una di quelle era l’enfisema polmonare, non ha fatto una lunga agonia è crollato di colpo, in due giorni se ne andato per sempre.

Quando qualcuno muore di carcere, in carcere o fuori, il caso non esiste.
L’Assassino dei Sogni è una fabbrica di morti.

Intanto fuori i “buoni” continuano a fare i “buoni” lasciando che le carceri italiane si trasformino in lager.
Buona morte ai "cattivi" che decidono di togliersi la vita perché dimenticati dalla società. E buona vita ai "buoni" e agli ignavi che non fanno nulla per evitarlo.

Carmelo Musumeci
Carcere Spoleto, 30 giugno 2011

Solidarietà dei detenuti e degli ergastolani ostativi al movimento No TAV

“L'ingiustizia in un luogo qualunque è una minaccia per la giustizia ovunque”.
(Martin Luther King)

Il mondo ci ha rifiutato, ma noi non abbiamo del tutto rifiutato il mondo.
Molti di noi non hanno più né sogni né speranze, ma sperano lo stesso in un modo migliore per i propri figli e nipoti.
Per molti di noi il mondo non va oltre il confine della propria cella, ma non rinunciamo lo stesso a interessarci del mondo.
Molti di noi si sono piegati, ma non si sono ancora spezzati e hanno ancora la forza di amare il mondo là fuori.
Molti di noi vivono di poco e di niente, ma sognano lo stesso un modo migliore per tutti gli altri. Ormai nelle carceri italiani ci sono suicidi, morti, autolesionismi, disumanità, violenze ed illegalità istituzionale, ma non vogliamo che là fuori diventi un luogo infame come da noi.
Molte volte comunisti e movimenti extraparlamentari ci hanno dato solidarietà.
Questa volta è il mondo carcerario che vuole dare sostegno al mondo esterno.

Solidarietà al movimento No TAV, a tutti gli abitanti della Val Susa e a chi li sostiene.


Gli ergastolani e i detenuti del carcere di Spoleto