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lunedì 21 novembre 2011

LA SFIDA DELLA SINISTRA

Per provare a tracciare le linee guida di ciò che deve rappresentare la sinistra del terzo millennio occorre prima rintracciare i vincoli ed i malanni che incalzano le umane società.
Esiste una crisi globale determinata dallo strapotere di alcuni gruppi finanziari, rapaci e divoratori di economie in crescita ed emergenti e stati imperialisti che cingono d’assedio popoli poveri di sviluppo ma pieni di materie prime, perciò usurpati di esse. Grazie alla persistente azione di governi ed agenzie segrete straniere questi poveri stati non riescono a darsi piena autodeterminazione ed il collasso delle proprie istituzioni pare legittimare l’intrusione di ingerenze di interessi di stati stranieri e
multinazionali che spolpano il midollo di quelle economie fino a configurare veri e propri protettorati che però si fingono all’esterno, sulla mappa geopolitica, come entità statuali indipendenti. Fondamentalmente ciò avviene sotto gli occhi di tutti e con l’unica esigenza di rimpinguare i lauti introiti di organismi sovranazionali (NATO, UE, ONU…). Questi organismi altro non sono che soggetti politici che legittimano l’uso della forza da parte dei paesi ricchi, opulenti e sviluppati ma con grande richiesta di fabbisogno alimentare ed energetico a scapito dei paesi più poveri.
In questa fase è appropriato parlare di un Nord del mondo che muove guerra, addestra ed insedia governi fantoccio in quei Sud del mondo che devono essere
deprivati di quelle ricchezze utili alla propria emancipazione per garantire porzioni di approvvigionamento alimentare ed energetico consoni a quei consumi
senza freno che costituiscono il vero primo comandamento delle società occidentali, cosiddette sviluppate. Occorre precisare che tutto è in ottica di sfruttamento dei Sud del mondo: si pensi che le imprese che non possono più produrre per gli alti costi della manodopera preferiscono delocalizzare i propri impianti per vessare maggiormente il capitale umano meno garantito e questo spesso è quello dei Balcani, del Sud dell’Asia, del Sud America, del Nord Africa…
Riemerge in questo nostro medioevo lo schiavismo con le sue tratte e le sue rotte: flussi migratori dal Sud risalgono per prestare le braccia all’agricoltura di altri stati situati più a Nord rispetto ai luoghi di provenienza. La grande mamma Africa è la mammella da spremere per dare il suo latte a popoli di un Nord straniero, ricco, arrogante, xenofobo, razzista e predone, padrone e ingordo.
Se fisso lo sguardo sulla società italiana mi accorgo che crisi globale e crisi democratica corrono all’unisono per disegnare uno scenario prossimo alla
disintegrazione sociale.
La pace sociale è garantita da processi che promettono lavoro stabile, occupazione, contribuzione, previdenza sociale, rappresentanza, cittadinanza e armonia dell’impianto politico-istituzionale. Tutti questi caratteri sono sconvolti se si osserva la loro effettività (senza parlare del debito pubblico, secondo al mondo dopo lo Zimbabwe). La iperbole degli ultimi governi in carica delinea una mancanza di volontà politica di innovare. Anzi si sperimenta un conflitto generazionale che porterà a delle conseguenze disastrose per gli assetti odierni: i giovani possono aspirare ad avere un lavoro tuttalpiù precario (la disoccupazione giovanile nel Sud d’Italia è la più alta d’Europa); sulla pelle dei bambini e dei giovani si predispone dal governo centrale una propaganda costante, fatta da campagne permanenti instillate con programmi tv, con internet, con modelli mediocri che determinano nei piccoli un processo di alienazione dalle arti, dai mestieri, dalla cultura, dalla religione. Con la
fiction si predispone dal governo centrale una politica di abbrutimento dei processi di formazione dei più piccoli per ritardare o ostacolare in loro quei traguardi di consapevolezza che da grandi li spingeranno alla riscossione più o meno dura dei propri diritti elementari.
A ciò si aggiungono i tagli alla spesa pubblica, alla ricerca, alla scuola, ai teatri, ai cinema…, si taglia tutto quello che potrebbe spronare la natura sensibile dei bambini, per trattenerli in un alone ovattato di fiction fatto di televisione che non è vita reale; ma oltre al conflitto generazionale, vero detonatore sociale che scardinerà la
cultura italiana (più che nel ’68), un altro fattore risulta costante nella pratica dei governi in carica che si succedono.
La matrice confindustriale nordista ed antimeridionalista di questi governi attua politiche di intrusione ed esproprio di risorse proprie del Mezzogiorno d’Italia per trasferirle al Nord, violando sistematicamente il “patto dell’unità d’Italia”, quello che garantiva sussidi adeguati per portare le aree sottosviluppate del Sud a livello delle aree industrializzate del Nord.
La solidarietà nazionale non esiste più, anzi: con i fondi FAS (i fondi per le aree sottoutilizzate) si pagano i disastri provocati da terremoti (vedi L’Aquila), i G8, la delocalizzazione delle imprese del Nord oltrechè la cassa integrazione. Addirittura le multe degli allevatori padani delle quote latte.
Nel Sud dove maggiore è il risparmio le banche, tutte di proprietà del Nord, asfissiano il sistema creditizio. Così nel Nord per dar vita ad una attività basta una firma il più delle volte. Mentre nel Sud per vedersi elargito un prestito occorre prestare, a volte, la firma di un mafioso.
Alto risparmio, bassissimo credito al Sud; basso risparmio, alto credito al Nord.
Antinomia e paradosso sono la normalità nel sistema bancario italiano. Tutti gli indicatori economici pongono la democrazia italiana dinanzi ad un dilemma: l’Italia è unita perché Nord e Sud del paese sono costituzionalmente legate da un vincolo ideale e dallo sforzo dei nostri nobili padri o perché il Nord ricco ed industriale sfrutta le risorse materiali ed umane del Sud per la propria produttività lasciando il Sud colonia delle mafie?
Per declinare l’alfabeto di una vera sinistra e redigere un vocabolario occorre un’opera mastodontica di promozione culturale che parta dai pargoli e miri ad una più equa redistribuzione del reddito. Se si guarda al mondo del lavoro, la sinistra deve anzitutto porsi come strumento di emancipazione per le classi di lavoratori più martoriate. Se nel ‘900 la difesa era per il salario e per l’orario di lavoro dell’operaio nelle fabbriche, qui ed oggi la difesa nasce dal tema della cittadinanza e dei diritti del, per il e sul lavoro degli schiavi neri braccianti agricoli del Mezzogiorno. Se il mar Mediterraneo è il maggior sito di transito di merci della nuova economia occorre potenziare le infrastrutture ed i porti oltre a difendere il Mediterraneo intenso come bene comune. Oggi il Mediterraneo è invece il cimitero più grande al mondo.
Se la sinistra vuole porsi come soggetto politico moderno deve trovare i modi per aprire processi di istruzione legati alla vera storia d’Italia: la storia non è solo quella dei Cavour e dei Cattaneo, di Carlo Alberto e Vittorio Emanuele e Garibaldi e Mazzini come cinghia di giunzione…la nostra storia è fatta anche da “vespri siciliani”, da Repubblica Partenopea e Masaniello, dalla Repubblica Romana, da Borboni, Svevi e Normanni, da Briganti e da eroi senza gloria; da servizi segreti americani, da stragi di stato e Gladio, da destra eversiva e mafie lottizzatrici già ai tempi della Liberazione. Se la sinistra non elabora una strategia per condurre una guerra
di liberazione dalle mafie, la sinistra non è strumento di emancipazione di quei popoli che ne subiscono da schiavi i soprusi e le angherie; quei popoli vivono a Sud, un Sud che deve trovare la forza di accogliere e implementare la dignità della vita di altri popoli che da altri Sud risalgono per risorgere.

Angelo Cleopazzo coordinatore del circolo di Sel 9 Aprile